Solitamente non ci occupiamo di serie
televisive italiane, ma è stata presentata in pompa magna non solo
con pubblicità martellante, ma anche al Festival di Sanremo, dove le
tre protagoniste, Diana Del Bufalo, Alessandra Mastronardi e Giusy
Buscemi, ospiti sul palco dell'Ariston, ci hanno convinti a darle una
chance. Ieri sera è andata in onda la prima delle due puntate di
“C'era una volta Studio Uno”, sorprendentemente recitata molto
bene. Prima ancora di questa abbiamo dato più di un'occhiata
all'interessante “I Bastardi di Pizzofalcone” che ha dato
vitalità ad un settore eccessivamente logoro e sfruttato, quello del
poliziesco: tra Commissari, Ispettori e vari ed eventuali siamo
sommersi da queste figure non solo nella televisione italiana, ma un
po' ovunque. Eppure “I Bastardi di Pizzofalcone”, grazie anche al
soggetto originale scritto da Maurizio De Giovanni, con la sua serie
di romanzi molto famosi, ha regalato sei prime serate con dati di
ascolto notevoli, portandoci un prodotto qui e là poco originale, ma
di certo migliorabile, soprattutto grazie alla caratterizzazione dei
personaggi principali, recitati egregiamente da, tra gli altri:
Alessandro Gassman, Carolina Crescentini, Antonio Folletto e Tosca
D'Aquino.
Raccontandoci la storia di un Commissariato di Polizia,
quello di Pizzofalcone, che è completamente allo sbando, nel quale
quattro agenti implicati in traffico di droga sono stati allontanati
e verranno rimpiazzati dagli “scarti” di uffici limitrofi. Ma
tornando a “C'era una volta Studio Uno”, è bello rivivere i
primi anni '60, specialmente per chi quegli anni d'oro non li ha
vissuti, in un bianco e nero con una Mina protagonista assoluta di
uno show, alla quale di volta in volta le si affiancavano partner
maschili come Totò, Marcello Mastroianni, Nino Manfredi, Vittorio De
Sica. Bello rivedere quello che accadeva nei dietro le quinte di
allora che poi in fin dei conti è un pò quello che succede ancora
oggi, con raccomandati che fanno le scarpe a gente decisamente più
preparata e subrettine che cercano di mettersi in luce con metodi
poco ortodossi. Interessante anche l'ultima stagione di “Che Dio ci
Aiuti”, che dopo 4 anni riesce ancora a mietere successo e ad
attirare l'attenzione con una storia niente male.
E' brutto però che
ci si stupisca quando un prodotto italiano è recitato bene, questo perchè ci
hanno abituati nella maggior parte dei casi a serie tv che fanno
veramente piangere dal punto di vista registico ed interpretativo,
tanto per fare un esempio nelle ultime settimane Canale 5 ci ha
proposto un ritorno di “Il Bello delle Donne” che ha
completamente distrutto il ricordo tutto sommato positivo che avevamo
della serie originale andata in onda tra il 2001 ed il 2003. Infatti
l'11% di share ha fatto capire che forse non era il caso di
riproporre una serie con attori quasi completamente diversi e anche
poco espressivi, con una trama a dir poco agghiacciante. La cosa che abbiamo notato però è che la
Rai ci sta provando a fare qualcosa di nuovo e diverso negli ultimi
tempi, da “I Medici”, prima produzione internazionale Rai, in
poi, si nota il passaggio di registro che finalmente la Rai sta
provando ad attuare. Certo, siamo ben lontani da ciò che fanno Stati
Uniti, Canada e Inghilterra in primis. Ancora c'è da
lavorare nell'ambito della prevedibilità e banalità delle trame che
legano un po' tutte le fiction italiane, però ci si sta iniziando a
provare.
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