La sedia della felicità di Carlo Mazzacurati



“La sedia della felicità”, ultimo film di Carlo Mazzacurati (scomparso il 22 gennaio scorso) è una commedia italiana ironica, ispirata, caricaturale come i suoi personaggi, che spazia dai riferimenti letterari russi – attingendo al romanzo “Le dodici sedie di Il’f e Petrovic peraltro già rappresentato sul grande schermo – ...ai Manga. E difatti, una delle scene iniziali, in cui la protagonista è alle prese con un cinghiale mentre si intrufola in una lussuosa villa, è talmente surreale da apparire come un cartone animato, e Bruna, ovvero Isabella Ragonese, manca solo dei capelli blu fata turchina. Ed è facile capire il senso non tanto profondo che sta dietro il film di Mazzacurati: la ricerca della felicità “inscatolata” (in questo caso in una sedia) effimera e fugace, sfuggente, materiale, ma l’unica possibile. “Felicità improvvisa vertigine, illusione ottica, occasione da prendere”, canta Samuele Bersani. I soldi non fanno la felicità ma sicuramente aiutano a costruirla. 
E quando, come in questo caso, si ha a che fare con un tatuatore che deve all’ex moglie 2500 euro di alimenti e con un’estetista che non riesce a pagare gli strumenti da lavoro, i soldi servono eccome. Bruna ha una cliente molto particolare: Norma Pecche, madre di un pluripregiudicato che si trova in carcere a fumare e a farsi limare le unghie dalla ragazza. Ma Norma sta male ed in fin di vita svela a Bruna che ha un tesoro nascosto in una delle sedie del salotto buono. La ragazza fa qualche ricerca e non ci pensa due volte: si mette alla ricerca della… felicità. O quello che è, insomma. In quest’avventura, accorrerà in soccorso Dino, interpretato da Valerio Mastandrea, ed insieme si metteranno alla ricerca delle sedie. Ma nella villa di Norma Pecche, ormai posta sotto sequestro, non trovano nulla, tutto è stato venduto all’asta e da qui parte l’avventura dei nostri, tra piazzisti, venditori, falsi maghi e medium stralunate molto caricaturali come abbiamo già detto, a rappresentare più che mai l’Italia attuale, in crisi perenne. In questo contesto però, come da copione, si inserisce un terzo incomodo, padre Weiner/Giuseppe Battiston, a cui Norma aveva confidato in agonia del tesoro. Ma, secondo un detto popolare, non sempre la moglie del ladro gode. E, restando in tema, tra i due litiganti, il terzo… non se la passerà tanto bene.
Il film scorre piacevole senza troppe pretese probabilmente perché non è intenzione di Mazzacurati far uscire fuori dal film chissà quale morale, ma sicuramente dei “vincitori”, quello si, dove l'amore alla fine vince ancora una volta. Congeniale il trio Mastandrea-Ragonese-Battiston, tre attori molto diversi tra loro che si amalgamano piuttosto bene. A corollario un cast ricco di camei di attori del cinema italiano: Milena Vukotic (la medium Armida Barbisan), Katia Ricciarelli (Norma Pecche), Raul Cremona (mago Kasimir), Marco Marzocca (fioraio pakistano), Roberto Citran (pescivendolo), Natalino Balasso (azienda Volpato), Antonio Albanese (nei panni di 2 gemelli), Fabrizio Bentivoglio e Silvio Orlando (entrambi nei panni di due televenditori). Il film – che ha ricevuto numerose nomination ai David di Donatello e al Globo D’oro – è stato presentato al Torino Film Festival dello scorso anno, vincendo un Gran Premio Torino ed anche un Nastro d’Argento dell’Anno (al regista Mazzacurati).



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