Tre Allegri Ragazzi Morti - Inumani



Dal punk grunge degli esordi alle ritmiche in levare degli ultimi lavori, senza dimenticare un the best in versione swing, i "Tre Allegri Ragazzi Morti" con questo "Inumani", rilasciano per certi versi il loro disco più pop... ed è una mezza delusione, (nonostante i tanti ospiti e le tante collaborazioni, Jovanotti, Adriano Viterbini, Le luci della centrale elettrica). Vista la loro produzione si intende. Non tanto musicalmente, dove si respira quanto meno un corpus vario e il sound è più ricco e maggiormente d'impatto rispetto al passato, quanto nei testi,  dove sembra mancare la visceralità, la forza evocativa di frasi taglienti e lucide, tipica dello stile dei nostri, al punto che il titolo stesso dell'album "Inumani" non si capisce neanche a cosa sia riferito, a Milano? Che cantano con Jovanotti nel primo singolo estratto "In questa grande città (la prima cumbia)":  dove: "di giorno si lavora di notte ci si consola", ripetitiva e senza sbocchi o a quelli "Persi nel telefono": "prima erano in cinque a scrivere canzoni che cantavan tutti, adesso tutti quanti scrivono canzoni che qualcuno canterà" una  cantilena pop, con Jovanotti ai cori nello special finale, che ha un testo che sfiora il qualunquismo ed è assolutamente senza mordente: "non è come dici conosco le radici del mio divertimento". Altro anelito sociale irrisolto è contenuto in "L'attacco":"per quanto morta sia la nostra civiltà avremo ancora cose da difendere" incalzante dal sound anni '80, per il racconto di un sogno, da restare "senza parole" ma decisamente troppo didascalica nelle sue dinamiche. La migliore è senza dubbio "E invece niente": "parlavo troppo svelto, pensavo troppo svelto, credevo di sapere molte cose e invece niente" ritmiche in levare e inserti strumentali interessanti, per una traccia fresca e piacevole nel suo dipanarsi scritta da Maria Antonietta. Se si parla d'amore invece andiamo su "C'era una volta ed era bella": "mi sono rotto un braccio tenendoti la mano il cuore è accordato ma la testa non va" solare, orecchiabile, dal testo forse sin troppo surreale "entra nel frigo ti parlo di me" e "I miei occhi brillano": uno ska punk, dal piglio popolare: "addio addio amore mio non ho mai visto gambe così belle in tutta la mia vita". "Disponibile": "io sono disponibile, bella come mi ricordi, sei tu che devi decidere" la traccia che chiude l'album è una sorta di mantra con virate funky, con troppe rime nel testo scritto da Piero Alosi del Pan del Diavolo, mentre "La più forte": "parli coi cani e trovi sempre le giuste parole" un rock blues col basso predominante e le chitarre a tessere. Peccato per un ritornello troppo schematico e ripetitivo. "Libera": "e mi chiedo come possa il vento reggere il peso delle promesse che ci facciamo" intensa e sinuosa è una delle tracce più convincenti dell'intero lavoro scritta da Vasco Brondi. "Ruggero": "ma poi si guarda le mani è ancora forte, del mondo immaginato che cosa resterà" è una ballad dal mood nostalgico con le chitarre elettriche che entrano prepotenti nel ritornello che fa il paio con "Ad un passo dalla luna":"è questa la mia fortuna che sono nato qua a un passo dalla luna e prenderla quando mi va" un' auto citazione de "La mia vita senza te" nella melodia, che si dipana in una ballad sospesa e avvolgente, con scorci psichedelici; per un disco alla fine di transizione, che ha qualche buona canzone, ci mancherebbe, ma che alla resa dei conti non coinvolge più di tanto, "non prende", come i Tarm ci avevano abituato. 

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