Intervista a Paolo Saporiti (Todo Modo)


Dopo due dischi molto intimisti, così come il ritorno alle origini di Iriondo in Irrintzi, approdi assieme a lui e ad un altro ex Afterhours, Giorgio Prette, ad un disco che abbiamo definito politico. Tutto parte dal Todo Modo di Sciascia e da un'Italia che vi ha cresciuti. C'è oggi un'alternativa per “sovvertire” l'ordine costituito?

Tutto parte dal libro di Scascia ovviamente ma in realtà è il film, all’inizio, ad averci spalancato le porte. In Petri la rabbia è molto più evidente e per fare un disco come questo, di questo noi avevamo bisogno. Sciascia a me è servito da un punto di vista poetico e intuitivo generale, per meglio entrare nel mondo “Todo modo”. Petri è la messa a terra evidente di uno stato d’animo che ci corrisponde, l’indignazione, che domina l’opera e nel quale potevamo facilmente identificarci perché contemporaneo. Grande merito alle interpretazioni magistrali di Volonté, Mastroianni e Mariangela Melato. Così il tempo perde peso e l’ieri diventa domani.
Ripartire dal piccolo, dall’individuo e dalla sua evoluzione, dall’ascolto e dal rispetto. Credere e provare davvero fiducia nell’altro. Quell’altro che dobbiamo trovare prima in noi stessi per poi incontrarlo all’esterno. Quell’altro che sta fuori di sé e che maggiormente dobbiamo imparare ad accettare per quello che è, non per quello che vorremmo o desidereremmo che fosse. Come un figlio. Non possiamo accontentarci di restare dove siamo andati a finire, chiusi nei nostri ghetti, seduti sulle nostre poltrone e piccole sicurezze, pronti a sputarci addosso sentenze l’un l’altro e a mentire, inchiodati dietro ai nostri portatili, immersi nelle nostre false identità virtualmente ricostruite. Io ho studiato per diventare uno psicoanalista tanti anni fa e, tra le tante cose, ho creduto in un mondo di possibilità per il mio presente. Nella possibilità di far parte e di crescere a fianco di una generazione di persone libere, coscienti e consapevoli affettivamente e sempre più capaci di ragionare, preparate alla vita, a partire da una profonda evoluzione dei sentimenti. Ora dobbiamo ricominciare tutto da capo invece, perché abbiamo fallito, nel coltivare le nostre singole esistenze, nella mancanza di rispetto per noi stessi e per gli altri; per ricostruire un vero senso di comunità che non c’è più, se mai c’è stato, e che si ravviva soltanto di fronte a delle catastrofi, tipo quella di Parigi di questi giorni ma che, anche in questi casi, non fa altro che reagire in maniera scomposta, isterica, rischiando di portare tutto ancora una volta troppo lontano, ai bombardamenti e alle reazioni violente. 
In rapporto a quanto ci è stato assegnato e insegnato fino a ora, ci vuole un cambio di prospettive. Arriviamo da anni di soprusi e sfruttamento in giro per il mondo e corruzione e malaffare in casa, il tutto guidato da una indiscriminata rincorsa al potere e ai soldi, sostenuta da lavoro nero, collusione e accordi con mafie di vario tipo e provenienza, tangenti, concorrenza spietata, truffe, etc. Insomma l’idea di Stato è stata totalmente cancellata da noi, tanto che, ad esempio, i politici devono andare a fare la riverenza ai malavitosi, per racimolare voti, per poter portare avanti una vita democratica. Nessuno crede più a nulla o forse crede troppo a tutto e siamo arrivati alla frutta. In questo contesto i terroristi potremmo essere di nuovo tutti.


Ma Todo Modo è anche un disco che avete pensato bene da un punto di vista musicale. La via è quella di proseguire verso l'elettronica, nella destrutturazione. “Catalogate” il vostro sound in un pop noise, in un post rock o preferite non “appartenere”?

Credo che il catalogare e l’essere catalogati, siano una delle cose che più mi hanno dato fastidio da sempre e in cui l’uomo e la società hanno maggiormente sbagliato e mentito, nel nome di un controllo sociale scientifico viziato. Mi viene il prurito al solo pensiero. Sono figlio di uno schizofrenico, o almeno definito come tale, e conosco, da vicino, cosa vuol dire il sentirsi affibbiati di un’etichetta dalla quale risulta poi difficile, se non impossibile, affrancarsi in vita. Trovarsi incastrati in contesti comunque e sempre più stretti e angusti di quanto un uomo libero meriterebbe di sperimentare. Corridoi fisici o metafisici che siano. Parto da quest’estremizzazione, per dire che non ho mai ritenuto importante essere definito e definirmi, anzi; anche se ne comprendo la necessità ma sarebbe davvero meglio per tutti se imparassimo ad ascoltare e a riconoscere quello che incontriamo, con e per quello che siamo, ognuno coi propri strumenti e se ci limitassimo a questo, nel nome di una vera apertura mentale, senza continuare a cercare conferme o riferimenti già noti ai più. Nonostante tutto questo, dico che il punto d’incontro musicale che abbiamo trovato col progetto TODO MODO, fino a ora, a cavallo tra cantautorato, noise e rock, mi piace molto e mi corrisponde totalmente. Non sappiamo ancora dove andremo a finire col prossimo disco ma stiamo a vedere.

Paolo Saporiti

Questo connubio tra te e Iriondo prosegue e i risultati si vedono. A voi si è aggiunto anche Prette, riuscendo così a creare un lavoro dove ognuno ha apportato se stesso e nel frattempo si è ben amalgamato con il percorso storico-musicale degli altri. Qual è la ricetta per un “matrimonio” felice? Tre personalità così marcate non sono facili da gestire durante le prove in studio... hai qualcosa di curioso da raccontare?

Non è proprio vero, sai? Più personalità ci sono in campo, meglio si sta. Io ho incontrato due grandi professionisti. Bisogna solo tenere a bada gli Ego e saperci giocare un poco ma questo fa specificamente parte dell’evoluzione del nostro lavoro, se così non fosse ci sarebbe da porsi delle domande molto serie sul senso di tutto... Cosa che dovrebbe fare il sistema musica in generale ma... credo che la ricetta stia nell’essere se stessi e nel manifestare il più possibile il coraggio d’ascoltare, senza mai prevaricarsi o prevaricare, per paura di perdersi o perdere i confini. Continuare a ricercare, senza fermarsi mai, anche se si sono ottenuti risultati più o meno grandi, perché non è mai finita. Questi i presupposti di questo trio, si ricomincia sempre da capo.


Nei tuoi testi, nonostante la critica alla società attuale, non viene abbandonata mai la parola “amore”. Quali significati positivi/negativi sprigiona nel contesto di Todo Modo in cui viene fuori anche uno scetticismo e una riluttanza dell'Italia di oggi?

L’amore e la speranza sono concetti sempre a nostra disposizione, dentro e fuori di noi e a questi ci aggrappiamo con tutte le nostre forze, fino alla morte. E’ inutile mentirsi. Anche il lutto è importante. Avere cura della propria città e delle proprie case, dei propri cari, sostenere i propri figli, inseguire i sogni, tutto prima o poi risale e ridiscende di nuovo, è importante capirlo. Viviamo in un continuo ciclo, un infinito gioco di equilibri. Ora stiamo toccando il fondo ma ci rialzeremo. Siamo uomini e questo non va dimenticato. A me piace esplorare tutti i poli, nel nome di tutto questo libero altalenare, fondamentale è non fare finta che non esistano anche indignazione, rabbia, tristezza e sofferenza.


L'attentato è un brano che può avere diverse interpretazioni alla luce di quello che è accaduto a Parigi, “Cerco un altro modo per distruggere il tuo velo” anche se prende spunto da una storia di mafia. Come stai vivendo questo capitolo di storia e come hai vissuto il periodo delle stragi in Sicilia?

Nel testo della canzone dico anche “Cerca un altro modo per distruggere il tuo velo” per enfatizzare che quello in essere è sempre un dialogo delle parti. “L’attentato” parte dall’immagine di un attentato che mi sono ritrovato dentro tempo fa. In Nigeria, una bambina esplode in un mercato popolare, come bomba umana, infarcita di tritolo. Come reagire a una cosa del genere? Cosa fare? E’ stata lei? Sapeva quello che stava facendo? Chi gliene ne aveva parlato? Chi l’aveva convinta e accompagnata sulla scena, un genitore, un ideologo, un terrorista? Una minaccia? Una pistola puntata alla tempia? Un fratello rapito? Chi l’ha abbandonata a se stessa? Chi era convinto di cosa e perché, c’è qualcuno consapevole di qualcosa? Cerco di porre domande e di guardare ogni cosa dal mio punto di vista ma sempre nuovo e diverso, do voce a tutto quello che ho dentro. Parto dalla confusione, filtrata dal mio, identificandomi il più possibile, spostandomi, cercando l’empatia con tutto quello che succede, negando quanto appena trovato, per poterne scrivere ma soprattutto per poter andare avanti a vivere e a domandarmi ancora una volta di più come, cosa e perché, chi ha fatto o detto cosa? Prima ero evidentemente sbilanciato verso me stesso e il mio mondo interiore e accusavo tutto quanto di male occorsomi perché ne avevo bisogno. Ora vorrei che la mia idea di lavoro andasse sempre di più verso l’esterno, a servizio degli altri, in maniera sempre più pulita e sincera. A tanti oggi viene da pensare, anche solo per un attimo: “Vedi, non dovevamo neanche farli entrare...” oppure “ok, ora andiamo a bombardarli tutti e ci vendichiamo” eppure la strada non può essere questa, sarebbe una sconfitta per tutti. Dobbiamo ragionare e incontrare, occhi e orecchie aperte.


Uscendo un po' fuori dal contesto, negli ultimi 3 anni hai sfornato tre dischi più questo come Todo Modo e la qualità si è sempre mantenuta inalterata. Ma non è facile. Il futuro della musica è indipendente? Solo così può sopravvivere un concetto di musica come un diverso modo di pensare non omologato ed appiattito?


Credo che vada cercata sempre una bilancia tra un pensiero e un’esistenza indipendente e il mantenere un’apertura tale da non perdere mai di vista l’esistenza degli altri. Questo è un atto dovuto, sotto vari profili. Rimanere aperti è la strada che dobbiamo percorrere, nella musica, come in tante altre cose dell’umano. Chiudere le porte per paura è sbagliato. Alcune cose non vanno e vanno denunciate, allontanate, estromesse dalle nostre vite, possibilmente senza uccidere. La bilancia tra il negare un aiuto, nel nome del rispetto della nostra esistenza e l’apertura necessaria per l’aiuto è un’arte. Capire come la nostra esistenza, creativa e non, sia sempre figlia dell’incontro con l’altro è fondamentale. Allo stesso tempo però lo è il saper dire di no, quando è il momento o il caso ma senza radere al suolo. TODO MODO.    

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