La Scuola più Bella del Mondo di Luca Miniero


"Questi ragazzi sono senza speranza
- Non essere disfattista, possono diventare tossicodipendenti...
- Ma ci sono i centri di recupero e... 
- E allora diventeranno politici"

Qualcuno dovrebbe spiegare a Luca Miniero che non si può ripetere lo stesso film in eterno, che è bravo, che la gente alle novità dopo un pò, magari ci si abitua e chissà... perchè passi per "Benvenuti al sud" che era un remake di un film francese scritto molto bene, tralasciando l'inevitabile e assolutamente prescindibile secondo capitolo, fatto perchè comunque si doveva fare e "Un boss in salotto", dove c'era il tentativo anche di parlar d'altro... "La scuola più bella del mondo" è il quarto film dello stesso autore in pochi anni che mette a confronto nord e sud, giocando sempre con gli stessi stereotipi, che fanno anche divertire, visto il cast coinvolto e le molte gag, ma alla fine ciò che resta è una corda irrimediabilmente spezzata. Perchè il nostro ne ha fatto un filone a tutti gli effetti, cambia l'ambientazione, la sinossi iniziale ma siamo sempre là... Avete presente "Ritorno al futuro"? Dove anche gag e situazioni erano ripetute insieme ai personaggi? Bellissimo il primo, il secondo lo guardi, finisce con l'incuriosirti, e questo ripetersi "che in una saga del genere può anche starci" ti diverte, perchè nello stravolgimento dei fatti, è quasi come ritrovare delle coordinate. E' di contro inevitabile che alla terza volta, lo spettatore si sia stufato, che la corda si sia rotta in più pezzi. Ecco, con tutte le distanze del caso e spessore filmico, la questione è più o meno la stessa. Per arrivare al fatidico scontro nord/sud, si pensa stavolta a un errore di battitura Acerra invece di Acrra, fatto da Soreda, (Nicola Rignanese) segretario sui generis della efficente scuola toscana, presieduta da Cristian De Sica, che finisce col fare un gemellaggio con i napoletani "sgarrupati" di Lello Arena, che vengono portati al nord, dalla coppia Pappalardo/Finocchiaro. La citazione di "Io speriamo che me la cavo", non è casuale e infatti è come se la classe capitanata da Villaggio nel film della Wertmueller fosse portata di peso, in tutta la sua simpatia, escludendo la parte drammatica della pellicola, che dava risalto al tutto. Una prima parte giocata sull'equivoco, veloce, che mantiene un buon ritmo nella sua semplicità narrativa, cerca e trova sempre più un lato buonista che nella melassa più intensa scade in un finale moralizzatorio da fiaba dei buoni sentimenti raffazzonati. Che si rida ci pare il minimo sindacale, ma i dialoghi sono intelligenti e molte situazioni assolutamente spassose, non male anche la trovata fumettistica. Tra gli attori bene sicuramente Papaleo, visto anche che sembra essere l'unico personaggio "rifinito" e sufficiente Miriam Leone, citazione vivente della maestrina del libro Cuore, solita parte per quanto riguarda Miniero si intende, per la Finocchiaro, ma francamente irrisolta,  molto meno divertente del solito, macchietta De Sica, che non funziona in coppia con Papaleo, anche il suo personaggio, risulta esser scritto debolmente; meglio sicuramente Lello Arena e Rignanese. Ultimo appunto, nessuno si sorprende più dell'inserimento di prodotti a fini commerciali nelle pellicole, però anche qui, le cose potevano esser fatte con più rispetto per l'intelligenza dello spettatore, contestualizzando il prodotto in maniera più raffinata, evitando di inserire due autentici spottoni, con la bottiglia di un noto amaro a ergersi protagonista assoluta.

- "La sinistra fa una cosa di sinistra, da quando non accade? 
- Dalla legalizzazione alla caccia al cinghiale"

- "Ma lo sai cosa vuol dire random? 
- A cazzo di cane!!!"

- "L'alba è bellissima, solo che me la fanno ad un'ora impossibile"

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