Carmen Consoli - L'abitudine di tornare


Che allora "la cantantessa" della nostra canzone d'autore, torni più spesso, ci viene (quasi) da concludere, iniziando la recensione de "L'abitudine di tornare", stiamo parlando ovviamente di "Carmen Consoli",dopo aver ascoltato e riascoltato l'album: Canzoni che fanno bene al cuore, canzoni che hanno il dono della semplicità e si rivelano preziose e ricche di "preziosimi", sia dal punto di vista musicale che testuale. "L'abitudine di tornare" è un compendio di classe e bravura, che nella sua apparente accessibilità si rivela via via, ricco di sotto testi e significati, un album profondo, raffinato, emozionante e che non le manda a dire, ironico e lucido, arrangiato in maniera ottimale, che arriva che è un piacere: 

"L'abitudine di tornare": "confesserai mai a tua moglie che il sabato dormi con me, da circa dieci anni, tra alti e bassi" la titletrack è una ariosa folk ballad, molto piacevole, ma a colpire di più, a far la differenza è sicuramente il testo, che narra di una relazione clandestina, diretto e solo apparentemente semplice: "come dirai a tua moglie che hai un figlio identico a te" dove "nessuno deve piangere", "che è una rogna piangere", che si contrasta magnificamente con la melodia "facile", con tanto di claphands a rimarcare lo scontro.  

"Ottobre": altra folk ballad, nostalgica e ispirata, ben congeniata dal punto di vista armonico e d'arrangiamento, a cominciare da un ponte/ritornello, sicuramente incisivo: "piuttosto che il limbo avrei scelto l'inferno, fosse stato il prezzo della libertà, il paradiso poteva anche attendere, lasciare tutto e accontentarsi di niente"

"Esercito silente": un brano raffinato, quasi una sorta di lento anni'60, venato di soul leggero che ben si esplicita nell'accorato ritornello: "Chissà se il buon Dio conosce questo inferno, se potrà poi redimerlo, pace e speranza al mondo vivono da queste parti un immenso deserto, chissà se il buon Dio perdonerà il silenzio"

"Sintonia imperfetta": "tra di noi regnava un'ostinata consuetudine una sintonia imperfetta, tra di noi regnava una profonda solitudine, una forza di inerzia una sintonia perversa"  ritmiche in levare, gusto anni '70, melodia accattivante, testo assolutamente "fantastico" sulla fine di un'amore, già scritta, con tanto di alta citazione nel ponte: "Ah voglio vivere così col sole in fronte", decisamente godibile. Potrebbe essere il secondo singolo ideale.

"La signora del quinto piano": "ma non vi era alcuna ragione di avere paura" e arrivano anche le chitarre elettriche, per un brano rock ma reso quasi sotto traccia,con tanto di beat oscuro, "sulla paura", con autocitazione finale di "Matilde odiava i gatti": "Al quinto piano vive Matilde,una donna scorbutica allergica ai gatti e ai parenti, ah dimenticavo i funzionari della questura continuano a dire che non c'è alcuna ragione di avere paura"

"Oceani deserti":"per quanto ci provi non riesco a capire come sei, cosa vuoi?" strofa minimal e preziosa con ritornello che si dipana sospeso e melodico, ben assestato con un buon bridge che ne rimarca le armonie:"mio folle amore, questo è troppo per me" 

"E forse un giorno": "e forse un giorno ci daranno l'aria a un prezzo più conveniente dell'immondizia" si può parlare di un brano blues vero e proprio, nonostante il suo sviluppo melodico più classico che si mischia a un mood popolare,in primis "nel senso di tristezza" per un testo dissacrante nella sua tragicità, toccante: "per quanto tempo dovrò portare il peso di questa vergogna, da circa un mese dormiamo tutti in macchina siamo diventati estranei a gli occhi della comunità"

"San Valentino":" ti chiedi se questo è amore vero o ordinaria follia" come fosse l'ipotetico lato b di "L'abitudine di tornare" ci si sposta decisamente verso il sogno e allora: "l'universo accenderà per noi coreografie celesti, puoi crederci" una traccia poetica e suggestiva, quasi rilassante, come abbandonarsi alla speranza:"persino la ragione a volte ha una espressione romantica del sentimento l'anatomia e chissà se il tuo canto sia estro ingenuo o semplicemente poesia" 

"La notte più lunga": piglio jazz e gusto popolare per metafore argute sui tempi di oggi:"chi governerà questa furia mediatica, parole d'autore intrise di dolore non fatevi sfuggire questo show sensazionale"

"Questa piccola magia": "amo la pioggia d'estate, l'aria di quiete e di libertà, tu che sorridi e non parli" mood jazzy, vintage, anni '60, con tanto di voce filtrata che contrasta sentimenti e sensazioni quasi bucoliche che si librano nella melodia: "quasi cominciò a credere che la felicità abbraccerà questa vita"

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