Hippie Dixit - Amerigo Verardi


"Hippie Dixit" segna il ritorno di "Amerigo Verardi" tra suoni di terra, di viaggio, estatici, spirituali, ma decisamente palpabili. E' un album coraggioso, dove il nostro fa fuori per lunghi tratti la forma canzone e si immerge nelle derive psichedeliche che lo hanno da sempre contraddistinto, alcune volte forse calcando sin troppo la mano, ma paradossalmente non ci sarebbe dispiaciuto se il nostro in determinati episodi avesse tra virgolette esagerato, apportando in tal modo qualche variazione, a una struttura che in certi frangenti risulta un pò statica. Poco male "Hippie Dixit" è già così un disco non per tutti e richiede innumerevoli ascolti per essere quanto meno percepito, ma ne vale la pena sicuramente.  
"L'uomo di Tangeri": in un mood desertico e diradato, "da duello western", suite a tinte psichedeliche con la chitarra protagonista: "A piedi nudi tra la folla e nella merda fino al collo, un povero diavolo barcolla e dice “adesso vendi cara la tua pelle” all’uomo di Tangeri
"Terre promesse": "è come un gioco in cui l’apparenza ha bisogno di te" piglio cantautorale, voci angeliche, variazioni blues, percussioni tribali e non solo... "dov'eri quando avevo bisogno di te?" 
"Pietre al collo": "Hai bucato le mie gomme per non perdere terreno, hai confuso le parole per non essermi da meno" ballad acustica intensa e suggestiva con un ottimo arrangiamento
"Due Sicilie": "Non te lo dicono a scuola qual è il prezzo pagato, meglio dimenticarlo, di chi è il sangue versato per l’Unità. Quanto è costata l’Unità scrivetelo sui libri di storia" con una ritmica "primitiva" che entra ed esce, senza dimenticare la melodia e un solo di chitarra da applausi
"Cisternino Bhole Baba Dhuni": mood sospeso "di meraviglia" in cui è piacevole essere letteralmente "cullati", con accenni blues e una sorta di mantra nella parte finale: "non sentirai lo stacco fra il viaggio di notte  e lo scemo senza più denti in bocca"
"A piedi nudi": strumentale per chitarra acustica "libera" sotto lo scroscio del mare
"Brindisi (ai terminali della Via Appia): "Cin cin, alla tua salute, alla famiglia, al lavoro, cin cin, bollicine, un calice e una fetta di cancro, cin cin, alla tua salute, alla famiglia, al futuro, prendevo medicine brindavo così", il primo singolo estratto,  ha un testo che non si dimentica, di amore e dolore per la propria città che non deve passare inosservato per musica che perfettamente si adegua producendo il perfetto contrasto con le parole.
"Viaggi di Paolo": strumentale, tribale e sub urbano al tempo stesso, come "un ritorno alle radici"... come "le cose migliori da ritrovare" che fa il paio inevitabilmente con l'approdo, "decisamente a tema" ovvero "Korinthos": altro strumentale, dove la tensione si spezza e trova posto sul finale anche un pezzo del Nuovo Testamento
"Chiarezza": "Passare per puttane è un po’ come fiorire attraversando il Sahara, passando per la gogna e il tunnel dell’orrore, per vergognarsi di cosa, poi? Evocativo, procede quasi a rilento, per distendersi nell'azzeccato ritornello "Con La voce di Ilenia Protino e la chitarra di Andrea D’Accico "tra gente stanca che non trova più le parole"
"Verità": "Come mai più cerchi verità  e più hai paura di restare solo  e di non ritrovarti più?  Folk ballad con tanto di armonica nella strofa e un ritornello delizioso cantato in dialetto con inserti languidi di chitarra per uno dei testi più ispirati dell'album: Come ci stai ad essere preso per ciò che non sei?    
"Innocenza": "ma sono cose che non valgono la metà di lei  che nel cuore sa come si fa a trasformare il vuoto in innocenza" folk con venature country con finta spensieratezza
"Le cose non girano più": "e il fiume che mi separa da te sarà pure un miraggio ma sentilo, sentilo come piange"  notturna, intima, blues nell'anima con In coda, un frammento di Paola Petrosillo e Isabella Benone, una registrazione “pirata” di una loro esibizione sulle rive del litorale salentino.   
"A me non basta": "A me non basta sentire ciò che voglio sentir dire sapere d'aver sbagliato. Dove ho sbagliato? Per Testo e musica di Alessandro Tommaselli è una sorta di reading mantra, carico di pathos, costruito opportunamente su tali dinamiche di continuo crescendo, bellissima.

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