Raramente parliamo di dischi di cover, ma se i protagonisti in questione si chiamano "Giovanni Succi" dei "Bachi da Pietra" e "Paolo Conte", con ovviamente il primo che rifà, aggiorna, destruttura, rende secondo la sua visione insomma, l'avvocato di Asti, sarebbe un delitto non spendere qualche parola su questo "Lampi per Macachi", omaggio decisamente riuscito di Succi, che in primis elimina il pianoforte e ci mette trasporto nel canto, due cose che difficilmente si riscontrano in Conte e ne accentua gli aspetti noir, anzi letteralmente li tira fuori. Il risultato è un album ammaliante e poetico, la dove, per incanto quasi, la penna di Conte trova nuova vita nella rilettura di Succi, a partire da una "Gelato al Limon", diradata, suggestiva, intensa, notturna. Si continua con "Uomo Camion": che inizia sulla chitarra portante e cresce d'intensità con l'entrata degli altri strumenti. ipnotica e sinuosa è "La Fisarmonica Di Stradella" mentre è assolutamente deliziosa "Come mi Vuoi", con la chitarra delicata che presto si fa complice. "Diavolo Rosso" resa post rock, ha un non so che di epico, così come solenne appare "L'Incantatrice", tra blues e desert rock, due brani che definire incisivi è dir poco. Ma il capolavoro vero e proprio, Succi lo fa con una "Bartali" psichedelica e dilatata col pianoforte "riscoperto" ma sommerso da suoni lievi e imprescindibili, poesia. Chiudono l'album forse i due brani meno riusciti, ma sostanzialmente per eccesso di coraggio e voglia di osare, crediamo, ovvero: "Questa Sporca Vita": per chitarra elettrica e voce, sporca e dal canto decisamente sentito, il rifacimento più estremo e "Via con me": breve e sin troppo criptica che avrebbe meritato un maggiore sviluppo quanto meno strumentale.
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