Pristine Moods - Pristine Moods



“Pristine Moods” chiamarla band è riduttivo, è più che altro l'unione di tre musicisti diversi tra loro che – prendendo spunto dalla teoria accordi/colori dell'eclettico chitarrista Robbie Basho – sfornano il disco omonimo. L'album, oltre ad essere il colore scelto in alcuni loro brani, è anche un viaggio attraverso emozioni e sentimenti, loro li chiamano stati d'animo incontaminati. E in questo convincente lavoro, assolutamente da ascoltare e gustare finchè ce n'è, ne viene fuori il mood folk “futurista” di Matumaini, che dopo varie esperienze ha creduto in questo progetto assieme a Gherardo Zauber, un vero amante del theremin e Michele Venturini che di stile con la chitarra acustica in braccio ne ha tanto. “Pristine Moods” è incontaminato come abbiamo detto, perchè non va alla ricerca di suoni finti od elettrici, come oggi fanno più o meno bene la maggior parte delle band indie, ma cerca di recuperare la naturalezza e la bellezza degli strumenti, pochi ma efficaci. Un album sicuramente ben riuscito.

“Mohawk”: “Ukulele raffinato e la voce di Matumaini in un binomio minimal filtrato che riesce ad essere il succulento antipasto per il brano successivo...

“Mandala”:... che sfocia in venature perfettamente distorte nei giochi maggiore/minore degli accorti puliti ed emozionali la cui melodia si perde nei ricordi acustici.

“Gentleman Suits”: banjo e chitarra si scambiano sorrisi compiaciuti ed ottima è l'equalizzazione dei suoni, sì che primeggiano gli strumenti sulle voci di Matumaini e di Venturini. Il brano si regge infatti su accordi, arpeggi e colorature...

“N.”: arpeggi ansiosi e il theremin di Zauber a donare auree eteree, a farne anche il verso, una dedica armonicamente costruita ad hoc.

“Grow up”: e ci si perde in un folk con tante certezze, tra cui un banjo malinconico che accompagna la vocalità della cantante, dove ci sono interessanti aperture.

“Migrating Whales”: un mix di chitarre e theremin a ripetizione che da sole riescono a sorreggere un brano di poche parole, ma è elegante così, senza orpelli e congetture.

“RWD”: arpeggio molto battistiano nell'intro, poi è maestria pura, Venturini dà il meglio di sé perdendosi tra sonorità Madredeus e un sound barocco modernizzato con un finale dove fa ingresso il mandolino...

“Confusing”: arpeggi nervosi e diversamente non potrebbe essere nel caos della confusione che spesso è utile solo per complicarsi la vita. Qui a cantare è Venturini...

“Rumpleskin”: banjo impazzito e folk allo stato brado per reinterpretare un racconto dei favolosi fratelli Grimm, tutto da ballare... anche qui la voce si pone in secondo piano...


“Bending”: per finire una dolce ballad con gli strumenti a corde in primo piano come in tutto questo disco, dove gli arpeggi ancora una volta parlano da sè e raccontano una storia non sempre facile da ascoltare... 

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