“Due” per i
Refilla rappresenta tante cose. Due come i milioni di visualizzazioni
su You Tube in cui hanno riscosso successo, due come gli autori
Alessandro Zanin e Stefano Negroni, come i produttori Andrea
Ravasio e Pietro Foresti, come
gli anni per partorire questo lavoro pubblicato dall'etichetta Neve.
Oltre al fatto che è il secondo album. Ma dà l'impressione anche,
dal punto di vista testuale, di trovarsi di fronte a due alternative
come in Matrix. Non a caso l'album non è un disco vero e proprio ma
una chiavetta Usb a forma di pillola. Quella blu o quella rossa,
voltarsi dall'altra parte per non vedere o lottare ogni giorno. Tutto
ha perso oggi valore e i Refilla qui giocano con questa condizione di
precarietà, sia nei testi molto attuali con forti riferimenti, ma
anche musicalmente, dove spaziano dall'alternative rock al rap, dalle
sonorità funk a buone dosi di elettronica.
“Su il sipario” e
si apre il disco, con un caos televisivo, un lavaggio del cervello
hard rock. “Era meglio prima” è ben contaminato, di riff
distorti molto rock, ritmica velatamente crossover ed incursioni
elettroniche “sai che mi frega che alla gente questa musica non
piaccia!”.
Refilla non vogliono catalogare la loro musica evidentemente. Ed in
parte hanno ragione visto che il successivo “Revolver” tra
chitarre elettriche e campionamenti si prende il suo tempo non a
caso, in particolare nelle strofe: “A cosa serve scappare, cercare
di cancellare la parte più elementare che vive dentro di te?” con
Alessandro Zanin che ricorda J-Ax. E “sapessi come ci si sente
dentro cercando il tuo nemico e trovandolo allo specchio, sei
patetico se credi che suono per diletto, sta a vedere che hai ragione
quando parli di complesso”, “Inadeguato” è un testo rappato
che ritrova una melodia semplice prima che esplodano i synth che però
non fanno volare il brano.
“Mai stato così bene” è alternative,
che poi “non sto per niente bene, giuro per niente bene...” e
allora si combatte come in un Fight Club ipotetico e quotidiano. Ed è
qui che matura “La parte peggiore di me”, ispirata dal film
“Apocalypse
Now”: “Dalle una fottutissima ragione che non c'è alternativa
all'evoluzione. Scegli cosa fare, scegli cosa dire, scegli quale
parte vuoi ascoltare, quale stai a sentire”. Un messaggio chiaro e
positivo anche se non sembra, ma bisogna scegliere prima o poi, o col
cuore o con la mente. Il destino farà tutto il resto. Sonorità anni
'90 molto elettroniche ma non invasive.
“Nella
media” ha chitarre funk ben distorte: “Figli del benessere, figli
deficienti, figli inconsapevoli di questi nostri tempi”, non è
progresso ma “mediocrità borghese” e citando Pasolini vanno giù
con il fior fiore frutto della società odierna. Il testo serrato
lascia poco respiro alla musica. Peccato. Spaziale è “Vita da
spalla”, anni '80: “Meglio morire da cattivo che sopravvivere da
spalla” insomma, povero Robin! Anche in questo pezzo si gioca col
minimal nonostante il finale più pieno, così come in “Giocati dal
caso”, sfiorata dai campionamenti: “Intrappolati nell'illusione
analgesica della prevedibilità, convinti di gestire al meglio la
realtà”.
Rockeggiante
a partire dall'intro delle chitarre, “Vita in Viaggio” è a metà
strada tra i Meganoidi e i Linea 77; si cambia registro completamente
in “Partire a Settembre” dal sapore nostalgico con una bella
chitarra elettrica che gioca con le note, “l'estate è finita” ed
è difficile accettare che bisogna voltare un'altra pagina, in attesa
di un altro amore. A chiusura dell'album, in “Failure BLVD”, la
chitarra ha un respiro country tra “dubbi, menzogne e false verità”
ed ha un'atmosfera cupa e sospettosa. Pezzo molto convincente. “Giù
il sipario” con i Refilla che ci lasciano con “Paura e delirio a
Las Vegas”.
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