In un periodo un po' in ombra, ecco
sfornare “Amore gigante” (Charing Cross Records Limited). Gianna
Nannini torna col suo 19esimo album in studio che è una vera
sorpresa. Con le incursioni di Michele Canova in fase di
registrazione, a cui si deve la nuova via elettronica, con la firma
di autori attuali (Dario Faini, Davide Petrella, Pacifico, Isabella
Santacroce, Fortunato Zampaglione, Francesco Bianconi) – che danno
un importante ma non decisivo apporto – quella che è fondamentale
per il lavoro è sicuramente la rocker toscana. La sua voce
inconfondibile qui ha una consapevolezza nuova, come se guardasse da
un altro punto di vista, dolce e passionale da farsi male. Un album
che è un invito a “liberare le emozioni senza aver paura della
diversità”. Qualsiasi essa sia.
Musicalmente è un disco pop-rock
molto contemporaneo ma lei non risulta essere fuori luogo, i testi
sono lieti pugni allo stomaco, semplici ma efficaci, che spesso hanno
un finale inedito. Nella seconda parte qualche canzone non risulta
funzionale, ma nel complesso è da valutare positivamente. Qualche
giorno fa, qualcuno disse che il nuovo lavoro dei Negramaro sarà il
miglior rock italiano degli ultimi vent'anni. Ascoltando questo
“Amore gigante” si ha la sensazione che tanti hanno ancora una
lunga strada da masticare, palla al piede e pedalare. C'è la
“gigante” Nannini, che arriva modesta con un album che lascia
nostalgia, amarezza, forse anche qualche lacrima, rombante come un
pilota... il pilota della sua vita piena d'amore e forse più di un
rimpianto. Ma una vita vissuta a pieno.
Cinema:
anche la Nannini cede all'elettronica, qui nella strofa in stile
Battiato ma poi torna la tradizionale Nannini nel ritornello: “Nel
cuore mio c'è un cinema,... tutta la vita che ti sento e cos'è che
vuoi da me?”. I testi continuano nel trend che l'artista ha
intrapreso negli ultimi anni, abbastanza semplici con frasi ad
effetto. “Cinema” non poteva che essere il secondo singolo del
disco.
“Fenomenale”:
intro alla Keane, che nell'ultimo periodo sono molto copiati: “Ingannerò l'attesa di un nostro incontro con un
gelato all'amarena, quello che ieri dalla mia schiena hai soffiato
via”. Sessuale in “siamo due animali non ci si prende per le mani
e la tua lingua taglia il cielo per le mie gambe aeroplani”. Bel
testo e sonorità eteree nel chorus, un brano in pieno stile e,
nonostante i synth sono “alla...” resta comunque un bel singolo.
C'è poco da fare.
“Amore
gigante”: “Portami via con te restiamo insieme e il destino che
ci lega, portami via con te per stare bene e amami come sei...”, un
pop puro e semplice eppure basta poco per fare un bel pezzo che
rimane in testa, con il piano che “inonda il giorno di colori”...
“e liberiamo dai rimorsi tutte le emozioni...”. Peccato per il
finale che poteva chiudersi senza ghirigori
“Pensami”:
si rivedono le chitarre, con riff acustici spanish a condire il
tutto: “Come mi dispiace vivere, cadere... mi dispiace che non sei
qui con me e non mi dispiace se ancora mi fai male...” Ma la
ritmica della 6 corde, così aperta, è meno piacevole.
“Piccoli
particolari”: drums sospettosi, sound cupo con questi “Piccoli
particolari di te di me” eccessivamente ripetitivi. I synth che
mimano i violini appiattiscono il brano
“Filo
filo”: … filo vado forte dove cazzo vado, smetto di fumare, mi fa
troppo bene e male proprio come te”. Alla ricerca di un amore da
“togliere il fiato”, legato ad una corda che non vuole spezzarsi.
Qui i violini ridondanti nel chorus rendono il pezzo molto sanremese
che poi riesce a virare nel bridge.
“Tutta
mia”: “Saprò difendermi da me, non ti ricordi? Hai sempre fatto
tutto tu, fatto e disfatto anche me. Cade il silenzio”. Un manto
elettronico distorto ma il pathos non riesce ad elevare il brano.
“Non
è vero”: simpatica new wave anni '80, ry-ban e “Ciao” verso
spiagge e generazioni che non torneranno più: “Che gioia mi dà
ritornare a vivere per me, la mia libertà e invento in tutto questo
cielo”.
“Quasi
quasi rimango”: synth spaziali per un intro minimal e godibile: “E
mi viene addosso questa bella sera, stesa sul divano senza te. Siamo
cuori solitari non servono le mani per congiungersi con te...” e i
“messaggi subliminali” comunque sono poetici... “e chi finisce
non smette mai”...
“Tutto
quello che voglio”: l'atmosfera si fa... “Con te verrà l'estate
ancora, tutto quello che voglio è per te”. Spazio alle acustiche,
alla batteria pop e va bene così. Soprattutto quando la Nannini
grida “Amore mio” annunciando il ritornello.
“Senza
un'ala”: “Mi si è spezzato il volo, fa male per davvero.
Precipitare in me, vedendo te. Mi si è fermato il volo, lo vedi sono
qui, nascosta in un respiro con te”... “Il dolore è un Diavolo,
non fa volare gli angeli”, vocalità tirata e drammatica tale che è
la parte musicale ad attendere la Nannini che si fa straziante verso
il finale. Il brano sembra una dedica molto intima verso il fratello
Alessandro, ex pilota di Formula Uno.
“Una
vita con te”: “C'è un modo per venire da te. C'è un modo, non è
mai stato facile. C'è un luogo dove raggiungerti, tutto va veloce
rimane la tua voce”. Anche qui spazio a Gianna, troppo eterea...
poi entrano le chitarre un po' sempliciotte. Ma man mano con
l'ingresso del piano il pezzo matura come il bisogno di un abbraccio.
Ma è un bisogno che va calibrato o scapperà tutto di mano.
“Sabbie
mobili”: il piano nostalgico si adagia sui synth: “Ho
riabbracciato tutti tranne te e scrivo addosso nella vita mia, ho
pianto del rimpianto e forse impazzirò per questo amore, l'amore che
ti do c'è sempre”... semplicemente stuggente. Dando prova che non
ci vuole poi molto a trasmettere sentimenti ed emozioni: “E fammi
ancora quello sguardo duro, in quello sguardo sono a casa mia”.
“Cosa
vuoi”: come il precedente entra il pianoforte da solo: “Avrei
potuto amarti davvero se fossi ancora rimasta con te, lo so che lo
volevi”... ancora rimpianti, è come se la Nannini cerchi di
spiegarsi la fine di una storia importante. Nel chorus un ritmo
troppo dolciastro, “circolare”...
“L'ultimo
Latin Lover”: … d'altronde Bianconi sa come “citare”... e qui
lo fa per la Nannini. Anche il sound sveglio è tipico del cantautore
e paradossalmente è quello che fa meno per lei. Come nell'inizio
dell'album, anche qui si risentono rombi di motori... di Formula Uno,
ne siamo certi.
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