Professore per Amore di Marc Lawrence


“Quando ero giovane credevo in me stesso... quindi ora è il momento perfetto”

“Questo è un film che mi frulla nella testa da parecchio. E' una commedia, si spera. Comunque diciamo che Jack Nicolson abbia deciso che vuole sapere quello che le persone onestamente pensano di lui, se la sua vita realmente sia valsa a qualcosa. Così finge la sua morte e inscena il proprio funerale. Ecco io credo che le possibilità siano alquanto esilaranti”.


“Io non so insegnare io detesto gli insegnanti, sono dei falliti, frustrati, che non hanno combinato nulla nella vita e così vogliono istruire gli altri”



“Professore per amore” (The Rewrite) di Marc Lawrence è una commedia, o meglio l'anticommedia, che si diverte a prendere ironicamente e palesemente per i fondelli il senso classico del termine cinematografico. E chi se non Hugh Grant a darne voce e corpo. Hugh Grant che qui ancora una volta interpreta il personaggio imbranato cronico, con il suo appeal english, perennemente fuori posto, che lo ha caratterizzato nella sua ultra ventennale carriera. E deve essere proprio rappresentato così, annoiato e disamorato della vita. Non badate al titolo in italiano. Si chiama Keith Michaels è uno sceneggiatore di successo con un Oscar alle spalle per il film “Paradiso Perduto”. Peccato che dopo qualche altro film sia stato messo da parte da Hollywood e la sua aspettativa di lavoro sia una cattedra in un'Università nei pressi di New York. Ma ha poche velleità di sedersi dietro una cattedra e così il primo giorno si porta a letto una studentessa, scappa via dopo l'appello, si fa richiamare dalla sua frigida collega, per poi acquistare on line borse e cianfrusaglie su Jane Austain per accattivarsela. Da qui inizia l'appassionarsi agli script dei suoi allievi un po' strampalati, noir e nerd. Nella sua classe però, arriva Holly Carpenter (Marisa Tomei), una donna con due figlie a carico che fa ogni genere di mestiere. E questa è la seconda prova dell'anticommedia di cui parlavamo: Keith in ogni posto in cui si reca, trova sempre Holly a lavorare lì ma, volendo spoylerare, non contateci molto sul finale di questa mancata love story. Terzo esempio della nostra teoria è quello del collega Lerner, un uomo che si vanta della sua famiglia composta da una moglie e da quattro figlie femmine. Quando pensa a loro Lerner si commuove ma non perchè la sua sia una famiglia “Mulino Bianco” ma perchè in fondo è un sottomesso alle quote rosa. Ecco perchè Lerner cita il film “Mangia, Prega, Ama”, non a caso. Lerner/J. K. Simmons è proprio l'antitesi di Michaels/Grant così distaccato dai sui sentimenti e malato di velata nostalgia: ha una ex moglie e un figlio 18enne con cui non ha rapporti da un anno. E' per lui che ha scritto la sceneggiatura di “Paradiso perduto”, per raccontargli una favola, per non farlo spaventare dal buio come sinonimo della paura della morte. Tra battute veloci e concise, in realtà il film al contrario della sua classificazione, sviluppa solo il piccolo successo personale del protagonista da buon professore e da produttore dello script di un suo allievo ma per il resto non risolve una storia d'amore, non risolve la difficile relazione con il figlio lontano, non trova una soluzione per alleviare le pene familiari di Lerner. Ed in sé la storia che pare assente, prende vita proprio per tali sfumature. Insomma, il duo Lawrence-Grant – dopo i successi di “Due settimane per innamorarsi”, “Scrivimi una canzone”, “Che fine hanno fatto i Morgan?” - si presentano con un altro piacevole lavoro prendendosi non troppo sul serio.


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