Monica Shannon - Ali


Monica Shannon approda al suo “Ali” con 9 tracce ricordando il disco precedente e la sua data di nascita. Un pallino che si porta anche qui per spaziale con “ali” di “farfalla” tra l'amore e il non perdere mai la speranza. Lottare, sempre, che alla fine c'è una via di uscita è il trait d'union che lega le tematiche dei testi, scritti e cantanti in inglese, tranne l'ultima canzone scritta dal suo produttore Stefano Pulga (2bgood Studio). Monica ha una voce abbastanza pulita per cantare un pop con venature rock e jazz. “Ali” è molto variegato, la Shannon pare però si trovi più a suo agio con i pezzi dal gusto ambient, dalle sonorità celtiche. Lei che l'Irlanda l'ha vissuta e la sente dovrebbe maggiormente intraprendere questo percorso sonoro. I testi non sono molto forti e qualche suono risulta un po' “antico”; il rischio è che, musicalmente, tenda a disorientare l'ascoltatore.


“The Answer”: la risposta è un pop ambient, una chitarra arpeggiata molto aperta. I suoni ricalcano questa atmosfera “sospesa”, che non sempre paga. Assolone finale old school...

“Make Me Real”: pop-rock e voce più sensuale per una batteria grintosa e un'elettrica frenetica in palm mute che s'apre nel chorus e riffeggia... l'amore vince su tutto ma quello che piace constatare sono le “attese”, brano musicalmente molto allungato.

“Boundless Space”: un piano ipnotico prende per mano un pezzo dal respiro internazionale, con qualche incursione campionata per un altro amore che si sta perdendo. Ma anche qui Monica ritrova speranza e coraggio...

“Forbidden Colours”: le note del pianoforte di Fabio Zacco e l'ancestralità che piace a Monica Shannon in questa cover di Ryuichi Sakamoto è palese. Ma resa più jazzata. Poi nella seconda parte entrano in scena dei violini nervosi...

“Not so Far From Love”: ritmica pop, qualche riff volto a non appiattire ed un testo che potrebbe essere il continuo di “Boundless Space”, si può guardare avanti verso un nuovo amore. Brano debole rispetto ai precedenti, anche a livello melodico.

“Light”: l'amore per la cultura celtica della nostra qui si rivela... e si intravede di nuovo la “luce”. Melodia sospesa grazie ai synth, verso nuove terre, nuovi mondi, nuovi linguaggi... solo la chitarra risveglia da questo “sogno”...

“Butterflies in the Garden”: arpeggi e un orologio in sottofondo a scandire il tempo, di stagioni passate e del desiderio di vedere le farfalle in giardino. Di volare, di sperare... una certa aurea celtica c'è anche in questo brano grazie ai violini...

“Something You Should Know”: i fiati nell'intro in stile anni '80 primi '90 rendono il pezzo stantio ma la batteria ed il piano cercano di riequilibrarlo. Piacevoli le aperture e le sfumature jazz.


“L’Isola delle Fate” è del produttore Stefano Pulga. Ancora una volta un'introduzione leggermente ambient. Si vira in un finale in italiano, una scelta. E' una semplice ballad fiabesca e ciò si constata dalla voce. Però i periodi melodici non convincono, sembrano un po' datati.

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