“Probabilmente saprete che
alcuni chiamano questa la “Mother Court”. Finchè lavorerete qui,
tutti voi la chiamerete 'casa'. I casi sono difficili, la posta è
alta, gli avvocati avversari sono migliori di voi e i giudici sono
più furbi di voi. Alcuni non ce la faranno. Alcuni non sono
all'altezza. Per quelli che lo sono, il periodo qui sarà il momento
più importante della carriera.
La serie inizia con il
giuramento che i nuovi arrivati nel distretto di New York, da un lato
i futuri procuratori e dall'altro gli avvocati d'ufficio di domani,
dovranno fare per iniziare il loro percorso all'interno della “Mother
Court” di New York: “Giuro solennemente di supportare e difendere
la Costituzione degli Stati Uniti d'America, che sosterrò con fede
autentica e lealtà il Governo degli Stati Uniti, che porterò
rispetto dovuto alla Corte di Giustizia e ai magistrati e che servirò
umilmente come procuratore, sorvegliante, difensore e avvocato di
questa Corte, secondo la legge e che Dio mi aiuti”. Da qui parte
“For the People”, la nuova fatica seriale della Shondaland, casa
di produzione della famosissima Shonda Rhimes, la stessa di “Grey's
Anatomy”, “Scandal” e “How to Get Away with Murder”. Una
garanzia? Probabile.
Se non fosse che è stata presentata in pompa
magna come la versione legale di “Grey's Anatomy” e che proprio
per questo racconta la vita dei soliti sei ragazzi giovani, di bella
presenza, intelligenti e soprattutto meschini. Ecco, se ne avete un
po' piene le tasche (come noi) di questi serial Shondaland Style,
state lontani da “For the People”, perché è l'esatto, e
decisamente imperfetto, mix tra il mondo di Meredith Grey e quello di
Annalise Keating. Insomma il succo è sempre lo stesso, ci troviamo
di fronte ai soliti mentori – che qui hanno il volto di Hope Davis
e Ben Shenkman, rispettivamente Jill Carlan e Roger Gunn – che
sembrano dei colossi inarrivabili, ma che poi nella vita di ogni
giorno sono assolutamente "umani" e tutt'altro che
perfetti: pieni di problemi e scheletri nell'armadio da nascondere,
che devono aiutare nuovi talenti a venire alla luce, con tutti i
dubbi, gli ostacoli, i segreti e le infinite difficoltà del caso.
Cambia location, dall'ospedale al tribunale, ma lo stile è purtroppo
sempre quello e la prevedibilità sta dietro l'angolo.
I sei
giovanissimi protagonisti di questa nuova serie della ABC e della
casa di produzione Shondaland - alla quale la Rhimes ha
supervisionato i lavori, ma che ha come ideatori e produttori tutti
coloro che hanno sempre lavorato con lei: Paul William Davies, Betsy
Beers e Tom Verica – sono: Sandra Bell (Britt Robertson), Allison
Adams (Jasmin Savoy Brown) e Jay Simmons (Wesam Keesh), arruolati
nella parte della difesa, le prime due amiche che convivono assieme,
l'altro un ragazzotto simpatico e di contro invece troviamo lo
stronzo di turno, tale Leonard Knox (Regè-Jean Page), la precisina
Kate Littlejohn (Susannah Flood) e il “bravo ragazzo” Seth Oliver
(Ben Rappaport). Ovviamente i sei si scontreranno continuamente ed i
casi presentati in ogni episodio sono tre, uno per ogni duello. Una
specie di sfida diretta a colpi più o meno bassi per uscirne
vincitori e creare la cadenza perfetta per il più classico legal
procedural. Ancora una volta si gioca con la vita delle persone,
mettendo le storie, spesso serie, di gente comune, nelle mani di
sbarbatelli appena usciti dal college. A questo si sommano tutti i
classici stereotipi a cui la Rhimes è tanto affezionata ed il gioco
è fatto, tra relazioni fugaci, tradimenti, con la narrazione veloce
alla quale la showrunner ci ha abituati da sempre, caratterizzazioni
dei personaggi tipiche e dialoghi pieni di frasi da tweet perfetti,
si va delinenado il classico scenario, che funziona di certo, ma di
cui siamo parecchio stufi.
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