“Avete mai l'impressione che i vostri sogni cerchino di dirci
qualcosa? Tutti sogniamo e quando sogniamo pensiamo che i nostri sogni
appartengano solo a noi. E se ci sbagliassimo? Se i nostri sogni fossero come
tessere di un grande mosaico che stiamo sognando tutti assieme? E se una
persona avesse la capacità di uscire dal proprio sogno ed entrare in quello
degli altri?”
Quella che doveva essere la serie rivelazione della stagione
appena passata della USA Network, presentata come un “Inception” televisivo, si
è dimostrata alla fine una serie caotica e priva di pathos. “Falling Water”
mette a paragone realtà e sogno, in una linea talmente sottile che non si capisce
assolutamente quando comincia uno e quando finisce l'altro, se finisce. In
“Falling Water” infatti sembra tutto finto, ma forse accade tutto realmente,
incasinando una trama che già di base risulta incomprensibile e che attira
poco, malgrado un Pilot ingombrante e d'impatto, ma a lungo andare noioso e
assolutamente inconcludente.
Sembrerebbe tra l'altro che la serie non avrà un
seguito, perché se da un lato bisogna dare il giusto plauso alla USA Network
che finalmente sta preferendo serie più mature ai procedurali a cui ci aveva
abituati fino a qualche anno fa, dobbiamo pure dire che una serie psicologica,
che entra a tutti gli effetti nella mente dell'uomo bisogna saperla fare. La
mente umana si sa è un laborioso organo impossibile da decifrare ed è ciò che
la serie vuole farci capire con questi incroci tra i tre protagonisti, che come
più o meno avviene in “Sense8” della Netflix, sono in qualche modo collegati
tra loro, ma il collegamento non è facile da decifrare.
“Falling Water” per
tutti questi motivi risulta una serie troppo matematica e fredda per poter
incidere positivamente sul giudizio della “massa”, risultando a tutti gli
effetti una serie di nicchia per menti più “evolute”, che si mettono lì a
cercarne di capire i meccanismi di una trama per nulla adrenalinica,
conseguenza del fatto che è stata sbagliata anche la scelta dei tre
protagonisti, che si rivelano meno interessanti dei rispettivi
personaggi secondari. Come dicevamo la serie ruota tutta intorno alle figure di
questi tre individui, due uomini e una donna: Burton (David Ajala), Tess
(Lizzie Brocheré) e Take (Will Yun Lee), che si ritroveranno, loro malgrado,
intrecciati nei loro rispettivi sogni, che poi tanto sogni non sono, per
risolvere un loro importante problema, legato a qualcosa che sembra sia
successo, ma che tutti hanno dimenticato.
Nel frattempo gente intorno a loro
sparisce, si uccide, case esplodono, senza capirne effettivamente il motivo.
Dicevamo che proprio i tre protagonisti risultano parecchio insulsi, non solo
dal punto di vista recitativo, ma in realtà proprio i personaggi sono
stereotipi prevedibili e banali: l'uomo di colore in carriera, l'asiatico
poliziotto e la ragazza dagli occhioni tristi in cerca di un figlio che non
ricorda di aver partorito. Troppi dialoghi e pochissima azione fanno di “Falling Water” una delusione sotto ogni punto di
vista. Peccato, perché Henry Bromell e Blake Masters avevano per le mani
un'idea molto interessante sprecata probabilmente per voler mirare più alla
critica che al pubblico, alla fine senza interessare né gli uni né gli altri.
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