Master of None


Accolta dalla critica americana con clamore e già rinnovata per la seconda stagione, “Master of None” è l'ennesima prova riuscita della Netflix. Malgrado i battibecchi creatisi nelle ultime settimane tra il presidente della NBC e quello della piccola rete ondemand, quest'ultima continua a mietere successi di pubblico, ma soprattutto di critica; non può dire lo stesso la NBC, che invece da anni ormai raccoglie parecchi insuccessi e soprattutto la critica la snobba quasi sempre nei premi più importanti. 


Forse proprio per questo Stephen B. Burke, presidente della emittente maggiore, ha pensato bene di porre in discussione i risultati della Netflix, cercando di chiarire il fatto che: “La nostra rete non ha paura del successo della nuova arrivata, perché i nostri dati parlano chiaro, i loro no”. In effetti non si può materialmente dire quanti download e quindi quanto successo di pubblico abbiano le serie della Netflix, non andando in onda in tv, ma di certo i premi vinti in questi ultimi due anni sono indicativi: ormai la Netflix è reperibile praticamente in ogni parte del mondo ed il fatto che alcune delle loro serie migliori, come ad esempio “Daredevil” e “Unbreakable Kimmy Schmidt”, siano diventati in breve tempo dei veri e propri cult, testimonia senza alcun dubbio il successo di un prodotto che offre continuamente serie di livello superiore ai diretti competitors. 


Ma torniamo a “Master of None”. La serie, creata da Aziz Ansari (molto famoso negli States per aver fatto parte del “Saturday Night Live” e di “Parks and Recreation”), che è anche il protagonista della stessa, e da Alan Yang, ripercorre la storia di Dev Shah, un attore arrivato alla soglia dei trent'anni senza aver avuto grandi possibilità nel suo campo e a dirla tutta senza grandi doti recitative che, trasferitosi anni prima con la sua famiglia a New York, cerca di cavarsela come meglio può, mettendo in scena la sua stramberia e la sua voglia di rivalsa, mischiata allo smarrimento che il protagonista ha nei confronti delle nuove tecnologie e soprattutto dinanzi al futuro decisamente incerto. 


La sitcom ruota praticamente tutta intorno alla figura di Dev, intorno alla figura di un uomo “normale”, un uomo che cerca di farsi strada nel mondo del cinema, ma per tirare a campare deve accontentarsi di far parte del cast di film di quart'ordine senza alcuna pretesa e ridicole pubblicità, che tenta di trovare la “ragazza giusta”, andando a sbattere su incontri imprevedibili e sconclusionati, la cui vita ruota intorno alle ripetitive uscite con gli amici, a bere, chiacchierare, in bilico costante tra il volere una famiglia, dei figli ed una donna al suo fianco costante da amare e rispettare, oppure continuare così, sulla strada di una vita fatta da una moderata ripetitività. Insomma il classico trentenne che non sa cosa vuole dalla vita. 


E' una situation comedy che fa sorridere, ma anche un po' riflettere, e ci fa tornare in mente un po' Raji Koothrappali di “Big Bang Theory”. Da ricordare anche gli amici che fanno da spalla a Dev nel corso dei 10 episodi della prima stagione: Arnold (Eric Wareheim), Denise (Lena Waithe) e Brian (Kelvin Yu). Ma ben presto si protrarrà all'orizzonte anche una storia d'amore, quella tra Dev e Rachel (Noel Wells), che non è la classica storia banale tipica di ogni comedy, ma una relazione reale, piacevole, dissonante e che raggiungerà il suo apice nel penultimo episodio, assolutamente incredibile, un episodio che si svolge in un'unica location (bottle-episode), che è il momento più bello di una prima stagione atipica e notevole. 


Tirando le somme della serie in questione, possiamo dire che è certamente da promuovere, grazie ad una regia eccellente, ad un cast che seppur semi-sconosciuto riesce pienamente a convincere ed una storyline che, malgrado l'idea di base non sembri una novità, basta seguirne qualche episodio per capire che viaggia bene, anche se qui e la risulta un po' piatta, per “colpa” di una sceneggiatura che comunque non prevede guizzi sorprendenti, essendo un "one man show" a tutti gli effetti, ovviamente ci sono momenti seppur sporadici che risultano un po' noiosi, ma come abbiamo già detto, “Master of None” non è una serie come le altre, perché ha quel fondo di amarezza che la contraddistingue e che fa poi la differenza. E tra “Jessica Jones” e “Narcos”, tra “Sense8” e “Orange is the New Black”, ancora una volta ci troviamo dinanzi ad una Netflix assolutamente da premiare.

Personaggi e doppiatori:

Dev Shah (Riccardo Scarafoni)
Rachel (Emanuela Damasio)
Arnold (Stefano Alessandroni)
Denise (Antonella Alessandro)
Brian (Nanni Baldini)

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