Tabula Rasa (Netflix)



“Non ne posso più! Sono stufa di dimenticare!”

Le bellissime immagini, legate alle altrettanto splendide musiche inedite di Lachlan Anderson, aprono le porta a questa nuova produzione Netflix dal titolo: “Tabula Rasa”, thriller psicologico dal retrogusto horror. 2005. 58. 22. 111. 135. 113. 1036. E' con questa serie di numeri e con una cascata di sabbia rossa che parte l'incipit di questa serie ideata da Malin-Sarah Gozin, Christophe Dirickx e Veerle Baetens ed è la prima interessante coproduzione Netflix con un network belga: la ZDFneo, tanto che la serie è stata interamente girata nel Paese europeo ed anche il cast è completamente composto da attori belgi e proprio per questo praticamente sconosciuti ed anche non proprio perfetti nella recitazione: le interpretazioni, tanto quanto il doppiaggio italiano purtroppo, ne risente molto. La trama però è intrigante: “Tabula Rasa” è un crime dove la mente umana sta al centro di tutto. 


Ci troviamo in un ospedale psichiatrico, dove una donna, Mie (Veerle Baetens) è stata imprigionata da due giorni senza saperne il motivo, ma la donna sembra essersi completamente dimenticata di qualcosa che ha commesso e che sembra collegarla alla scomparsa di un uomo, Thomas (Jeroen Perceval). Dopo un incidente automobilistico, Mie ha un'amnesia, ma è l'ultima persona vista con Thomas, da qui l'ispettore Wolkers (Gene Bervoets) comincia ad indagare e fino a quando l'uomo non verrà ritrovato, Mie dovrà stare chiusa in quel luogo. La donna nel frattempo cercherà in tutti i modi di ricordare, di spingere la propria mente anche più in là dei suoi stessi limiti, ma tutto la lega anche all'incendio scoppiato nella sua stessa casa. Ma è proprio la casa forse il problema? Un po' come lo era l'Overlook per Jack in “Shining”. E' forse la dimora di famiglia dove Mie, col marito e la figlia, si trasferiscono tre mesi prima, per cercare di gestire la vita, il rapporto coniugale e ritrovare la felicità? Buchi neri, lati oscuri, misteri irrisolti, ma dove sta la verità? Fin a che punto ci si può fidare dei protagonisti? 


Tra flashback continui, una voce che ripete “non dimenticare, non dimenticare, non dimenticare”, incubi, la famosa sabbia rossa della sigla che invade un po' tutti gli episodi e tanti pazzi, la serie fila liscia abbastanza velocemente nei suoi nove intricati episodi. Nel cast anche: il marito di Mie, Benoit (Stijn Van Opstal) e Hilde Van Mieghem nei panni di Rita, madre della protagonista. Annemie “Mie” D’Haeze, con la sua mente labile, è sicuramente una protagonista notevole sulla quale ruota tutta la trama di “Tabula Rasa”, serie che dal 15 marzo scorso è stata rilasciata su tutte le sue piattaforme esistenti al mondo da una Netflix che produce a nostro avviso sempre troppe serie tv, ma che in questo caso costruisce un buon thriller/horror, con qualche lacuna, una serie che non crea empatia, ma che si lascia seguire con facilità e col doveroso distacco.

“Mie, fantasmi e spettri non esistono. Hai sentito quello che ha detto il dottore, no? Sulle confabulazioni, quando non ricordi e ti senti confusa... è l'immaginazione che va a colmare le lacune. E' normale, ok?”

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