Era da tanto che non si
faceva vedere... ma è tornato più in forma che mai dopo 11 anni di
pezzi già editi: Fabio Concato sbarca in Sicilia, al Teatro Impero
di Marsala (TP), per un concerto – organizzato dall'associazione
culturale “Baluardo Velasco” che l'ha voluto fortemente – che resterà nel cuore di quanti
vi hanno assistito. Perchè Concato, con i suoi modi
da gentleman, con quella sua voce inconfondibile è entrato nel cuore
di chi lo ha sempre apprezzato, è un pilastro di quel modo di fare
musica in Italia che forse è andato perduto ma che conserva una
bellezza che in pochi possono permettersi di avere. E le canzoni di
Concato sono davvero tutte delle perle, delle poesie dove qua e là
si intervallano spaccati di vita e racconti talvolta esilaranti. Non
è facile portare sul
palco 36 anni di musica... e Concato ha cercato di portare il meglio,
le canzoni più famose, quelle ritmicamente più movimentate ma anche
le canzoni attuali. A fargli compagnia i suoi musicisti: Ornella D'Urbano (arrangiamenti, piano e tastiere), Stefano Casali
(basso), Larry Tomassini (chitarre) e Gabriele Palazzi (batteria).
Prima di affrontare il live però, abbiamo incontrato sul palco
dell'Impero, il cantautore milanese che ci ha regalato qualche
battuta, sia sulla sua carriera, sia sulla situazione attuale della
musica in Italia. “Venire qui in Sicilia è sempre molto piacevole,
perchè è una terra che mi piace. Certo, quando vai a fare un
concerto in posti così, sarebbe bello poter restare 3, 4 giorni
anziché partire subito l'indomani. Però in Sicilia vengo spesso
soprattutto in vacanza con la famiglia”. Ci ricorda, parlando in
generale, che ormai la sua carriera tocca i 36 anni, ancora giovane
per la verità e con un gran sorriso ci dice che “... sicuramente
Domenica Bestiale è il pezzo che mi ha consacrato, nonostante già
avevo fatto dei dischi. Ma quel brano resterà uno dei più famosi ed
il simbolo della mia carriera”. Poi lo incalziamo. Di recente, dopo
l'uscita dell'album “Tutto qua”, contenente inediti dopo bel 11
anni, lei ha dichiarato che per anni non riusciva a scrivere più
nulla, aveva la sindrome del foglio bianco, quello che colpisce gli
scrittori e che doveva pensare più a sé ed alla sua famiglia. Ma ha
detto anche che ha avuto una sorta di rifiuto nei confronti del mondo
discografico odierno? E' per caso colpa dei Talent Show e di un
festival, quello di Sanremo, che ormai le stava stretto? Lui ci
risponde dandoci ragione: “Si, assolutamente. E' dovuto a questo,
non mi sentivo più parte di questo mondo, io me ne sono accorto, è
la musica che non si è resa conto che qualcosa stava cambiando”. E
per la verità nel corso del suo concerto, Concato qualche battutina
contro il mondo dello spettacolo, della televisione (“Ho fatto una
voce americana che sembra quella di “Ballando con le stelle”,
mamma mia, non la faccio più perchè me la ricorda troppo”). A
questo punto è doverosa un'altra domanda: crede che la musica
indipendente a questo punto sia il futuro soprattutto nel nostro
Paese? Annuendo Concato ci dice, sempre sorridendo: “Si, è quel
futuro è adesso. Solo così la musica può sopravvivere ed andare
avanti”.
Il concerto di Concato
inizia subito con “Oltre il giardino”, brano molto duro da
digerire che fa un quadro della situazione storico-politica del
nostro Paese. E pensando che il brano è stato scritto nel 2007,
viene da pensare che stiamo vivendo un momento di stallo. Così
inizia Concato che a parole non si risparmia affatto nel corso della
serata: “Questa canzone la portai a Sanremo. Loro dicevano sempre:
siate leggeri al Festival, ma il cantautore scrive anche quello che
vede in giro, che quello che succede e mi presentai con questa
canzone tanto io è da un po' che non mi occupo più di classifica”.
A seguire l'allegria di “O bella bionda”, mentre Concato scherza
molto sulla sua età... “dopo i 40 anni un po' di acciacchi è
normale”... e poi porta su un'altra dimensione il pubblico accorso
all'Impero con “Ti ricordo ancora”... Poi annuncia Stazione Nord
dall'ultimo disco, ma i suoi musicisti non partono e lo guardano
male... così si accorge di aver sbagliato la scaletta e che prima
c'è “Tornando a casa”, una canzone che, per sua stessa
ammissione, gli piace molto. Dopo, finalmente,
“Stazione Nord”, senza abbandonare la sua Milano ma anche le
sonorità in minore malinconiche e jazzate per poi culminare in una
sorta di ironica promozione del suo ultimo disco: “Beh, dopo se
volete passare, firmo qualche autografo, magari sul mio disco, magari
lo comprate...” ricordando quando ancora c'erano i vecchi 45
giri... che epoca... A seguire il cult “Domenica bestiale” che
tutti cantano a squarciagola e lui sa che piace... divertendosi anche
a scendere in platea e a sedersi tra le persone che iniziano a farsi
con il cellulare selfie con lui che canta... “Siamo tutti senza
cellulare, vedo... beh si, sono un po' pirla ma mi diverto”. Poi si
rivolge ad un fotografo che lo segue, mettendosi come una bella
statuina: “Eh faccio il figo, mi metto in posa per la foto, colgo
l'occasione...”
Poi sbaglia di nuovo
scaletta e si riprende divertito con “Rime per un sogno” e si
sogna davvero “Se tu vedessi il cielo che cos'è, ci sono stelle
grandi come te”... poesia... “Trenino nel petto”, contenuta
nell'ultimo “Tutto qua”, invece è dedicata alla moglie con cui
sta insieme da oltre trent'anni... Poi fa un saltino, Concato,
nonostante i suoi 60 anni portati benissimo, è in forma ma questo
gli fa ricordare di quando è caduto sul palco di Faenza: “Sono
caduto giù e tutti si sono preoccupati: questo non si alza più. Poi
fortunatamente non è successo nulla ma tempo dopo mi sono accorto di
avere due vertebre schiacciate, per cui se faccio qualche movimento è
probabile che rimango bloccato...”. Meglio ballare, soprattutto se
con Chet Baker, che è sempre un gran pezzo, per poi proseguire con
“Non mi scordare”, contenuta in “Senza avvisare” del 1986,
annunciando che di progetti e di idee ne ha e che non ci farà
aspettare altri 11 anni per sfornare altre perle. Poi illumina il
pubblico con “Canto”, inno all'espressione e con “Mi innamoro
davvero”, uno dei brani di Concato che ha fatto storia... Scende di
nuovo in platea: “Sembra di essere in salotto con degli amici”
perchè in fondo le sue canzoni sono così intime e regala “Quando
arriverà”, con quella sua voce sempre pulita, caratteristica,
talvolta anche dissonante come un buon jazz singer sa fare ed invita
a ballare un “Sexi tango” con “Nina, dolce amore e non
aspettare me, ho nel cuore una cometa se mi guardi la vedrai”. Ma è
con “Gigi”, canzone dedicata al padre, famoso jazzista che forse
pochi sanno che è stato maestro tra gli altri anche di Enzo
Jannacci, che si crea una strana magia da pelle d'oca dalla platea
alla galleria ed è come se Gigi fosse il padre di ognuno di noi...
emozionante. Quando annuncia, un po' imbarazzato, “Porcellone”
(questa volta azzeccando la scaletta, “che ci volete fare dopo i 40
la vista fa qualche scherzo, io poi ho gli occhiali altrimenti la
luce mi fa diventare strabico”) racconta com'è nato questo pezzo:
“Quando ero giovane mi uscivano queste cose, mah... quando andai a
vivere da solo in un monolocale avevo un vicino di casa di 83 anni
che ogni giorno dava a mangiare agli uccelli. Allora mi è venuto di
pensarlo anziché vecchio, palestrato, ed io sposato... non pensate
che avessi chissà quali problemi”...
Poi l'atmosfera cambia di
nuovo e si fa silenziosa con “Guido piano”... ed ho qualcosa
dentro al cuore... e si ripete con “Buonanotte a te”, una dolce
canzone d'amore, così come “Non smetto di aspettarti”, canzone
tratta dall'ultimo disco che Concato ha ammesso di amare
particolarmente. E come non aspettarsi “Fiore di maggio”, una
delle più belle canzoni di Concato: “Ho scritto oltre 160 canzoni
in vita mia, qualcuno non la farò a meno che non stiamo qui fino a
domani, tanto è sabato”. Qualche fan infatti gli chiede dei pezzi
e lui: “Eh, Dean Martin la farò intorno alle 2.30... la nave la
farò nella seconda parte alla fine, c'è tempo fino a domani
mattina” e guarda ripetutamente l'orologio... d'altronde le sue
canzoni sono davvero tutte straordinarie, poesie scritte con il
cuore, dove a contorno c'è sempre una gran musica che spazia dai
suoni del Sud America al jazz di New Orleans. Ma ancora giù a risate
perchè esce di scena e poi ritorna sul palco nel giro di 2 secondi e
racconta: “Al Sistina una volta in concerto, stavo per finire e
sono andato in camerino. Quando mi hanno chiamato per risalire ho
detto: no, facciamoli aspettare un po' di più, pensavo di fare uno
scherzo. Quando sono risalito sul palco non c'era più nessuno. Erano
rimasti solo 3 ragazzi che mi hanno chiesto un brano. Io l'ho
fatto... però prima erano 1100. Allora ogni volta ci penso e dico:
ci deve essere un orario di attesa di tolleranza, dopo di che vanno
via tutti...”. E quando sale sul palco
ricorda la campagna fatta per il Telefono Azzurro, attuale purtroppo
più che mai, più di allora, di quando la canzone venne scritta,
cantando tristemente per i bambini picchiati e violentati
lasciando tutti attoniti... ma poi recupera e nel finale
regala una vivace “Rosalina”... il pubblico apprezza, si alza, lo
applaude, lo abbraccia simbolicamente e lui chiede: “Volete sentire
di nuovo un brano in scaletta?”... Certo che si, ed allora va via
con “Domenica bestiale”, il ricordo di un grande cantautore, un
grande musicista, simpatico anche se molto timido e con una grande
gentilezza negli occhi che ha salutato i marsalesi con una promessa
misteriosa: “Chissà, è probabile che ci rivediamo
quest'estate”...
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