“Cantastorie”
si definisce Tania Furia in questo album prodotto dal maestro Luigi
Albertelli, una vita dedicata alla musica italiana. La “Corto
Maltese” milanese, suo alter ego sulla scena, sforna un album molto
femminista, che racconta storie di donne, anche drammatiche. Fatti di
cronaca, o vissuti personali, emozioni nate da un romanzo piuttosto
che da inni anni '70 in stile “L'Utero è mio e lo gestisco io”
raccontati ora in maniera ironica ora in veste più intima e seria
che se da un canto fanno riflettere, dall'altro rischiano talvolta di
banalizzarsi. Musicalmente è un disco discutibile: troppo variegato
ma senza un vero collante, passando dall'elettronica anni '80-'90, al
pop, dai suoni caraibici alle ballad commosse. Purtroppo questo melting pot di sonorità finisce col disorientare.
“Freelance”:
manto elettronico per: “Io e te due freelance, solo uniti insieme
per motivi sentimentali”, una relazione “millenials” di quelle
precarie e distanti. Ecco che i loop anni '80 attualizzati sono
asettici, non a caso, ma comunque non pecca melodicamente anzi, tiene
testa.
“Campionissimo”:
… che nonostante le sonorità, oltre ad un piano scarnissimo, poco
c'entra con l'elettronica e molto con un grande campione: Fausto
Coppi. “Da casa tua, Castellania, ai grandi amori, la gioventù.
Dai spingi su quei pedali, spalanca le tue ali, controlla i tuoi
gregari” ed i loop ed i violini fendenti non aiutano la vocalità
soul.
“Addio
Barbie”: “Non sei più bionda, onda su onda. Le bambole stan
dentro al cassetto, perdute sotto il tuo letto. Vieni qui ti aspetto,
vieni qui adesso”. Di sexy nelle sonorità vagamente surf in realtà
c'è poco e sicuramente molto di più nell'evoluzione di una bambina
divenuta già donna. Il chorus risulta troppo ridondante rispetto ai
brani precedenti minimal e la melodia è decisamente troppo
cantilenata.
“Manchi”:
i tasti nervosi disegnano in poche note giri tediosi che si aprono nel
ritornello pop com la musica di Gianfranco Fasano: “Ma oggi è un
altro giorno così diverso e strano, non provo niente nè gioia nè
dolore. Ho salutato tutti non tornerò più a casa”. Il testo
ricorda il fatto di cronaca dell'uccisione di Sara Dipietrantonio
ammazzata dal proprio fidanzato. Un ennesimo femminicidio, una
giovane donna che “mancherà” sempre a chi l'ha conosciuta. Furia
le dà voce per un ultimo, doloroso, saluto.
“Ce
la invidiano tutti”: facile pensare cosa... ritmica possente, testo
allegro anche se i violini un pò finti anni '90 non si sposano bene col contesto. Un altro testo “femminista”: “Ce la invidiano tutti, sia chiaro
non è merce per tutti. Noi siamo qua, siamo la, alto là, noi
facciamo solo quel che ci va”. Di certo “Siamo donne” di
Salerno-Squillo há fatto scuola. Ma erano anche altri tempi.
“Giulietta”:
vanta una gradita ospite, l'attrice Lella Costa: “Giulietta è una
farfalla che prendi tra le dita e poi la lasci andare temendo sia
ferita. Lui non è un amore per sempre”, Romeo “resterà un sogno
da niente” questa volta. Mood pop ed elettriche in primo piano, riescono a dare un senso alla storia di Giulia Di Sabatino, finita
giù da un cavalcavia per un altro amore sbagliato.
“Robot”: torna prepotente l'elettronica ma questa volta non fa mancare la 6
corde in questa lotta tra i sessi per l'affermazione della donna
nella coppia: “... ma è trovare l'uomo vero che è difficile
davvero, il consiglio mio da dare, vuoi l'unione far durare? Devi
farti rispettare” e il rap della “Cantastorie” va come una
Furia.
“Canzone
ad un bimbo mai nato”: parafrasando il romanzo della Fallaci, solo
chitarra e voce. Peccato che le pennate troppo aperte battono troppo
sulle corde alte anzichè sui bassi che potevano, nel contesto,
rendere meglio: “Se sarai donna sentirai come sento io, se sarai
uomo sarai bello come un Dio, continua a crescere piccolo mio, non
preoccuparti bambino mio ci sarò io”. E la voce di Furia trema e
si commuove.
“Pa
Paya Ya-Ya (Ciao Marco): “Caro Marco io mi chiamo Donna, una di
quelle per cui lottavi tu. Ciao Marco io mi chiamo Contro, come tutti
quelli che hai difeso tu”. Sonorità hawaiane dove il piano rende
etereo il ricordo di Marco Pannella ed il brano, musicalmente, è il
migliore del disco.
“Prendi
tutto”: “Io sono tale e quale, proprio quella che vuoi tu.
Spogliata di ogni cosa”... un altro pezzo donna, com i synth che
feriscono, urlano le elettriche ma resta comunque una ballatona a firma
Fasano.
“Troppo
facile”: arpeggi loopati e chitarre distorte per un'altra ballad.
Furia riflette in crescendo: “Tutto quello che mi resta e che mi
frulla in testa è quella storia facile”, non è facile digerire
una storia finita male ma che non si può rinnegare. Sul finale
l'interpretazione è eccessivamente melodrammatica.
“Non
arrossire”: una rivisitazione allegrotta e calypso del più famoso
brano di Giorgio Gaber: “Il nostro amor non potrà mai finire,
stringiti a me e poi lasciati andare”... sicuramente un testo dolce ed elegante scritto da un uomo che è un cambio di rotta rispetto al contenuto
dei brani di Furia in questo lavoro.
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