"Apriti cielo" è il nuovo album di "Mannarino" che sforna un lavoro ancor più essenziale e diretto, scevro di orpelli ma di particolari deliziosi sia dal punto di vista strumentale che testuale. Radici, terra, orgoglio e tradizione, ma anche denuncia, storia, fiaba, magia... sono alcune delle parole che ci vengono in mente per cercare di farvi immergere nelle atmosfere dove sono sospese queste nove canzoni, in uno spazio "da proteggere" e che "si apre senza paura" agli altri "senza pregiudizi e tesserine" dove l'amarezza di fondo diventa vitalità irreversibile:
"Roma": decisamente evocativa "serve la bandiera per fa la guera" con ritmiche in levare e la slide guitar che fa il suo "voglio brindà con la cicuta a sta città che resta muta"
"Apriti Cielo": la titletrack e primo singolo estratto prosegue sulle ritmiche in levare, una tromba opportunamente lontana, immersa in atmosfere word, costruita sull'accumulo di pathos con un testo intenso sul dramma migranti e l'ottusità razzista della gente, con un ritornello che inanella una rima facile dopo l'altra eppure colpisce nel segno: "apriti cielo sulla frontiera sulla rotta nera una vita intera apriti cielo per chi non ha bandiera per chi non ha preghiera per chi cammina dondolando nella sera"
"Arca Di Noè": il secondo singolo estratto, non si discosta dal sound apprezzato precedentemente e neanche dal tema cantato in "Apriti cielo", ricco di elementi etnici, con le percussioni in evidenza "il mondo è un arca di Noè che va perduta alla deriva ma se sei qui con me è una galassia estiva"
"Vivo": "era una galera molto grande ma si usciva per ballar" viene accentuato l'aspetto tribale in questa sorta di danza popolare
"Gandhi": "tutti in fila dal droghiere per aver la tesserina" ironico e divertente mantra blues minimal: "schivavamo fucilate canticchiando un motivetto per l'estate"
"Babalù": "La volevano ammazzare tutti gli abitanti della città però adesso che non c'è più non fanno che parlare bene di Babalù" mood latino, da festa, ricco di fiati, per una trascinante sorta di "sigla di cartone animato" a narrare "l'ipocrisia dei rimasti"
"Le Rane": "hai detto me ne vado per la mia avventura, ma dove sei arrivato c'è solo spazzatura" folk ballad cantilenante morbida e suggestiva "divertiti a morire ma non ci rimanere"
"La Frontiera": "e venne un tempo che questo paese fu di un solo colore" altra folk ballad, dal piglio solenne, carica di "tensione narrativa" ben resa dalle parti strumentali: "noi invece eravamo appena venuti, appena rinati"
"Un’Estate": "e il vento ci portava nel profumo di una vita vera di sudore riusciremo a vivere cantavamo senza paura" è una sorta di "Summer on a solitary beach" popolare e bellissima con un violino struggente nella seconda parte, l'album non poteva chiudersi in maniera migliore "persi dentro al mondo in un'estate lontana quella voglia di morire, sprofondare in un albergo ad ore senza neanche dirci che era amore"
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