Spartiti - Austerità


"Austerità" è il primo parto "ufficiale" targato "Spartiti" ed è il compimento di un percorso che Jukka Reverberi  e Max Collini portano avanti da quasi dieci anni in maniera decisamente estemporanea... ma che finalmente ha trovato fissa dimora nei nove brani che compongono l'album, che di nome e di fatto è austero, nel senso che si lavora per sottrazione, non ci sono eccessi, ma una misura felicemente trovata tra musica e parole che non ha di certo bisogno d sovrastrutture. Pochi elementi ma messi a fuoco in maniera centrata, sempre. Dove fra ripetizioni di frasi, passaggi sonori, veri e propri loop, si innestano minime variazioni confacenti allo svolgimento che le storie narrate sposano a meraviglia, per regalarci "analogie e differenze" più che vere e proprie "affinità" perché la lucidità oggi appare letale con quello che eravamo ma il disincanto non ammanta, perisce piuttosto, sotto i colpi di una ingenuità ritrovata, nel guardarsi indietro guardando al presente per guardare a un futuro dove "Io non ce la faccio... oppure NO"

"Io non ce la faccio": "Ho finito, nel breve volgere di sette lustri, l’energia vitale che mi è stata concessa. Sono scarico. Sembro vivo, ma sono morto. Oppure no" dall'incipit di “Bassotuba non c’è” di Paolo Nori, musicalmente spoglia, sospesa, minacciosa, carica di tensione, con lievi scorci noise sul finale.

"Austerità": "Quel giorno lei aveva venticinque anni. Pesava trentotto chili. Pianse per tutta la strada fino a casa". La crisi del '73, oggi come ieri, tra stupore e rassegnazione, sempre con fierezza, è il primo singolo estratto, ha persino un ritornello, non nel senso di cantato, ma di "refrain", la sezione ritmica scandisce il tempo mentre le chitarre si fanno evocative e struggenti.

"Babbo Natale": "Come se, nel dirgli che Babbo Natale non esisteva, suo padre volesse anche iniziarlo al Materialismo Storico" dal libro di Simone Lenzi dei Virginiana Miller, "Mali Minori" ma è un testo che sembra scritto dal miglior Collini, ha una ritmica morbida e avvolgente che cresce quasi sotto traccia, mentre alla chitarra spetta il compito di creare il pathos narrativo adeguato, decisamente "agrodolce", uno degli episodi migliori dell'album

"Sendero Luminoso": "Qualche ora dopo incontrammo un dirigente della Federazione reggiana, che stava leggendo con grande attenzione quanto sopra. Con fare saputo commentò: Ah, ma li conosco questi, sono Veneti…". Il documento “Dagli Appennini alle Ande”  redatto nel 1986 dai compagni Arturo Bertoldi e Max Collini" una delle più varie e godibili musicalmente e più vicine al repertorio degli Offlaga Disco Pax anche per l'ironia, colorati qui di post rock e accenti noise.

"Vera": "Sto per fidanzarmi con la più bella dello scientifico e mi devo prestare a questi giochetti da quattordicenne andreottiana?" Minimale, con pochi elementi messi in loop, che si mantiene così per tutti i suoi dodici minuti, con Collini che racconta una surreale storia del movimento studentesco dell'85, giustamente non passato alla storia, è il brano da cui è partito il progetto "Spartiti":  "Molti anni dopo questi eventi ho visto il film Paz su Andrea Pazienza e i suoi personaggi. Zanardi, in quel giorno del 1986, mi faceva una sega".

"Bagliore": "Quando la andai a trovare dopo la vacanza era già una di quelle cose che hanno senso solo nell'attimo in cui accadono", il destino, in una chitarra struggente e in poche parole che tagliano a fette malinconia e tristezza col solito tocco ironico di classe.

"Banca locale": "La storia siamo noi. Quasi nessuno si senta escluso", pianoforte che procede a strappi e De Gregori preso a pretesto per dire altro sul finale, riavvolgendo il passato per ritrovarsi nel futuro con lucidità disarmante: "La solita menata che se sei piccolo non competi, infatti a Siena si è visto" altro apice dell'album.

"Nuova Betlemme": "Impressionato oltremisura dallo studio approfondito di quella parte della Bibbia, in perfetto incognito organizzò un cenacolo privato ispirato all’Apocalisse secondo lui prossima ventura e reclutando - in questo originale precursore anche rispetto ai giorni nostri - i suoi dodici apostoli nientemeno che tra le suore segretamente a lui devote" ci piace pensare che Collini raccontando questa vicenda voglia anche dire altro e accostarla a un certo personaggio, ma siamo sul campo delle ipotesi... quello che possiamo dire con certezza è di un mood trasognante e a tratti psichedelico, come di estasi non pervenuta.

"Ti aspetto": "Ti ho amato più di quanto abbia mai amato chiunque, ti ho amato più di tutto. Ho amato un uomo che non esiste. L’altro che tutti aspettiamo da sempre e che non può arrivare" tratto dal romanzo “Stanza 411” di Simona Vinci su delicati ed evocativi arpeggi di chitarra acustica, che confonde l'illusione con la realtà che si fa largo lentamente.

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