“Penso a tutto ciò che è stato
scritto su di me: che sono un demonio disumano, che sono la vittima
innocente di un farabutto e ho agito contro la mia volontà e dietro
minaccia di morte, che ero troppo ignorante per capire cosa stavo
facendo e che impiccarmi sarebbe un crimine giudiziario. Che sono
vestita bene, con decoro, perché ho derubato una donna morta, che ho
un brutto carattere e un temperamento litigioso, che sembro una
persona al di sopra della mia modesta posizione sociale, che sono una
brava ragazza, di indole docile e con un buona reputazione. Che sono
astuta e scaltra, che sono un po' ottusa e poco meno che idiota... e
mi domando: come posso essere tante cose diverse tutte insieme?”
Il racconto è tutto al femminile in
“Alias Grace”, miniserie in sei episodi, per metà canadese e per
metà americana, andata in onda prima sulla CBC e poi distribuita in
giro per il mondo grazie alla Netflix, che ricorda vagamente l'altra
serie estremamente femminile che ha fatto incetta di premi agli
ultimi Emmy: “The Handmaid's Tale”.
Tratta dal romanzo omonimo di
Margaret Atwood del 1996 e diretta per la tv da Mary Harron, già
sceneggiatrice di “American Psycho”, “Alias Grace” è a tutti
gli effetti un piccolo gioiellino seriale assolutamente da vedere.
Tratta da una storia vera, racconta la vita di Grace Marks (Sarah
Gadon), una domestica immigrata in Canada che 15 anni prima viene
accusata dell'omicidio del suo datore di lavoro, Thomas Kinnear (Paul
Gross), a sua volta sospettato di aver messo incinta una domestica,
Mary (Rebecca Liddiard) e poi aver architettato l'omicidio di
un'altra, Nancy Montgomery (Anna Paquìn). In realtà Kinnear è solo
il mandatatio del delitto, il cui esecutore materiale fu lo stalliere
James McDermott (Kerr Logan), condannato e impiccato. Ma Grace è
stata accusata di aver collaborato alla morte di entrambi e quindi
adesso si trova in carcere da 15 anni. Colpevole o innocente? La sua
storia ha fatto in quegli anni il giro del mondo, perché nessuno
sapeva effettivamente se la donna fosse una “brava ragazza” o una
brutale assassina.
Grace non aveva nemmeno 16 anni quando fu
rinchiusa in carcere, ma continuò per tutta la sua vita a sostenere
di non aver compiuto i delitti di cui fu accusata. Chiusa in carcere
il 19 novembre 1843, 15 anni dopo qualcuno decise aiutarla e venne
chiamato un medico “dei pazzi”, così erano considerati gli
psicologi all'epoca, il Dottor Simon Jordan (Edward Holcroft) che
venne incaricato di cercare di convincere una giuria dell'innocenza
della donna. Ed è da lì che parte l'incipit di “Alias Grace”,
dai colloqui che la ragazza comincia a fare con Simon, attraverso
essi ed i conseguenti flash-back, conosceremo cosa successe realmente
15 anni prima, in quella casa, in quella cantina dove venne uccisa
Nancy. La serie vive fondamentalmente di due cose: del bellissimo volto della Gadon, che riesce anche in silenzio ad esprimere tutto e niente, quel tutto che potrebbe condannarla e quel niente che potrebbe liberarla e soprattutto vive nel racconto di una donna che sembra effettivamente tanto “astuta e scaltra”, quanto “un po' ottusa e poco meno che idiota”. Bastano pochissimi secondi per comprendere che è solo finta stupida e che invece è molto intelligente. Proprio per questo la scaltrezza cozza inesorabilmente con un volto dolce, dagli occhi grandi ed espressivi. Ma comprendere davvero se Grace sia colpevole o innocente diventa complicato nonostante tutte le tracce e gli indizi sembrino inequivocabilmente portare alla sua colpevolezza.
Nel frattempo il Dottor Jordan si sta
invaghendo della giovane Grace e tutto si complicherà ed anche la
donna non sembra indifferente al fascino del “dottore dei pazzi”:
“Ma ora mi sembra che tutto quel che dico sia giusto. Basta che
pronunci una parola, una qualunque e voi sorridete e l'annotate e
mentre scrivete mi sento come se mi steste disegnando, o meglio,
disegnando su di me, con la piuma di una penna d'oca, come se
centinaia di farfalle si fossero posate sul mio viso e sbattessero
piano le ali”. Nel cast troviamo anche Zachary Levi, nostra vecchia
conoscenza seriale, già protagonista di “Heroes: Reborn” e
“Chuck”, che qui interpreta Jeremiah the Peddler, venditore
ambulante, un po' illusionista, di cui Grace si invaghisce appena
sedicenne. Siamo nell'epoca vittoriana, un'epoca dai colori cupi,
sbiaditi, sfumature offuscate dietro un racconto profondo, spietato,
quasi scientifico, tanto freddo è il modo in cui esso viene
raccontato dalla voce della protagonista.
Odio ed egoismo, bugie e
verità, buio e luce, bene e male: nei contrasti netti della
narrazione di Grace, si cela invece un bilancio del tutto positivo su
una miniserie splendida, narrata in maniera essenziale, ma potente,
perché è il racconto ad essere imponente, uno spaccato di un'epoca
che sembra molto lontana, ma in realtà così vicina da sembrare in
fin dei conti un racconto molto più recente, un ritratto femminile
assolutamente impeccabile. Il Pilot poi fa il suo lavoro, cioè
quello di coinvolgere al punto giusto e spingere il telespettatore a
continuarne la visione. “Alias Grace” è quindi una serie molto
piacevole, con uno splendido ed invidiabile cast, promossa a pieni
voti.
Personaggi e doppiatori:
Grace Marks (Tiziana Martello)
Simon Jordan (Diego Baldoin)
Jeremiah the Peddler (Francesco Mei)
Thomas Kinnear (Ivo De Palma)
Nancy Montgomery (Jolanda Granato)
James McDermott (Maurizio Merluzzo)
Mary Whitney (Katia Sorrentino)
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