Intercity - Amur



Le immagini nitide e livide, "cinematografiche e letterarie" lasciano il posto a uno sguardo netto, lucido, "selezionatore" e anche il sound è meno immaginifico, avvolgente, si va di strappi, repentini e taglienti, eppure niente è andato perso... anzi, è tutto di guadagnato e il corpus si arricchisce di nuovi elementi. Il ritorno degli Intercity con questo "Amur" infatti segna una tappa importante nell'evoluzione della band capitanata da Fabio Campetti, che appunto si immerge in un songwriter diverso rispetto al passato ma non per questo meno efficace, e con i compagni si avventura in territori "altri" senza paura, dal punto di vista musicale. "Amur" vive di ricerca, di stimoli, contrasti, di poesia... senza dimenticare le radici. C'è intensità, c'è ispirazione, c'è talento: 
"Un cielo cinghiale": a una prima parte acustica impreziosita dai violini, segue una vigorosa sterzata elettrica a narrare la fine imminente di una storia d'amore: "qui convive il silenzio e non si parla più" tra orgoglio e resurrezione "questo è un modo per dire che io me ne vado" e malinconia e solennità, 
"Tu": "Giosuè Carducci e la pioggia in agosto dimentica l'esperienza astrale l'odissea sconnessa, il diavolo e l'anima" immagini da poesia piccola per un continuo crescendo d'intensità fino all'invocazione del ritornello: "sconnesso il vociare dei ragazzini che fanno incontri con la birra tra le mani"
"Teatro sociale": "ora che sei la mia immagine dell'anarchia tu sei la mia" perfetta pop song dal ritmo incalzante e dal finale evocativo
"Reggae song": ma non nel ritornello: "Nuovi Don Chisciotte ascoltano il reggae" dalla strofa ipnotica... è un brano semplice ed efficace che arriva e colpisce, soprattutto per la scrittura, descrittiva e incisiva, capace di ricreare un mondo.
"Indiani Apache": dal sentire nostalgico e dalla ritmica pulsante, una "cavalcata contagiosa nei ricordi": "aspettami nell'aria" ha un retro gusto Litfiba (quasi sicuramente involontario) prima maniera che non dispiace affatto
"Cavallo": perfetto contraltare della traccia precedente, è una vera e propria "sfuriata" "I tuoi poster degli Iron con classe"
"Kyoto": filastrocca pop, dolce e violenta al tempo stesso: "mangia qui è sushi fresco, l'amore diventa vecchio"
"Amur": la titletrack è giocata tra parti acustiche e elettriche con la ritmica che si fa ben presto trascinante: "del millennio che fu apprezzo l'ingenuità puoi solo dire niente mi disturba un pò"
"A": "distanze semplici Parigi Tunisi" dissonante, giocata sul "piano/forte", "strofa/ritornello, "un bignami grunge sbagliato, come un negroni": "non sopporto più parole inutili buttate li come brutte copie"
"Kill Bill": "tu mi colpirai con spari finti da qui" arrembante, con riff ficcanti e incisivi
"Polar": il primo singolo estratto scelto appositamente dai fan, è il brano più vicino per scrittura al sound tipico della band, complice e accattivante: "sorridente, devastante, qui non ci vedranno mai cambia pelle in pensiero tra noi il freddo polare" 
"Le avanguardie": ritmiche in levare, col basso ben in evidenza, dal mood trasognante e un simil parlato nella strofa che si presta ottimamente: "da qui io volerò da qui io ti raggiungerò tu mi seppellirai tra vaghe stelle, un caldo insonne, le avanguardie"

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