Intervista e resoconto live di Toninho Horta e Antonio Onorato - Marsala Jazz Estate (1° agosto 2014)



Un duo così musicalmente affiatato non è facile trovarlo. Ma Antonio Onorato e Toninho Horta hanno saputo confondersi, amalgamarsi, unire due culture e portarle in giro per il mondo, arrivando al “Marsala Jazz Estate”, la rassegna che ha riportato dopo anni il jazz nella moderna Lilybeo, con un'amicizia lunga 15 anni, delle canzoni-dediche (l'uno all''altro) ed un disco da ascoltare e... godere. Toninho Horta è uno dei più influenti chitarristi brasiliani della tradizione mineira, la più raffinata delle diverse culture brasiliane, quella che non viene urlata ma che è intima ed intensa. Le progressioni armoniche di Toninho, la sua naturalezza, le sue improvvisazioni, hanno fatto innamorare Costa, Mendes, Nascimento, Bosco, Metheny, ecc. Provvidenziale però, fu l'incontro con un chitarrista italiano dall''accento napoletano e dal volto indios, con una tecnica impressionante, di uno che ha studiato e sudato ma è col talento innato che ha fatto strada. Lui è Antonio Onorato, l'unico musicista a cui viene concesso l'uso professionale della Yamaha G10, una chitarra a fiato futurista. Antonio la suona con i classici accordi, però lo strumento è collegato ad una sorta di flauto con cui il fiato di Antonio riesce a controllare il volume e la dinamica delle note. La mano destra invece non suona le corde: al loro posto ci sono dei “toni”; poi la leva dona altre sfumature mentre un mixer colora i suoni della chitarra. E sul palco del Complesso San Pietro, per il “Marsala Jazz Estate”, tutti si sono lasciati trasportare dall'incanto della loro musica, chi socchiudendo gli occhi, chi appoggiato sulla spalla dell'altro, chi con la testa all'indietro tra le mura di un antico monastero. Questo connubio ha portato i due musicisti a partorire “From Napoli to Belo Horizonte”, un ensemble di suoni, sapori del Sud del mondo, due culture che si incontrano e si sposano, c'è il Brasile, il Mediterraneo, l'Italia, ponte tra tradizioni diverse e popoli... samba, bossa, world, la voce di Toninho come lava, “Canzone del Vesuvio”, la terra lontana ma incredibilmente vicina... “Un grande abbraccio”... è la magia della musica.



Toninho Horta ha suonato con i più grandi musicisti brasiliani e non, da Elis Regina a Gal Costa, da Sergio Mendes a Pat Metheny. Oggi si affianca ad Antonio Onorato, un eclettico chitarrista italiano, l'unico al mondo a cui è riconosciuto l'uso di una chitarra futurista. Come è nata la vostra amicizia e la vostra collaborazione?

Antonio: La storia che ci accomuna è molto strana perchè io sono sempre stato un fan di Toninho, andavo fino a Roma a prendere i suoi dischi che a Napoli non arrivavano e ci suonavo di sopra per imparare e suonare come lui. La prima volta che lo ascoltai fu negli anni '80, circa 30 anni fa, era un concerto per la Festa della Donna e io mi catapultai davanti la tv ed alzai il volume. Mi informavo sempre quando lui veniva in Italia. Un giorno venne davvero per suonare con il più grande flautista italiano vivente, Nicola Stilo, amico mio peraltro, flautista storico di Chet Baker. Vado da lui e gli dissi di presentarmelo, assolutamente. Quando mi vidi davanti Toninho gli dissi: “Sono un tuo fan, ho anche rifatto un tuo pezzo, voglio suonare con te”. Gli diedi il mio brano per farglielo ascoltare e lui mi chiamò davvero a suonare con lui e da lì nacque il nostro sodalizio. Nel 1999, Toninho suonò come special guest nel mio disco “Un grande abbraccio", titolo di una canzone che dedicai proprio a lui e che divenne la sigla dell'associazione a difesa dei bambini “Ter des homme”. Devo dire che Toninho è un musicista che adoro perchè è vicino alla mia anima.


Insieme proponete in giro per il mondo l'ultimo disco, giusto?

Toninho: Il nostro disco racchiude 15 anni di amicizia e collaborazione musicale con Antonio, uno dei chitarristi che apprezzo di più. Il nostro ultimo disco si chiama “From Napoli to Belo Horizonte”, una miscela di sonorità apparentemente diverse, il jazz samba, la bossa nova, la tradizione napoletana di Antonio, chitarrista molto spontaneo, e quella mineira del mio Paese. Sono tanti stili diversi tra loro, dove c'è tanta armonia. E' un vibrare insieme. Il disco inoltre contiene anche un jazz standard come “My romance” rivisitato... insomma siamo un Jukebox!



Antonio: In qualche modo c'è una connessione tra la musica napoletana e la cultura mineira di Toninho, la mia chitarra riesce a fondersi con la sua anima. La musica di Minas Gerais, stato del Brasile e patria di Toninho, è la più colta, è quella che fa capo a Milton Nascimento, non è quella gioiosa del samba o quella che racconta la vita carioca della bossa, o meglio le racchiude. La musica mineira è più intima, raffinata, che risente della cultura europea.

Antonio, sei uno dei chitarristi italiani più apprezzati all'estero, per cui si sono aperte anche le porte del tempio jazz: il Blu Note di New York.... Ma ci chiediamo: l'Italia se n'è accorta?

Antonio: C'ho messo 50 anni (ride, in realtà sono molto meno, n.d.r.) ma ce l'ho fatta. Suono professionalmente da quando avevo 21 anni, ma facendo musica strumentale è più difficile emergere in Italia, un Paese in cui sono forti i cantanti... io non canto ma suono qualsiasi musica, dal jazz al samba al rock, alla world, senza mai dimenticarmi della mia terra, Napoli, delle mie radici che sono ben presenti nella mia musica. Non sono un musicista facilmente catalogabile in un genere, suono di tutto.


Siete a Marsala, una fetta di Sud che viene raccontata, suonata nella vostra musica... come si può far risollevare le sordi di questo Sud del mondo, in particolare delle sue generazioni?

Antonio: Io sono legato alla mia terra perchè è qui che è nata la musica italiana. A Napoli nel '700 la scuola musicale era guidata da artisti come Cimarosa, Gesualdo e tanti altri. Persino Mozart venne a studiare a Napoli per volontà del padre, in un'epoca in cui governava re Ferdinando di Borbone. Io amo Mozart perchè nella sua musica si sente la verve delle sonorità mediterranee soprattutto nei suoi brani meno famosi. Inoltre i borboni di Spagna portarono una certa cultura nel Sud Italia che ne risente tuttora ecco perchè la musica che suoniamo io e Toninho, quella del Sud, ha sonorità che richiamano il Sud America, il Portogallo e il nostro Meridione. Sono convinto che bisogna lavorare sulla qualità e sulla cultura, basterebbe sponsorizzare le cose belle, quelle che a volte vengono poco considerate. Promuovere la buona cultura quindi.




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