“Allenamento
al buonumore” non ha valso solo una nomination alle Targhe Tenco,
ma un'ottima conferma di quanto valida e talentuosa sia Agnese Valle.
Un percorso da musicista soprattutto, che l'ha portata a vincere
importanti festival facendo “innamorare” musici ed artisti di
razza, godendo anche, con questo lavoro, della
distribuzione curata dalla OrangeHomeRecords del
produttore Raffaele Abbate. Il suo “inno al sorriso”, come
ama definirlo, in realtà è un viaggio intimo dentro se stessa,
mantenendo il controllo anche nelle situazioni più difficili, nelle
paure di giovane donna qual è, nelle scelte, nello sguardo attento a ciò che la circonda. Una “rossa” che non si ferma davanti a
nulla, che riesce a domare le impertinenze dei suoi ricci con un
colpo di clarinetto e alcuni brani (L'Altra Metà, Allenamento al
buonumore, Quella col vestito bianco, Non addormentarti), in cui le
particolarità sonore, la ricerca curiosa, fanno più che bene al
disco. La prima parte invece, ha dei limiti dovuti ad un sound più
pop ma su cui si adagiano i fiumi di parole della cantautrice romana
sempre vigile ed attenta a dosarle. Nel complesso “Allenamento al
buonumore” è un bel disco, fresco, giovane, tanto quanto riflessivo
e coraggioso, insomma un po' come Agnese Valle.
“Temperatura
di fusione”: “Qui dentro è sempre più caldo, temperatura di
fusione, il prezioso è ciò che resta quando gratti a fondo, il
grezzo è sempre più caldo... ma io non sono oro da pesare” è un
pop sostenuto da una batteria possente, soprattutto nella parte
strumentale, su cui si adagia un manto di synth sospesi ma non
incisivi e le chitarre morbide di Marco Cataldi. Agnese è “in
equilibro senza transizione”, ispirandosi alla protagonista del
film di Matteo Garrone “Primo amore”.
“Rosso”:
intro ricco di arpeggi ed archi, “un'aspirale, un labirinto
circolare”. Agnese dovrebbe “staccare la testa” e “navigare
senza peso”... un bel racconto di se stessa, dei suoi capelli
rossi, un testo che scorre sulla sua persona, con chitarre troppo
leziose ed una melodia che resta... la seconda parte vive un bridge
che rischia di piegare un po' il brano.
“Venerdì”:
un'allegra ritmica perchè “... ho deciso, venerdì smetto di
essere perfetta, sposterò qualcosa, anche una piccola rosa e la noia
in un guizzo esploderà...”, la vocalità cantautorale di Agnese è
piacevolmente frivola ed è a suo agio... le elettriche riffeggiano e
fanno una sorpresa al pezzo.
“Cambia
il vento”: una riflessione dalle sonorità pop con le incursioni
sinuose della 6 corde e la dolcezza del clarinetto, poi sono archi a
“cambiare il vento”. Il brano sembra diviso in due parti: la
prima molto sanremese, con rullo di tamburi compreso; la seconda
parte scioglie quel “limite”, per così dire, come aprire una
porta e andare via... “Si diventa grandi in un momento, neanche il
tempo di prendere fiato, il tempo del gioco è passato” e il finale
è decisamente cinematografico, tornatoriano...
“L'Altra
metà”: nell'intro un gioco di chitarre ferme, decise, che si
aprono nel chorus che si “libra in alto”. “In fila per la
doccia come bestie da strigliare, l'acqua brucia su ferite da lavare.
Gli occhi addosso che colgono i tremori, la fede al dito quel che
ancora stringo della vita fuori”... un muro sempre più alto che in
questo commovente pezzo Agnese riesce a valicare, raccontando le sue
esperienze come insegnante all'interno della sezione femminile della
Casa Circondariale di Rebibbia, dando voce all'altra metà di una
donna, di una madre, di una moglie. Le sonorità ricordano molto
“Cattiva” di Samuele Bersani.
“Allenamento
al buonumore”: “Si cammina così, in bilico, in punta di piedi
sulla bocca del vulcano...” abbiamo conosciuto il singolo in un
videoclip negli studi della OrangeHomeRecords, chitarra e voce. Una
dimensione più coinvolgente, calda. Qui trovano spazio le elettriche
che, come la sezione ritmica e la voce, sono molto sospettosi, cupi
nelle strofe, un ossimoro funzionale con questo “allenamento al
buonumore”. Un'altra cosa è evidente. Però il ponte che si apre
all'ultimo chorus è come una benedizione, un gran finale e,
comunque, il “talento” c'è.
“Quella
col vestito bianco”: ballad dall'acustica manouche, con il flauto
trasognato prima e dispettoso poi, ci aiuta a capire come incanalare
le ansie verso il nostro futuro: “Ed io che impiego le ore davanti
al menù e alla fine scegli sempre tu, come farò a tatuarmi il cuore
con un pettine d'avorio e un ago e il ritratto di te che ridi”. Il
brano è uno dei migliori dell'album, con un mix di emozioni
sprigionati dalla vocalità tenace di Agnese, tra le paure di
diventare grandi e la consapevolezza di fare, un giorno, le dovute
scelte, anche quelle che riguardano la vita di coppia.
“E
resto qui”: le chitarre si dipanano... “... e resto qui
appoggiata ad un gomito, con un pugno allo stomaco e aspetto... una
moderna Penelope...” che attende il suo Ulisse ma intanto si perde
in un ritornetto travolgente ed un riff che dona colore. Fanno bene
anche gli archi che entrano dopo la frenetica e vigorosa batteria di
Cecilia Sanchietti.
“Maledette
malelingue”: più attuale che mai nella cronaca di questi giorni,
“Agnese dolce Agnese” ricorda Ivan Graziani, uno dei cantautori e
musicisti forse ancora toppo sottovalutati. Un'intima e femminile
versione, che mantiene una struttura pressocchè fedele dove
addirittura la voce della nostra è più bassa di quella del suo
autore originale: “Vedi un po' di coraggio e certe puttane vanno
punite e che dianime qua ci vuole sicuro un po' di moralità, ma la
gente non lo sa che Federica ha 15 anni...”
“Non
addormentarti”: arpeggi ipnotici e un clarinetto flebile,
all'inizio un'area “Crazy Boy”... “Un fischio lontano, la porta
si chiude e poi corro contromano per tenerti negli occhi”, un addio
o forse “la prossima volta ancora...”. Una dolce ninna nanna che
al contrario invita a “non addormentarti, sennò è già domani”.
Così si concede Agnese Valle dal suo secondo album.
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