Cauteruccio - La vera storia du Pigeon Boiteaux


Nome bizzarro da dare a un disco ma La vera storia du Pigeon Boiteaux (La Stanza Nascosta Records) della band aretina Cauteruccio, ovvero il cognome del cantante Salvatore, è un disco pop rock nella sostanza, coraggioso perchè ben amalgamato che riesce a dosare bene le contaminazioni mai fuori luogo. L'album è ricco di brani orecchiabili ma non banali musicalmente, dove vengono sviluppate delle sonorità interessanti e quindi si lascia ascoltare con facilità. Solo qualche imprecisione qua e la, in particolare nell'uso smodato delle distorsioni, creano un effetto un po' ridondante. Oltre a Cauteruccio nella band anche Stefania Ceccarini alla batteria, Diego Gnaldi al basso, Matteo Paolucci alla chitarra e tastiere.

Inizia con un bel groove molto molto distorto “Il secondo momento migliore”, dove si adagiano elettriche tiratissime che sembrano avere qualche problema con i toni e la voce è in secondo piano rispetto alla marcetta, ma è naturale nonostante gli echi nel finale delle parole: “Ed ho gettato sogni in un cestino ma li riprenderò ed ho sfiorato un giorno il tuo cammino ma ti raggiungerò” “non è persa l'occasione” non c'è tempo da perdere bisogna agire... o arriverà Natale il “25 dicembre” e porterà una ballad pop-rock nostalgica ma energica, di 6 corde nervose con le melodie che richiamano gli Intercity, benchè “vedrai cambiar colore all'orizzonte e trasformare in solidi le onde. Immaginare che... che il mondo sia cambiato”. Nell'intro di “Brutti” l'acustica è forzata, ha un'apertura opaca di accordi non ben aperti, ma la ritmica è trascinante con le incursioni elettroniche e la batteria che sa farsi rispettare, nonostante i messaggi subliminali ci fanno il lavaggio del cervello, l'esatto “posto per vendere l'anima” in una condizione di cattività: “E sigla, telegiornale, crisi globale, istinto animale, istinto omicida, muore chi passa, muore chi arriva, io non mi so spiegare la bomba nucleare”. 
“Sintetica” di nome e di fatto, cori e tamburelli, momento etereo con qualche synth che apre al successivo “Amore sprecato”, dove Salvatore Cauteruccio stende una vocalità anche se non precisa ma convincente, rievocando gli interpreti e cantautori italiani anni '70, belle sonorità rock nel bridge che si prende tutto il suo tempo: “Vedrai che prima o poi succederà e tu non andrai più via”, più una speranza che una certezza. Nel singolo “Roma” sugli arpeggi scorre un Tevere in piena, in una giornata uggiosa, con citazione semplice ma efficace: “Arrivederci Roma, nei tuoi tentacoli di storia”, delicata nell'interpretazione e nel testo, l'armonica dona un'impronta da “viaggio” alquanto folk e “Lo sai vorrei sentirti piangere per poi toccare le tue lacrime”... nonostante il sound cantalenante è il miglior brano del disco mentre “This Song” mantiene la stessa aurea con gli arpeggi-mantra perenni; peccato per qualche pennata elettrica molto distorta che lascia l'accordo troppo aperto e che invece poteva essere più contenuto: “Credi che non sia possibile colmare con le note i vuoti che ci lascian le parole?”... si è possibile. 
In “Alberi” creano un mood jazzato nell'intro dove il piano sembra marcare il territorio ma è un inganno... le acustiche s'inseriscono piacevoli, si lasciano attendere “E Senza superficie, senza attriti noi vedremo scivolarci addosso gli astri e ci diremo: di te ho bisogno come la notte del giorno” è qui che le immagini sonore si fanno oniriche ad evocare la forza della natura.
Insieme a te” è un rock colmo di riff troppo distorti come la voce robotica, melodicamente però funzionale: “Insieme a me stai male, insieme a me ti senti soffocare... e sei rimasta così col deserto intorno a te” la presa di coscienza di un addio. E I Cauteruccio chiudono con “SiamoSonoSei”, sound anni '80 (quel caffè nero bollente!) mentre strappano un sorriso: “Ah ma forse è vero che sei dichiaratamente stronza ed io inevitabilmente succube?” chiaro no?

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