Dopo due
dischi molto intimisti, così come il ritorno alle origini di Iriondo
in Irrintzi, approdi assieme a lui e ad un altro ex Afterhours,
Giorgio Prette, ad un disco che abbiamo definito politico. Tutto
parte dal Todo Modo di Sciascia e da un'Italia che vi ha cresciuti.
C'è oggi un'alternativa per “sovvertire” l'ordine costituito?
Tutto
parte dal libro di Scascia ovviamente ma in realtà è il film,
all’inizio, ad averci spalancato le porte. In Petri la rabbia è
molto più evidente e per fare un disco come questo, di questo noi
avevamo bisogno. Sciascia a me è servito da un punto di vista
poetico e intuitivo generale, per meglio entrare nel mondo “Todo
modo”. Petri è la messa a terra evidente di uno stato d’animo
che ci corrisponde, l’indignazione, che domina l’opera e nel
quale potevamo facilmente identificarci perché contemporaneo. Grande
merito alle interpretazioni magistrali di Volonté, Mastroianni e
Mariangela Melato. Così il tempo perde peso e l’ieri diventa
domani.
Ripartire
dal piccolo, dall’individuo e dalla sua evoluzione, dall’ascolto
e dal rispetto. Credere e provare davvero fiducia nell’altro.
Quell’altro che dobbiamo trovare prima in noi stessi per poi
incontrarlo all’esterno. Quell’altro che sta fuori di sé e che
maggiormente dobbiamo imparare ad accettare per quello che è, non
per quello che vorremmo o desidereremmo che fosse. Come un figlio.
Non possiamo accontentarci di restare dove siamo andati a finire,
chiusi nei nostri ghetti, seduti sulle nostre poltrone e piccole
sicurezze, pronti a sputarci addosso sentenze l’un l’altro e a
mentire, inchiodati dietro ai nostri portatili, immersi nelle nostre
false identità virtualmente ricostruite. Io ho studiato per
diventare uno psicoanalista tanti anni fa e, tra le tante cose, ho
creduto in un mondo di possibilità per il mio presente. Nella
possibilità di far parte e di crescere a fianco di una generazione
di persone libere, coscienti e consapevoli affettivamente e sempre
più capaci di ragionare, preparate alla vita, a partire da una
profonda evoluzione dei sentimenti. Ora
dobbiamo ricominciare tutto da capo invece, perché abbiamo fallito,
nel coltivare le nostre singole esistenze, nella mancanza di rispetto
per noi stessi e per gli altri;
per ricostruire un vero senso di comunità che non c’è più, se
mai c’è stato, e che si ravviva soltanto di fronte a delle
catastrofi, tipo quella di Parigi di questi giorni ma che, anche in
questi casi, non fa altro che reagire in maniera scomposta, isterica,
rischiando di portare tutto ancora una volta troppo lontano, ai
bombardamenti e alle reazioni violente.
In rapporto a quanto ci è
stato assegnato e insegnato fino a ora, ci vuole un cambio di
prospettive. Arriviamo da anni di soprusi e sfruttamento in giro per
il mondo e corruzione e malaffare in casa, il tutto guidato da una
indiscriminata rincorsa al potere e ai soldi, sostenuta da lavoro
nero, collusione e accordi con mafie di vario tipo e provenienza,
tangenti, concorrenza spietata, truffe, etc. Insomma l’idea di
Stato è stata totalmente cancellata da noi, tanto che, ad esempio, i
politici devono andare a fare la riverenza ai malavitosi, per
racimolare voti, per poter portare avanti una vita democratica.
Nessuno crede più a nulla o forse crede troppo a tutto e siamo
arrivati alla frutta. In questo contesto i terroristi potremmo essere
di nuovo tutti.
Ma Todo
Modo è anche un disco che avete pensato bene da un punto di vista
musicale. La via è quella di proseguire verso l'elettronica, nella
destrutturazione. “Catalogate” il vostro sound in un pop noise,
in un post rock o preferite non “appartenere”?
Credo
che il catalogare e l’essere catalogati, siano una delle cose che
più mi hanno dato fastidio da sempre e in cui l’uomo e la società
hanno maggiormente sbagliato e mentito, nel nome di un controllo
sociale scientifico viziato. Mi viene il prurito al solo pensiero.
Sono figlio di uno schizofrenico, o almeno definito come tale, e
conosco, da vicino, cosa vuol dire il sentirsi affibbiati di
un’etichetta dalla quale risulta poi difficile, se non impossibile,
affrancarsi in vita. Trovarsi incastrati in contesti comunque e
sempre più stretti e angusti di quanto un uomo libero meriterebbe di
sperimentare. Corridoi fisici o metafisici che siano. Parto da
quest’estremizzazione, per dire che non ho mai ritenuto importante
essere definito e definirmi, anzi; anche se ne comprendo la necessità
ma sarebbe davvero meglio per tutti se imparassimo ad ascoltare e a
riconoscere quello che incontriamo, con e per quello che siamo,
ognuno coi propri strumenti e se ci limitassimo a questo, nel nome di
una vera apertura mentale, senza continuare a cercare conferme o
riferimenti già noti ai più. Nonostante tutto questo, dico che il
punto d’incontro musicale che abbiamo trovato col progetto TODO
MODO, fino a ora, a cavallo tra cantautorato, noise e rock, mi piace
molto e mi corrisponde totalmente. Non sappiamo ancora dove andremo a
finire col prossimo disco ma stiamo a vedere.
Paolo Saporiti |
Questo
connubio tra te e Iriondo prosegue e i risultati si vedono. A voi si
è aggiunto anche Prette, riuscendo così a creare un lavoro dove
ognuno ha apportato se stesso e nel frattempo si è ben amalgamato
con il percorso storico-musicale degli altri. Qual è la ricetta per
un “matrimonio” felice? Tre personalità così marcate non sono
facili da gestire durante le prove in studio... hai qualcosa di
curioso da raccontare?
Non è
proprio vero, sai? Più personalità ci sono in campo, meglio si sta.
Io ho incontrato due grandi professionisti. Bisogna solo tenere a
bada gli Ego e saperci giocare un poco ma questo fa specificamente
parte dell’evoluzione del nostro lavoro, se così non fosse ci
sarebbe da porsi delle domande molto serie sul senso di tutto... Cosa
che dovrebbe fare il sistema musica in generale ma... credo che la
ricetta stia nell’essere se stessi e nel manifestare il più
possibile il coraggio d’ascoltare, senza mai prevaricarsi o
prevaricare, per paura di perdersi o perdere i confini. Continuare a
ricercare, senza fermarsi mai, anche se si sono ottenuti risultati
più o meno grandi, perché non è mai finita. Questi i presupposti
di questo trio, si ricomincia sempre da capo.
Nei tuoi
testi, nonostante la critica alla società attuale, non viene
abbandonata mai la parola “amore”. Quali significati
positivi/negativi sprigiona nel contesto di Todo Modo in cui viene
fuori anche uno scetticismo e una riluttanza dell'Italia di oggi?
L’amore
e la speranza sono concetti sempre a nostra disposizione, dentro e
fuori di noi e a questi ci aggrappiamo con tutte le nostre forze,
fino alla morte. E’ inutile mentirsi. Anche il lutto è importante.
Avere cura della propria città e delle proprie case, dei propri
cari, sostenere i propri figli, inseguire i sogni, tutto prima o poi
risale e ridiscende di nuovo, è importante capirlo. Viviamo in un
continuo ciclo, un infinito gioco di equilibri. Ora stiamo toccando
il fondo ma ci rialzeremo. Siamo uomini e questo non va dimenticato.
A me piace esplorare tutti i poli, nel nome di tutto questo libero
altalenare, fondamentale è non fare finta che non esistano anche
indignazione, rabbia, tristezza e sofferenza.
L'attentato
è un brano che può avere diverse interpretazioni alla luce di
quello che è accaduto a Parigi, “Cerco un altro modo per
distruggere il tuo velo” anche se prende spunto da una storia di
mafia. Come stai vivendo questo capitolo di storia e come hai vissuto
il periodo delle stragi in Sicilia?
Nel
testo della canzone dico anche “Cerca un altro modo per distruggere
il tuo velo” per enfatizzare che quello in essere è sempre un
dialogo delle parti. “L’attentato” parte dall’immagine di un
attentato che mi sono ritrovato dentro tempo fa. In Nigeria, una
bambina esplode in un mercato popolare, come bomba umana, infarcita
di tritolo. Come reagire a una cosa del genere? Cosa fare? E’ stata
lei? Sapeva quello che stava facendo? Chi gliene ne aveva parlato?
Chi l’aveva convinta e accompagnata sulla scena, un genitore, un
ideologo, un terrorista? Una minaccia? Una pistola puntata alla
tempia? Un fratello rapito? Chi l’ha abbandonata a se stessa? Chi
era convinto di cosa e perché, c’è qualcuno consapevole di
qualcosa? Cerco di porre domande e di guardare ogni cosa dal mio
punto di vista ma sempre nuovo e diverso, do voce a tutto quello che
ho dentro. Parto dalla confusione, filtrata dal mio, identificandomi
il più possibile, spostandomi, cercando l’empatia con tutto quello
che succede, negando quanto appena trovato, per poterne scrivere ma
soprattutto per poter andare avanti a vivere e a domandarmi ancora
una volta di più come, cosa e perché, chi ha fatto o detto cosa?
Prima ero evidentemente sbilanciato verso me stesso e il mio mondo
interiore e accusavo tutto quanto di male occorsomi perché ne avevo
bisogno. Ora vorrei che la mia idea di lavoro andasse sempre di più
verso l’esterno, a servizio degli altri, in maniera sempre più
pulita e sincera. A tanti oggi viene da pensare, anche solo per un
attimo: “Vedi, non dovevamo neanche farli entrare...” oppure “ok,
ora andiamo a bombardarli tutti e ci vendichiamo” eppure la strada
non può essere questa, sarebbe una sconfitta per tutti. Dobbiamo
ragionare e incontrare, occhi e orecchie aperte.
Uscendo
un po' fuori dal contesto, negli ultimi 3 anni hai sfornato tre
dischi più questo come Todo Modo e la qualità si è sempre
mantenuta inalterata. Ma non è facile. Il futuro della musica è
indipendente? Solo così può sopravvivere un concetto di musica come
un diverso modo di pensare non omologato ed appiattito?
Credo
che vada cercata sempre una bilancia tra un pensiero e un’esistenza
indipendente e il mantenere un’apertura tale da non perdere mai di
vista l’esistenza degli altri. Questo è un atto dovuto, sotto
vari profili. Rimanere aperti è la strada che dobbiamo percorrere,
nella musica, come in tante altre cose dell’umano. Chiudere le
porte per paura è sbagliato. Alcune cose non vanno e vanno
denunciate, allontanate, estromesse dalle nostre vite, possibilmente
senza uccidere. La bilancia tra il negare un aiuto, nel nome del
rispetto della nostra esistenza e l’apertura necessaria per l’aiuto
è un’arte. Capire come la nostra esistenza, creativa e non, sia
sempre figlia dell’incontro con l’altro è fondamentale. Allo
stesso tempo però lo è il saper dire di no, quando è il momento o
il caso ma senza radere al suolo. TODO MODO.
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