Punkillonis - Eclissi


Il punk nella musica italiana non è scontato, per questo piace ascoltare un gruppo come i Punkillonis ed il loro “Eclissi”, un disco di contenuti, con testi che raccontano l'attualità con l'ironia tagliente degli Skiantos e con la vocalità alla CCCP, mentre a contorno un punk e la sua origine, il garage, che si rifà per forza di cose al made in USA, dal sound quindi un po' datato da loro voluto ma che convince meno nel contesto. L'aspetto che ci piace qui sottolineare però e che desta tutto l’interesse per questa band sarda, è l'utilizzo grezzo degli strumenti, che lascia a casa l'elettronica che altrimenti in un disco del genere cozzerebbe. I Punkillonis sono un gruppo intelligente, da ascoltare più volte perché non bisogna essere prevenuti della serie “Il punk è morto” (come peraltro ironicamente cantano loro), anzi i Punkillonis dovrebbero approfondire il discorso per intenderci, ma soprattutto vanno ascoltati con attenzione i testi, scritti in gran parte da Casu, belli perchè nudi e crudi, che non ci girano intorno, talvolta lasciano allibiti ma per la loro schiettezza e la maniera arguta in cui vengono composti, esaltanti. La band è formata da: Alessio “Il Maestro” Casu (voce), Igor “Stravy Paz” Lampis (chitarra e voce), Gianni “Robot” Palmas (batteria), Marcello “Matango” Peddis (basso e chitarra) ed i misteriosi Alberto “Il Boia” Pala (falce e cartelli) ed il Pazuzu (contaminatore di anime). In alcuni brani c’è anche il bassista Fabio “Goblin” Perria. E' punk ragazzi, semplice e puro, ma c’è tanto da dire.

Pazuzu: Una sorta di “guardate di cosa si parla”, un mix di chitarre sparate ed urla…

“Marmo”: minimal e funereo, anzi tombale, risente della cultura garage: “Voglio di marmo di qualità”, con riff ipnotici e macabri, i Punkillonis scelgono una vocalità spesso distaccata e stanca in antitesi con le origini del punk, power chords a non finire per un finale molto nirvaniano.

“Progetto droga”: non un inno per carità ma un bisogno assoluto di dipendenza, tutti abbiamo bisogno di legarci a qualcosa fondamentalmente per non pensare, la società è troppo frenetica, i problemi ci sfiniscono: “Chiedo una sostanza, voglio una divergenza sociale, apparentemente distorta o complicata, talvolta distante, più spesso banale”

“Poppy”: l’ironia dissacrante prosegue con uno strano criceto cieco, sordo e zoppo appartenente ai fumetti Rat-Man creati da Leo Ortolani: “E ascoltandoti miglioro e capisco tutti quanti i miei errori dovuti all’inesperienza o ai troppi film di Bruce Lee”, assoli di elettriche su una sezione ritmica ben solida ed in linea, un monito insomma per ascoltare “l’opinione altrui che ci aiuta e ci conforta”… beh non sempre.

“Sono occidentale”: si continua con il punk e con un testo a dir poco esilarante: “Sono occidentale mangio pasta, la domenica è una festa, credo in un Dio e basta, la mia verità è questa”, i Punkillonis credono nel milting pot di culture, quelle in cui il Dio è uno solo anche se lo chiamano con nomi diversi.

“Non è vero”: col basso martellante, cantato declamatorio alla Freak Antony, punk semplice e diretto, per un testo esilarante: “Non è vera l'emozione che accompagna chi non ama. Non è vero il catechismo, non è vero il Dalai Lama. Non è vero quel sapore con un retrogusto amaro. Non è vero il parlamento, non è vero anche il denaro. Non è vera l'apparenza di ogni cosa che è trascorsa. Non è vero che qualcuno ci capisce della borsa. Non è vero quel potere di cui dici di esser privo, non è vero che sei morto, non è vero che sei vivo. Non è vero che sei stanco, non è vero che sei bianco. Non è vero che sei nero, non è vero che sei vero. Non è vero che intuisci, non è vero che patisci. Non è vero che capisci, forse è vero che tu strisci!”

“Breakfast & Gorbaciov”: svela un non so che di Ramones, dove l'asse Usa-Urss la fa da padrona. Che sia una critica ad Comunismo fallito?: “Se non hai peccato alza la manina, è il tuo giorno buono, gioca la schedina. Se vinci dei miliardi dividili con noi, gli amici, quelli veri, i figli degli eroi!”

“Giada”: melodica e malinconica, “Ti seguirò sino in fondo, ti custodirò come preziosa giada, lascia che possa nutrirmi di quei pensieri di cui ti vergogni. Io sono pronto a capirli e a farli accettare a chi vive di sogni”. Ospite Pasquale Demis Posadinu.

“Urlo”: si vira completamente con un pezzo di quelli vocalmente alla “Germs”: “Non esistono più i metallari e in strada non ci sono veri punk, sono morti anche i paninari e questa è una fortuna o forse non si sa. La musica di fine ottanta ha cambiato tutto ciò che c’era dietro, Disco Music, underground, underground electrica, ora la tendenza è di gente alternativa con la testa incatenata a una storia negativa da un processo incontrollato e incontrollabile di stupidità”. Un finale criptico mette in evidenza ex giocatori tedeschi, un imam, uno scrittore, un sovrano mongolo, la Bundesliga, la banca tedesca, un personaggio dei fumetti, un liquore, come a dire: “L’Italia è una Repubblica fondata sulla Germania”, Stato Sociale e Offlaga docet.

“Favorisca il nucleare”: riff di chitarre elettriche che dominano rispetto alla sezione ritmica, provocatoria: “Sole, vento, terra e mare non ci possono bastare, meno male che c’è l’uomo che ha inventato il nucleare… dei bambini assai prestanti con due teste e quattro braccia peseranno cento chili con tre occhi nella faccia”…

“Overflow”: anche se il titolo è in inglese, è il brano dal sound più italiano, sarà la vocalità alla Modena City, sarà quell’aurea folk rock. Continua il discorso precedente dal punto di vista, questa volta, anche linguistico: “E chi ha voglia di credere alla gravità, non è il predestinato che cerca intimità. La nostra epoca incauta ed evoluta, la nostra madre lingua in overflow”, finale energico che “straripa”.

“Vecchio Stil Novo”: intro grunge e riff a manetta, chitarre tiratissime e nervose accompagnano una società alla deriva che non ha più identità… e quel collegamento “panino imbottito” e “Tramonti alla finestra” sa di qualche ex ministro che una volta ebbe il coraggio di dire che: “Con la cultura non ci si fa un panino”. Ebbene: “Guerriglia negli stadi e nei centri sociali, computer velocissimi, pirati virtuali. Dibattiti che in studio non sono produttivi, punizioni amare per i più cattivi, cercare una missione a sinistra e a destra, svegliarsi la mattina con il mal di testa, programmi educativi alla televisione, presentatori allegri, famiglie e famigliole”

“Matango”: l’Occidente torna qui da “naufrago” e viene paragonato dai Punkillis alla storia del film cult giapponese “Matango”, un intro di basso molto crossover e parole che restano scolpite: “Lilli Gruber non è Freddy Krueger ma una falsa magra come il falso Fürher Heilllll. Se il punk è morto il Beat è risorto, il reggae è una merda, il resto è un aborto. E chi se ne frega se il bambino è una pera, se chi siede al governo non capisce una sega”…sarà il preludio del prossimo brano…

“Ci prendon per il culo”: ritmo ska come Meganoidi insegnano, trascinante, spezza con il resto del disco ed è un bene, una boccata d’aria: “Ci prendon per il culo con gli inceneritori e con inutili ricerche sulla cura dei tumori, ci prendo per il culo coi valori e la famiglia e noi ci beviamo tutto come l’acqua in bottiglia”…

“Falci e martelli”: basso e batteria sono più possenti e sorreggono bene le massicce chitarre elettriche sporche solo quanto basta. Ha senso giungere ad un brano del genere nel finale perché è da chi ci governa che parte la deriva dell’Italia, la crisi non solo economica ma anche di valori: “A volte faccio cose inutili come votare o esprimere opinioni, non ti approvo ma sopporto: da uno a dieci zero, a volte senso, a volte pena, il nemico che non c'è, che ormai è morto”.

“Dove gira il vento”: l’album si chiude in bellezza, arpeggi di chitarre che vogliono mettere in evidenza le parole pronunciate senza troppo impegno, sarà il populismo, di opportunismo loro dicono, o semplicemente di come “gira il vento”… l’ideologia è morta e l’Italia non sta tanto bene. “Al tempo di rifondazione tu votavi comunista, poi sei diventato moderno e progressista ma suonavi spesso alle feste dei DS, con il pugno alzato e le bandiere rosse. Non disdegnavi neanche l’anarchia e se ti capitava seguivi la sua scia”… ma sentite questa: “Sei sempre stato fianco a fianco degli studenti e hai scritto versi e urlato per i deboli e i perdenti. Nelle tue canzoni hai citato spesso il vino, ché il vino fa buon sangue anche al corpo di un cretino e hai scritto per i popoli oppressi e assai fieri. Con la tua chitarra baluardo di pensieri, talvolta urlando il Che con ritmi euro-africani, talvolta usando il rock dei fottuti americani”... che sia una critica a qualche cantautore di razza, barbuto?


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