“Parlo troppo per caso? Le persone me lo dicono spesso.
Preferirebbe se non parlassi? Se è così smetterò. Riesco a smettere se mi
convinco di doverlo fare, anche se è difficile a volte...”
Le generazioni nate negli anni '70 e '80 sanno perfettamente
che quando ci si metteva a vedere un cartone animato con protagonista una
bambina, quasi sempre c'era dietro un passato catastrofico fatto di
orfanotrofi, sporcizia, cattiveria, bullismo e sfiga sotto ogni punto di vista,
da “Candy Candy” a “Lovely Sarah”, passando per “Heidi” o “Anna dai Capelli
Rossi”, ma l'elenco sarebbe decisamente più lungo. Ma è proprio quest'ultima la
protagonista della nuova serie Netflix “Anne”, che in italiano si trasforma in
“Chiamatemi Anna” (non si capisce bene perché) per la Netflix in collaborazione
con la canadese CBC.
Sette episodi, il cui primo doppio, di circa 45 minuti
ciascuno che raccontano la tragica vita di una ragazzina tredicenne sognatrice
e logorroica che dopo i primi minuti verrebbe voglia al telespettatore stesso
di spingerla giù dalla carrozza e farla finita seduta stante. Ma non accade e
la storia prosegue, anzi in realtà dobbiamo dire che la narrazione inizia e parte
da una sigla bellissima e da una storia tristissima. Parte dalla piccola Anna
che con continui flash-back ci porta alla scoperta di un passato assolutamente
straziante, tra violenze e lerciume, in case fatiscenti con “genitori” che
usavano i figli adottati come servi. Ora invece, all'età di tredici anni, Anna
riesce nuovamente a farsi adottare, stavolta sembra la volta buona, ma appena
arriva nella nuova casa scopre che i suoi nuovi affidatari, che sono un
fratello e una sorella anziani che hanno sempre vissuto assieme, volevano un
maschio, per aiutarli con i lavori più pesanti, nelle stalle a spalare merda e
paglia.
Ma Anna si farà apprezzare per la ragazzina vispa che è, si fa amare,
odiare, crea parecchi problemi, inizia la scuola ed anche lì viene emarginata e
bullizzata, ma alla fine è sempre meglio di ciò che c'era prima e pur piangendo
e comportandosi come tutte le bimbe del mondo, o almeno di quelle bimbe delle
vecchie generazioni, perché oggi a tredici anni sono decisamente più
“emancipate”, dicevamo, pur comportandosi come una bambina qualunque, Anna ha
una forza dentro invidiabile e cercherà di farcela, di mettercela tutta, di
sforzarsi di cambiare, restando però la tipa pasticciona e chiacchierona dei
primi fotogrammi.
Il cast non è male e la ragazzina scelta per interpretare
Anna Shirley, Amybeth McNulty, alla quale poi si aggiungerà il nuovo cognome
Cuthbert, non è solo una discreta interprete, ma è proprio perfetta per la
parte affidatale. Nel cast anche: i nuovi genitori di Anna, la glaciale Marilla
(Geraldine James) e l'affettuoso Matthew (R.H. Thomson), Gilbert Blythe (Lucas
Jade Zumann), l'unico che non la prende in giro a scuola e Diana Barry (Dalila
Bela), la sua unica amica. “Anne” è un drama ideato da Moira Walley-Beckett,
fatto bene, che racconta una storia lineare e che conosciamo alla perfezione,
anche perché chi non ha letto il romanzo di Lucy Maud Montgomery del 1908 avrà
visto sicuramente il cartone animato del 1979 o viceversa o addirittura, con
coraggio, entrambi, ma “Anne” è fondamentalmente una serie che si lascia
seguire con piacere, drammatica al punto giusto, senza guizzi o accenti per la
quale, ma che comunque racconta una storia per certi aspetti ancora purtroppo
molto attuale.
Personaggi e doppiatori:
Anna Shirley (Sara Labidi)
Matthew (Luigi La Monica)
Gilbert (Federico Campaiola)
Diana (Lucrezia Marricchi)
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