Mauro Ermanno Giovanardi - Il mio stile


Mauro Ermanno Giovanardi sforna “Il mio stile” e altro titolo non poteva calzare più a pennello, considerando quanto intimo e profondo sia questo suo ultimo lavoro, che gli è valsa la Targa Tenco 2015 come Miglior Album dell'anno. L'ex La Crus parla dritto in faccia, è come trovarsi seduti di fronte a lui, lui che ti guarda dritto senza mai abbassare lo sguardo, lui che si confida, ti apre il suo cuore come un'operazione a cuore aperto. Mauro Ermanno canta con una vocalità che parte dallo stomaco e arriva in gola, con una intensità potente, vomitando quello che ha dentro ma sempre in maniera raffinata. E' il suo stile. Un lavoro che sembra facile ma non lo è affatto. E proprio così, nella maniera più semplice possibile – ovvero recuperando la tradizione della canzone d'amore e in parte quella della canzone-teatro – mette in scena un pop elegante, senza l'abuso dell'elettronica che oggi regna sovrana, distaccandosi in parte completamente dalla scena musicale di oggi, ma in realtà affiancato da musicisti più mortalmente pop come Nicolò Agliardi, Cheope Mogol, Giuseppe Anastasi (paroliere storico di Arisa), Gian Maria Testa, Luca Guidi con la produzione di Leziero Rescigno e Roberto Vernetti. A tutti loro va dato atto dell'ottimo album creato. Il disco conta il romantico quartetto di fiati diretto da Fabio Giuran.

Sono come mi vedi”: romantica ritmica, dal piglio cantautorale anni '60, della scuola canzone-teatro, con i fiati sinuosi e leggera scivola nell'impronta melodica che lascia Mauro Ermanno nella sua calda e sofferta vocalità quasi a cozzare con il sound: “E sono qui, con poco in tasca ma sono così, sono come mi vedi e nutro i miei sogni e non mostro i pugni per dire esisto anch'io”

Se c'è un Dio”: tamburelli in evidenza e cori soul, guitar slide non invasiva e quell'aria gaberiana che invade il brano in cui il nostro si perde completamente dinnanzi alla bellezza di un Dio-donna: “Se c'è un Dio è al tuo cospetto... toccami e di nuovo sarò eletto, bomba col rossetto complemento oggetto, anche nuda sembri in doppio petto, mi perdo nel tuo letto...”, alcune frasi sono proprio ardimentose ed anni '80.

Tre volte”: intimista come tutto l'album del resto, con un mood soft da camera, un testo che sprigiona amore puro, spoglia ed arricchita solo da qualche riff e dalla sognante atmosfera creata dalla tromba, la canzone non richiede altro: “La mia anima tre volte ti chiamò, lei voleva te, il tuo solido costante “non lo so” mi diceva che nei tuoi occhi c'eran lacrime però tu vuoi ridere, ora sei al mio fianco ti proteggerò, mi fai vivere”.

Su una lama: elettriche rockeggianti che si aprono malinconicamente al pop strizzando l'occhio alla canzone d'amore stile Milva-Zanicchi d'antan, dove la voce di Giovanardi viene da dentro più che mai, è viscerale e non può far altro che colpire al cuore come... una lama fendente: “Esisterà una ragione di questo mio ennesimo errore ma adesso non posso far altro che andare da lei...”

Il tuo stile”: la title track è la storica cover di Leo Ferrè. Diversamente interpretata rispetto alla recente bellissima versione dei Têtes de Bois che sono più fedeli e più drammatici considerato che il loro voleva essere un omaggio totale; qui invece l'ex La Crus non appesantisce il brano lasciandolo in linea con il contesto del suo lavoro e si esalta, gode: “Tutto questo è il tuo stile, il tuo stile, il tuo culo, il tuo culo è la mia legge a cui ti pieghi maledetta, è quel fuoco che accende ogni mia sigaretta...”

Aspetta un attimo”: paso doble e riff di chitarre elettriche, con la batteria che procede cavallerizza come a loop. E' una sfida in cui Giovanardi matador si compiace: “Fai tutto quello che vuoi, ma non dire noi. Sai quante volte ho pensato non c'è dubbio che lei... e aspetta un attimo”.

Quando suono”: atmosfere Cousteau, con i fiati in stato di grazia e i cori che donano l'aurea che il singolo richiede. Non toglietegli l'amore per la musica, se “una storia è andata storta, un'altra arriverà”, “tutto ha un senso”: “Nei concerti di canzoni inutili questo tempo è una puttana, si concede ma non ama come te, proprio come te... ma quando suono sono vivo, se mi spari sopravvivo senza te, anche senza te”...

Più notte di così”: musicalmente la più cantautorale, dove si può risentire negli accordi in minore la voce di Augusto Daolio, le generazioni che passano, quando i nostri padri facevano la rivoluzione, che poi magari si son abbandonati anche loro dietro ad un ufficio ma non importa, quello che importa è che oggi noi la forza non ce l'abbiamo di gridare alla rivoluzione, forse perchè siamo sfiduciati: “Mio padre era galantuomo beveva vino rosso a colazione, diceva con la luce in fondo agli occhi, domani faccio una rivoluzione e invece no no no no, io invece non ho fatto niente neanche so come che son finito qui, no no no, le luci adesso sono spente non può essere più notte di così”. Da segnalare che l'autore del brano è il giovane cantautore Luca Guidi, vincitore di un premio al Rock Contest 2013 dove Giovanardi era di Giuria.

Nel centro di Milano”: un'acustica suona malinconica, il brano è il più profondo dell'intero disco... è come guardare da dietro una finestra la pioggia che scende copiosa, accanto un letto disfatto, non lontano una Milano grigia, dove tutto scorre troppo veloce, anche i pensieri: “E tutto quel che so è che non voglio stare qui ad aspettare te, guardarti da lontano, restarmene così ad aspettare te che al centro di Milano tu forse pensi a me...”


Come esistere anch'io”: Giovanardi si mette nei sentimenti di una donna, probabilmente della madre, dove i fiati gli fanno il verso e sentono più l'urgenza di venir fuori rispetto ai brani precedenti: “Rendimi casta mio Dio, ma ti prego non subito. E sento pulsare la vita, la mia giovane età. Sono una madre, una moglie soprattutto una donna che sa che l'amore non fa rima con carità. Finchè tu vivi splendi e questa verità me l'hai insegnata al mondo ma basterà”.


Anche senza parlare”: intro di elettriche melodiche, dove l''organo procede morbido. Anche qui si gioca con la canzone italiana anni '60 e può sembrar strano ma il testo è di Gian Maria Testa: “Ma lo sanno le tue mani, le tue mani intorno a me, non c'è oggi non c'è domani solo adesso, adesso c'è, solo adesso adesso c'è. Fermiamoci qua c'è una piega del mondo e la vede soltanto chi non vive a metà...” 

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