Danilo Sacco - Minoranza Rumorosa


Sono canzoni "oneste", le dodici che compongono "Minoranza Rumorosa", secondo capitolo della carriera solista di Danilo Sacco, che si dipanano in architetture semplici e immediate, che hanno forza, vigore e sincerità nelle parole cantate, tutte giocate sull'accumulo di tensione narrativa, sempre pronte a esplodere, con la vocalità del nostro ad emergere, potente e precisa. Quello che manca è una variabile impazzita o meno, un uscir fuori da una formula consolidata e ben maneggiata, ma nessuno crediamo si aspettasse rivoluzioni dal nostro. E va sicuramente bene così, perchè la qualità non manca di certo, ma è inevitabile riscontrare il rischio di un ascolto mono tematico, musicalmente parlando quanto meno, ma in ogni caso non è di certo un album piatto, tutt'altro. Tante belle canzoni, che potevano esser vestite in maniera più eterogenea, tutto qua, nulla contro il songwriter di Sacco che dimostra ancora una volta, come la sua carriera solista sarebbe potuta iniziare ancor prima di sposare a tempo pieno "i Nomadi". 
Si parte con la title track, "Minoranza rumorosa": una delle tracce più riuscite, incalzante, sulla falsa riga di Iggy Pop di Passenger, con un bel ritornello d'impatto: "siamo noi minoranza che prima o poi capirà da se, siamo noi minoranza rumorosa, luminosa, molesta però" e un testo ficcante, che fa il paio con "Nati per vincere": dai riff rock/blues: "l'importante è non credersi dei perdenti". Piace anche la barricadera "nonostante la tematica trattata" di "Ti aspetterò per sempre": "la gente guarda e ti sorride per non ridere di te", ben costruita, dall'aria per l'appunto "combattiva" con un'interessante sezione ritmica. "Novembre mattina": sostenuta rock ballad, energica e melodica: "è solo un sogno di gelosia si mangia sangue, si beve pazzia, è solo un sogno, non è reale c'è sempre un motivo per ricominciare". Simil difetti riscontrabili in "She said (non credere)": folk ballad che ben presto si sovraccarica "Hai la soluzione in te, vuoi lasciarmi così, vuoi non vivere più per paura d'amare", il brano che chiude l'album.  "Emilie": "Parigi è bella solo perchè ci sei tu, Parigi lontana per non vederti più" altra ballad di sicuro impatto e continuiamo con l'accentuarsi del piglio popolare di "Erin": "c'era una magia che non potevo infrangere". 
La cifra stilistica dell'album si può rintracciare in una traccia come "Io non voglio più": potente e variegata, costruita per accumulo di pathos "io non sono qui per piangere ho finito giorni e lacrime" mentre "Da qui all'eternità": "solo la mia età mi può capire ormai" sin troppo solenne. "Se vorrai se vuoi": "hai detto devo andare via da qui perchè ancora non ho fatto niente che possa dirsi grande" stop and go e ampio spazio alla melodia e alla vocalità del nostro."La mia lettera": "ma non ti ho mai detto che si può anche morire non è più un diritto se si può anche impazzire", folk ballad dal tema importante "la perdita del lavoro", con una svolta armonica in minore nel ritornello decisamente azzeccata. "Niente e per sempre": delicati arpeggi dalle venature country e "forza" nelle parole "nemmeno se qualcuno può dire che non è facile"

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