Un itinerario attraverso
una delle figure femminili più influenti del Messico e del
Sudamerica. Come Frida Khalo, Chavela Vargas è sta icona degli anni
'50, '60, personalità forte, controversa, gay dichiarata, fonte di
ispirazione per i film di Almodóvar.
In questo “Mondo raro” Dimartino e Fabrizio Cammarata, da
Palermo vogliono
omaggiare l'artista partendo alla volta di Città del Messico, a
ricercare le strade della “rude
voce della tenerezza”, a suonare con i suoi Macorinos, ex musicisti
di Chavela.
Due voci maschili che riescono a creare quella dolcezza che pervade
il disco, forse sono anche più sensibili e sensuali della Vargas e
per questo ci ammaliano, stupiscono. Il disco (Picicca
Dischi / Believe
Digital)
esce
in contemporanea assieme al libro scritto a quattro mani dai due
artisti “La Nave di Teseo - Vita
e incanto di Chavela Vargas”
(Le
Onde). Godetevi il viaggio, il Messico, la poesia, la forza delle
parole e la loro bellezza anche nel nostro italiano. Un lavoro alla fin fine musicalmente "povero", naturale, grezzo, ma semplicemente bello. E l'amore vince
e non importa che colore abbia, non importa chi si ama, deve vincere.
“Non tornerò”, no volveré,
minimal, di chitarre e fiati lontane, chissà da quali strade del
Messico, chissà quali aneliti di vento portano il suono che allieta
le sieste sotto i sombreri... e le flebili voci dei nostri: “Io non
tornerò, non smetterò, fin che avrò soffocato il ricordo, annegato
in un fiume di pianto che ho creato soffrendo per te”...
“Macorina”: 6 corde
sensuali e trascinanti, qualche tromba che si insinua, voci più
“liriche” per un amore troppo forte per tacere, lei che guarda i
suoi fianchi, i suoi movimenti da femmina felina: “... e mille
canne da zucchero ti accoglievano arrese come se tu fossi una Dea,
che sangue dolce pretese...”
“Un mondo raro”, gli
arpeggi raccontano: “A chi ti parla di amor e di illusioni, chi ti
offre il sole e il cielo intero non parlargli di me, non dire il mio
nome, sentiresti la voce dell'amore vero” ed è un segreto da non
svelare; erano anni duri, un mundo raro che “non sa cos'è il
dolor”... o forse sì... finale con una “voce familiare”.
“Le cose semplici”:
intro struggente del piano, commovente, è impossibile trattenere le
lacrime e Cammarata è così profondo tra i violini: “Uno si separa
insensibilmente da piccole cose, come foglie morte che in tempo
d'autunno cadono da un ramo, che in fondo la tristezza è la morte
lenta delle cose semplici...” che poesia incredibile, è come se a
parlare sia direttamente il cuore, un cuore spaccato in due ma che
“ritorna sempre”...
“Non son di qui, non
son di là”: qui c'è tutta Chavela Vargas: “Felicità è il mio
color d'identità, mi piace abbandonarmi qui sulla sabbia, o in
bicicletta ad inseguire Manuela e tutto il tempo per vedere le stelle
in mezzo al grano con Mariù” dopo partono gli assoli dei fiati
tiratissimi, dell'origine mariachi. Ed è facile rivedere quel poncho
rosso...
“Croce di addio”: “Un
giorno capirai che l'ho fatto per te, solo per te. La barca in cui
andrò via ha una croce di addio...” ci piace immaginare che sia
Frida a donare questo brano a Chavela e insieme vanno via su quella
barca di violini e chitarre stanche con i suoi musicisti che la
ricordano, in uno scambio di emozioni e ricordi.
“Verde luna”:
percussioni grezze e sinuose, quasi una rumba, magia: “Verso la
nera spiaggia del piacer, cercando lo smeraldo di un amor che il
verde rosso è...”, immagini impresse di civiltà antica, che
conserva ancora in parte la sua bellezza.
“Le ombre”: chitarre
sudamericane, dita giocose sul manico: “Quando te ne andrai mi
avvolgeranno le ombre, quando te ne andrai, il mio dolore è solo”,
brano e testo ancora una volta molto intimo, dove le voci di Dimartino e Cammarata sanno aspettarsi, scambiarsi sguardi, respirare,
prender fiato...
“Andiamo via”: è il
brano più ricco strumentalmente, più mariachi, con dei bei fiati
sullo sfondo: “E andiamo via dove non c'è giudizio, dove nessuno
dice che facciamo del male. Andiamo via lontani dal mondo, dove non
c'è giustizia, né legge, né niente, nient'altro che noi...”
“Pensami”: l'intensa
“Piensa
en mí”,
la “grazia divina”, “la bocca immatura”, gli arpeggi sono
lacrime: “Pensami quando soffri, anche quando piangi pensami...
quando vuoi puoi rubarmi la vita, non la voglio per niente, a niente
mi serve senza te”, un inno a far vincere l'amore. Sempre.
Commenti
Posta un commento