Sergio Cammariere - Mano nella mano


A due anni dal precedente, Sergio Cammariere torna ed è un'attesa che ha fatto tenere sulle spine fan e critica, tornando con questo “Mano nella mano”, in cui non abbandona il jazz samba degli ultimi lavori ma addirittura lo “scarnifica”, lo rende più minimalista per certi aspetti e ciò fa in modo che ci siano meno parti soliste. I testi ricalcano la storia ed il percorso musicale di Cammariere, perchè c'è sempre lo zampino di Kunstler che sforna sì testi simpatici, da ascoltare, ma talvolta fin troppo velatamente malinconici. La musica di Sergio spesso si adagia su questo stato d’animo ed è lì che potrebbe dare di più perchè ormai lo conosciamo, è un pianista straordinario e lo vogliamo sentire più sui tasti bianchi e neri, con le sue dita affusolate. Ma è pur sempre Sergio Cammariere, con la voce che riesce a capire le tue emozioni, che riesce a consigliarti, a sussurrarti all'orecchio e farti sentire meglio con te stesso. La sua forza è questa e in “Mano nella mano” c'è... ma ogni tanto si nasconde dietro la timidezza ed invece dovrebbe venir fuori. Si sente comunque l'influenza di una certa cultura che fa da ponte tra l'Europa e l'Africa. Un cammino che giunge sino a Tarifa nella splendida e florida Andalusia, un omaggio anche ad uno dei più grandi musicisti spagnoli, Joan Manuel Serrat ed alle sue incredibili sonorità mediterranee contaminate.

“Mano nella mano”: l'intrusione della fisarmonica di Antonello Salis in questo lavoro non solo interviene a rendere più mediterranea la musica ma è una vera benedizione, ed il piano nella prima parte è meno invasivo del solito, con maracas delicate a non voler staccarsi dalle sonorità sudamericane che hanno caratterizzato gli ultimi dischi del musicista crotonese. La title track è morbida e sinuosa come è Sergio, come è sempre stato, per un testo molto solitario, malinconico, marchio di fabbrica di Roberto Kunstler, suo fidato paroliere: “Proprio lì dove un giorno il mio cuore esiliato tornò, dopo aver trovato dentro me ogni malinconia. Seguo il mio cammino ed ancora non so che sarà di me, di te, di tutti noi, del tempo”.

“L'amore trovato”: timbrica decisamente del sud, con la sezione ritmica minimal, il piano e la chitarra a donare colore, in cui la voce di Cammariere è flebile, ha paura di uscir fuori... sound giocoso ma sinuoso come il precedente, un trait d'union che si confà: “Un giorno cambierà e nel tuo cuore allora tu saprai di questo strano bisogno d'amore che non ti ho dato mai”

“Ed ora”: ballabile e trascinante, potrebbe essere un secondo singolo, sembra richiamare “Titanic” di Francesco De Gregori nel sound: “Tu vedrai cambierà la realtà come vedi intorno sta cambiando già perchè sa che non può continuare in questo modo”. Musicalmente “africana” all'inizio è un po' scarna e solo sul finale cresce e “...è l'amore che ci salverà”.

“Le incertezze di marzo”: ballad timidamente soul… qui la venatura jazz torna a farsi sentire soprattutto con un tenue sax su un grazioso testo che non intende strafare: “E guardala che va lungo tutto la notte in bilico certo ed attraverserà le incertezze di marzo che sembra dicembre e per un attimo la strada adesso si apre a spirale e ogni passo e solo per lei”. Se Ferragosto era triste e malinconico, marzo per Cammariere è sensuale e proficuo. Il paradosso ci sta.

“Io senza te tu senza me”: jazz samba “do brazil” chiaramente esplicitato anche nel divertentissimo testo davvero molto piacevole da ascoltare: “Io senza te e tu senza me Brasile senza caffè, due inglesi che non bevono mai tè e due italiani che non parlan con le mani. Io me ne sto per conto mio mentre tu dal canto tuo non ti accorgi di esser sempre troppo triste...”. L'intervallo del pianoforte solista poteva essere più deciso e nella seconda parte si poteva osare musicalmente di più. Rimane comunque un bel pezzo.

“La vita ci vuole”: si vira verso un malinconico e posato jazz congeniale ovviamente alla voce di Sergio sempre molto toccante: “E poi sospesi in questo bar come se avessimo di nuovo da giocarci qualche chance, con tanta vita che ritorna a farci bene a farci male, ricominciare e non sbagliare più”. Anche qui si poteva azzardare perchè le potenzialità di Cammariere sono ben note.


“Ancora non mi stanco”: maracas sensuali si stendono su questo brano ed è più in evidenza rispetto anche alla batteria stessa. Il sound però non cambia, non si evolve, rimane tale come nel precedente, sempre preciso con la parte solista che potrebbe emergere di più: “Vado avanti ancora e non m stanco mai di cercare il mondo nei suoi vicoli perso nell'orizzonte senza limiti con te”.

“Siedimi accanto”: quello che cercavamo nei brani precedenti lo troviamo qui: piano trascinante, una salsa provocante, da ballare, melodicamente è il brano che più rimane impresso, testo “femminista” come Cammariere ci ha abituato sin da “Tutto quello che un uomo”: “Farò tutto quello che vorrai per averti al mio fianco, siedimi accanto parliamo un po', nessun rimpianto solo che ancora non si può, per abitudine non scordarti mai, per la voglia di vivere ancora d'amore con te”.

“Così solare”: qui spicca la melodia, la sensualità del ritmo, le sfumature della chitarra che è perfetta in un contesto che non chiede troppo. Un uomo osserva una donna ogni giorno sul posto di lavoro e ne scruta i pensieri: “Cosa fa, a cosa pensa, come sta la mia centralinista, abbassa gli occhi, si vergogna un po' come me, dice buongiorno anziché ciao, lei non è come le altre che non sa, sarà la timidezza o forse la naturalezza ma io credo che si tratti solo di semplicità”... “Io vorrei portarti al mare”...

“Quel tipo strano”: le spazzole accarezzano, il pianoforte disegna, l'armonica dona sfumature ed è come una seconda voce con un finale elegante: “E noi restiamo qui, anime nude nel vento, ma se poi mi volto e guardo indietro ora mi accorgo che sembrava che quel tempo non dovesse mai finire”.

“Pangea”: ancora la fisarmonica a congedare l'ultimo lavoro di Sergio Cammariere. E' una novità per lui ed è funzionale. Un piacevolissimo duo pianoforte e fisarmonica, un concentrato, o meglio un brano che è il risultato finale – o almeno sarà questo il senso per il musicista – di tutta la sua musica. Questo brano è il vero gioiello di tutto il disco... è vero, è solo strumentale e quindi non c'è la voce tremante e profonda del suo musico ma ci auguriamo che sia la via da intraprendere.










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