Dopo aver diretto "I Soliti Idioti", Enrico Lando porta sul grande schermo il personaggio di "Herbert Ballerina" (Luigi Luciano) stavolta come protagonista assoluto, con Maccio Capotonda che si ritaglia un piccolo ruolo di contorno. Un pò Occhio Pinocchio di Francesco Nuti nella parte iniziale "Quel bravo ragazzo" vive di "equivoci e doppi sensi" alla Johnny Stecchino di Roberto Benigni, per quasi tutta la sua durata, non solo per la tematica "mafiosa" ma proprio per come sono costruite le gag che lanciano l'amo in una prima parte per vedere il risvolto nella seconda, niente di nuovo, dunque, ma fatto bene, come si deve, senza guardare troppo a una sceneggiatura "facile facile", il risultato è decisamente piacevole, si ride e ci si diverte ed è questo quello che conta per un prodotto del genere. Oltre alla prova dell'Herbert solista che dimostra di poter reggere da solo una pellicola costruita interamente sul suo candore, nei panni di Leone, figlio ritrovato di un boss mafioso, che si vede costretto a lasciare il suo mondo per sostituirlo. Almeno due scene cult da segnalare: il pranzo coi boss dove il nostro racconta truculenti incontri non solo sessuali con Sofia Loren, Bridgitte Bardot, Monica Bellucci, che per lui sono semplicemente i nomi delle pizze che è solito mangiare e il lancio di "I Pizzo" in pieno stile Steve Jobs, ovvero il mondo social spiegato ai mafiosi, da sbellicarsi. Quel bravo ragazzo può inoltre contare sugli zii Vito e Salvo, ovvero Lo Verso e Sperandeo, che si lanciano in deliranti dialoghi in primis sulla giusta alimentazione.
"- Ho i piacere di presentarvi un gruppo evergreen ledis e genti: I sempre verdi"
"- Siamo uguali che bello, siamo entrambi orfani, credenti e tutti e due chierichetti, ah no tu dai una mano in parrocchia e come ti chiami? - Sonia - Peccato... io no"
"- I bambini sono come noi solo un pò più bassi"
" - Se non mi metti mi piaci a mia io ti sparo"
"- Avvocato si cailmasse siamo a 70 mila followers - Sono un botto, il pool antimafia ne ha 300"
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