Acrobati - Daniele Silvestri



"Acrobati" è l'album che segna una rinnovata libertà compositiva per Daniele Silvestri, lo si percepisce dal numero dei brani e dall'ascolto variegato che ne consegue. Non che il nostro nel corso degli anni ci sia apparso forzato o altro, ma si percepisce una serenità nuova, che non è meno urgente comunque, che è cambiato qualcosa, in meglio. Con apparente distacco dal mondo d'oggi dove "il voto ci è palesemente negato" L'Acrobata, perennemente in bilico, getta lo sguardo in maniera lucida e cerca di restare più in alto possibile per non farsi affossare, sa che è difficile ma sa anche che provarci è l'unica strada percorribile, lo stesso dicasi se si parla di relazioni amorose o quando si va sul sociale. Questa lotta tra alto e basso si trasforma musicalmente in gioco, dove Silvestri spazia con assoluta maestria tra i generi, modellando la materia a suo piacimento, con estremo entusiasmo, servendosi di una determinata "forma sonora" rispettandola e andando oltre, con giudizio e classe al tempo stesso. Meno immediato, meno di pancia de "Il Dado" Silvestri con "Acrobati" ci riporta a quella euforia, a quella voglia... con la maturità dei giorni nostri, che meritano di essere guardati da fili elevati e incorruttibili, per non avere più alibi, soprattutto con noi stessi ed essere acrobati anche all'interno di un monolocale, a dispetto dei pronostici:

"La mia casa": con chitarra distorta e voce prima dell'entrata di basso e batteria si apre il nuovo album di Silvestri, dall'andamento circolare, costruita per accumulo a descrivere "un paese ideale" "la mia casa è in un ostello di Berlino chiaramente riadattato, come tutto in questo splendido casino organizzato, dove niente è come sembra o perlomeno niente è più come era stato " 

"Quali alibi": "ti ci dovevi abituare prima ti ci dovevi abituare molto prima" il primo singolo estratto è un vero e proprio elogio dei giochi di parole, resi al massimo nello splendido video che lo accompagna, è un funky pop incisivo dal testo "politico" e corrosivo: "e neanche possono votare perché non votiamo zitto zitto fai finta di niente che tanto il mondo gira come sempre"

"Acrobati": "lasciarci trasportare è stato facile ma adesso ritornare giù non sembrerebbe giusto, dovremmo resistere, dovremmo insistere, restarcene ancora su se fosse possibile, toccando le nuvole, o vivere altissimi come due acrobati sospesi" la titletrack è cinematografica e poetica, con un'elettronica leggera elegante, può far venire in mente certi episodi di Riccardo Senigallia, è un invito a vivere al di là delle bassezze del mondo, al di sopra, anche nei rapporti di coppia.

"Pochi giorni": con Diodato, chiamando l'entrata degli strumenti come in "L'uomo col megafono", "ma tu non preoccuparti dai tu non preoccuparti mai" su una linea deliziosa di synth, ritmicamente accattivante, scanzonata, nell'attesa del ritorno dell'amata.

"Un altro bicchiere": "per loro il futuro è un pensiero distante" con Dellera, dalla strofa solenne che si fa immaginifica nel ritornello, ha un testo abbastanza amaro e moralistico che non concede speranza "e continuano a bere"

"La mia routine": "io sto bene con la mia routine la lascio a te la tua rivoluzione a me interessa solo non dimenticare il pin" chitarra acustica trascinante, testo ironico e deciso, a tessere le lodi di un abitudinario "la ripetitività disegna un mondo che so"

"Così vicina": ballad morbida di natura soul country, con la chitarra "languida" in evidenza, a narrare, sembra, di un tradimento annunciato:  "la fine in fondo era già nota, ancora prima che iniziasse era già stabilità, con lei così vicina" 

"La verità": "questa nostra vita offesa da una schiacciante volgarità" jazzy, dal mood intimo, coi fiati a risaltare: "la verità è che il mondo non è fatto per me ma è meglio così credi a me" sembra in certi passaggi del testo quasi spiegare il significato di "Acrobati".

"Pensieri": impianto blues che fa subito pensare a Pino Daniele, ricco di finezze stilistiche dal punto di vista strumentale:  "é stupido sapere esattamente cosa dire e non dirlo mai" che si dirada nel ritornello

"Monolocale": "io mi consumo io sparisco ogni giorno di più e non parlo di cellulite anzi di quella vorrei non parlarne più" sorta di reading, su un tappeto marziale dove fiati e chitarre elettriche rendono il corpus claustrofobico a narrare la storia di una donna che ripensa alla sua vita prima di suicidarsi: "nella migliore delle ipotesi sono io la puttana della peggiore non gliene frega niente" uno dei vertici dell'album.

"La guerra del sale": "sale chi viene eletto, chi viene eletto sale" con Caparezza, riff hard rock, atmosfera incendiaria sin dall'inizio: "ci sono le persone e allora usale" perfetto contraltare del singolo "Quali alibi" di cui prosegue il discorso con ironia affondando il colpo, trovando il tempo di autocitarsi "E salerò"

"A dispetto dei pronostici": stornello popolare, "so che ho scelto di servire il mio paese ma mi riempiono di offese è già dura arrivare a fine mese" dalla parte delle forze dell'ordine insultate a priori

"Come se": ballad al pianoforte dove piace la varietà della ritmica, ma che non colpisce più di tanto nel complesso: "cosa non farei per ricominciare cosa non darei per vederti ridere come se fosse un ipotesi come se potessi scegliere"

"L'orologio": con Diego Mancino, come già nel precedente album, è un brano dall' incedere zompettante, funky, coi fiati e le chitarre elettriche a intrecciarsi mirabilmente "mio padre aveva un suo equilibrio un tipo magro di una certa età"

"Bio - Boogie": con Funky Pusherz, incontro Roma-Napoli riuscitissimo, funkettone godibile a disquisire sulla veridicità dei prodotti biologici "chisto non lo saccio se è bio ma sicuro che è mio"

"Tuttosport": divertissemant notturno e televisivo a tempo di valzer: "a Siena c'è la luna piena ma non si va a cena fino a quando il palio comincerà, per questo io rimango qua per poterti dire chi vincerà"

"Spengo la luce": ancora con Roberto Dellera, "tango notturno", "e intanto il tempo si dilata" con scorci psichedelici "cercando di prendere sonno"

"Alla fine": nuovamente con Diodato, "non era vero che era finito ho preso al volo il tuo rifiuto" sospesa ed etera, che cresce intensa per sparire lentamente

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