Africa Unite - Il punto di partenza


Gli Africa Unite tornano in grande: nuovo disco, “Il punto di partenza”, nuovo tour, band che torna ad 8 elementi, nuova evoluzione. Loro l'hanno chiamata Social Re-Evolution, ovvero la voglia di diffondere una presa di coscienza collettiva, un consapevole uso dei social network che hanno cambiato il modo di pensare e di condividere, più vicino all'informazione (giusta o sbagliata che sia) e più lontana alla realtà, al contatto con gli altri. Ma “Il Punto di partenza” è tanto altro per la band di Bunna e Madaski, che da 34 anni musicalmente insieme da quando Bob Marley non c’è più, sono stati i musicisti di punta della scena reggae non solo italiana. Punto di partenza come Africa Unite 2.0, nuova linfa, nuova concezione musicale, che vada incontro ai fan – da qui il disco da scaricare gratis sul loro nuovo sito – una scelta senza ripensamenti da parte di un gruppo che non ne aveva bisogno eppure ha capito che la musica, ad oggi, appartiene a tutti e deve ritornare ad essere di tutti, puntando sui live, tornando alla grande sui palchi a dispensare groove, vibrazioni, cuore. Un disco che chiamarlo reggae è riduttivo. Sì, sicuramente i ritmi in levare sono le travi che sostengono l'album, l’elettronica la base, le tastiere le pareti, i fiati un tetto sicuro. Un piccolo mondo dove gli Africa non ti rassicurano, non ti dicono di non aver paura, ma dove ti raccontano, parole e musica, come la realtà è, nuda e cruda.


“Pure Music, today”: scariche elettriche in tutto il corpo in cui le chitarre in levare sono accenni immancabili e dove i campionamenti arricchiscono sempre in maniera ordinata, le voci di Bunna e di Raphael si intercambiano citando “Un sole che brucia”: “… il sole brucia ancora per noi, continuando melodiche metriche, raccontano emozioni che da sempre ci appartengono, fedeli all’attitudine legando gli stereotipi, di quel battere in levare”… come sempre schierati ed allineati, uno slogan per le generazioni che fanno musica oggi, di come è cambiata. Ma gli Africa sono sempre sulla stessa strada, sempre in pista, beccando la curva giusta…

“Riflessioni”: un gioco di percussioni come un battito cardiaco cadenzato dal puro reggae e dalla sezione fiati che si affaccia ed ecco Bunna sempre molto convincente nei testi: “Uso il mio linguaggio con lucidità, non mi nascondo dietro al patto, esprimo concetti chiari e comprensibili. In Italia… false icone sacri simboli, paraventi e paramenti mistici” ma anche: “Non riconosco nessun imperatore, non penso Cristo sia mai sceso in terra, Palestina, Etiopia non lo farà mai…”. Gli Africa hanno sempre applicato concetti di rivoluzione, idee “non qualunquiste”, cosmopolite. Nella seconda parte del testo, è Bunna il protagonista assoluto, in tutti i sensi, compreso il grande amore per il reggae…

“La teoria”: more fire e melodia pura della tastiera ipnotica di Madaski e dei violini sul fondo di questo “mare di guai”: “Seguimi, una scusa non serve a chi non vuole arrendersi, crolla il muro dei ricordi e si risveglia il sole”. Morbida la vocalità di Bunna si appoggia sulla strofa. Un brano di una bellezza semplice senza orpelli: “Questa non è sola teoria, la spinta forza di gravità”, ci crediamo sulla parola!

“L'attacco al tasto”: “… è solo il punto di inizio, germoglio di un futuro in bilico, gli anni matureranno l’interpretazione che l’emozione è libera, l’attacco è solo il punto di partenza per disegnare la tua traiettoria”… questo reggae è un gioco di tastiera, “un tocco maturo” ma, a dispetto di quanto canta Bunna, il vuoto è proprio colmato da un sound molto delicato che solo nella seconda parte dà libero sfogo alle percussioni di Papa Nico ed alla sezione fiati con l’assolo di violini che dona un’aria irish che potrebbe cozzare ed invece si sposa alla perfezione col contesto, perché questo è un lavoro fatto da professionisti.

“L'attacco alla corda”: si tratta della versione precedente ma completamente rivisitata dagli Architorti, o meglio dai loro strumenti a corde. La mini orchestra di Pinerolo aveva già lavorato con gli Africa Unite in “Quando fuori piove” e non solo. Ed il risultato è decisamente sorprendente, perché spacca il disco, riesce a dare quella sonorità “psichedelica” senza l’apporto primario dei campionamenti e dove è solo il pianoforte, sul finale, a riportare ordine.

“L'esercito con gli occhiali a specchio”: l’inizio in crescendo, i synth massicci, le distorsioni come flash impazziti ma sempre coerenti, il binomio Bunna-Madaski due facce della stessa medaglia e la promessa More No Limiz che si interpone rappando: “Tutto è splendido, super social, tutto è finto, super vero, sono annessi senza connessi, tutti aploadati ma tutti sconnessi. Nella vita il nulla come un drone, finchè non si scarica la batteria dello smartphone”… “L’esercito con gli occhiali a specchio ti guardo negli occhi per vedere me stesso. Specchio specchio delle mie brame sono io il più seguito del reame”… brano contro l’omologazione dei social network che spesso vengono abusati e non usati… a dovere. Ma “L’esercito con gli occhiali a specchio” è anche una libera interpretazione di Madaski su un testo del misterioso Quit the Doner: “Quititaly, l’Italia come non la raccontereste ai vostri figli”.

“Ritratti”: intro metallico e giustamente: “Vuoi davvero farmi guerra compra un arsenale efficiente, sarà dura battermi, io non mi arrendo. Un alleato molto forte guarisce ogni ferita e se mi specchio nei suoi occhi ogni senso si riaccende…” ed ancora il dualismo Bunna vs Madaski, brano minimal ed asettico così è nell’intento degli Africa. Questo groove, sebbene qui più maturo, ci riporta a Subacqueo” di “Un sole che brucia” che come abbiamo già detto viene precedentemente citato.

“Thanx and Praises”: torna un bel levare grazie alla melodicità di Bunna sensuale come l’assolo di chitarra: “Ricordo ogni singolo istante del nostro viaggio, thanx and praises, per la forza di dire e reagire. Mi commuovo per tutto il supporto senza rese, la vostra forza e dare e suggerire. Ho corso al lungo per arrivare fin qui, suona ancora una frase sull’ultimo giro di Do”. Un viaggio più che altro intimo, spirituale…

“Il Volo”: l’intro (e il finale) vocale è filtrato, tastiere reggae molto serrate e cori sullo sfondo: “Ciò che si lascia trasparire non determina la reale consistenza del tuo essere, ad ogni azione inevitabilmente seguirà una reazione, un’intesa conforme, precisa”. Gli Africa non vanno contro le leggi della fisica e sfornano quello che è il vero singolo trascinante dell’album.

“E' sempre stata lì”: questo mood continua anche qui. Il brano ha l’obiettivo di far liberare la passione, il pensiero critico, il coraggio di dire le cose come stanno, anche attraverso una nuova Re-Evolution: “E vivila se superi il tuo limite puoi accenderla, col battito che incendia carne ed anima, un volo contro vento segna rotte imprevedibile”, un bacio, una carezza, un pugno in faccia come questa canzone, ad libitum…


“Cyclop”: il grande occhio gigante che vede tutto ed un finale dub non poteva di certo mancare, “sporcato”, ma sempre in maniera puntuale, dai campionamenti, dalle percussioni, dalla follia delle tastiere, dai guizzi vocali come fantasmi, un degno finale dove, ancora una volta insieme agli Architorti, dopo la lezione di stile e senso critico, gli Africa Unite ci riportano al caos che ci salva dall’appiattimento delle nostre menti, dal lavaggio del cervello. 

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