“Queste sono lacrime di gioia... sono
sollevata. Non ho mai avuto la certezza di nulla, ho sempre vissuto
la vita giorno per giorno, fino ad oggi. Non voglio morire! Voglio
vivere! So che sembra una follia, ma ho sempre saputo che non sarei
rimasta tanto su questa Terra. Ancora non so il quando, ma almeno so
il come... almeno adesso ho questa sicurezza nella mia vita”
Ad una rapida occhiata, quella che
potrebbe sembrare una serie televisiva di seconda categoria, perché
non sponsorizzata o messa in mostra tanto quanto “American Horror
Story” e “American Crime Story”, risulta essere a conti fatti
forse anche migliore delle sorelle suddette. Sorelle perché il padre
è sempre lo stesso, ovvero Ryan Murphy – qui creata insieme a Brad
Falchuk e Steven Canals – che ormai sforna serie tv come se fossero
noccioline. “Pose”, la nuova fatica televisiva di Murphy, dal 3
giugno su FX, ha dalla sua un'eccezionale colonna sonora che
riecheggia in quegli anni '80 tanto cari allo showrunner e non solo,
visto che ormai qualsiasi network attinge da quel decennio là per
cercare popolarità e successo. “Pose” però ci porta in un'epoca
specifica, perché Murphy in questo è un maestro, nel trasportare
fedelmente la realtà del passato nella serialità di oggi e lo fa
anche con questo nuovo show, portandoci a conoscere l'inizio dell'era
Trump, in una New York del 1987, piena di danza e lustrini.
La scena
iniziale, nel quale un padre caccia di casa il figlio omosessuale,
Damon (Ryan Jamaal Swain), prendendolo a cinghiate, dietro le urla di
una madre che ovviamente non difende il figlio: “Sai che la Bibbia
condanna l'omosessualità e Dio ti punirà dandoti quella malattia?”,
ci fa già capire l'andazzo di una serie che discrimina e prude,
bastarda, intensa, colorata, razzista, che con cattiveria racconta
una realtà di allora che in fin dei conti non è poi così diversa
da quella di oggi. Certo, danza non è più sinonimo di diversità
come trent'anni fa e questo forse anche grazie a programmi come
“Amici”, ma Murphy, che nei suoi show mette sempre l'elemento
“diverso” spesso in contrasto col mondo intero, qui rincara la
dose e rimette nello show e negli occhi del pubblico un po' della sua
vita di allora. E la serie cerca di affrontare anche un male
dilagante che tra la fine degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 si
diffondeva a macchia d'olio: l'HIV.
Insomma “Pose” non è di
certo quella che possiamo definire una serie “estiva” e non si
può guardare solo come passatempo, ma ha bisogno di una buona dose
di coraggio prima di essere seguita. Protagonista è Blanca Rodriguez
(MJ Rodriguez), transessuale di colore che scopre, senza molta
sorpresa, di aver contratto l'HIV e da quel giorno cercherà in tutti
i modi di inseguire i suoi sogni aspettando di morire. La serie parte
effettivamente da lì, dalla scoperta della malattia e dall'incontro
tra Damon e Blanca. Ma il cast, a parte essere come di consueto nelle
serie di Murphy molto numeroso, non è solo composto da completi
sconosciuti, nel corso degli episodi infatti conosceremo Stan e Patty
Bowes, rispettivamente interpretati da Evan Peters e Kate Mara, e
Matt Bromley, che riporta in Tv James “Dawson” Van Der Beek.
Infatti, dalle strade fatiscenti di New York a circa metà del Pilot
ci spostiamo nella lussuosa Trump Tower dove Stan affronta un
colloquio e cerca di convincere Matt ad assumerlo, rispondendo alla
domanda “Cosa vuoi dalla vita?”, il ragazzo gli dice: “Voglio
essere come lei, voglio ciò che lei ha. Voglio la vista sul fiume o
sul parco o entrambi, voglio poter camminare lungo la Quinta Strada,
vedere qualcosa in vetrina per mia moglie e comprargliela”, il
tutto mentre il boss si vanta del suo orologio d'oro mentre sniffa
cocaina. I due poli opposti: ricchezza e povertà, apparente felicità
e spudorata infelicità, lotta continua, contrasti e sogni da
raggiungere, fanno di “Pose” un'altra scommessa vinta del
pluripremiato showrunner di “Feud”. E' una serie anticonformista
dal punto di vista del racconto, privo di guizzi e con la naturale
cadenza narrativa tipica di quasi tutte le serie tv di Ryan Murphy, è
una serie maschilista, realista, crudele, contestualmente perfetta,
con un ottimo cast ed una regia impeccabile. Non sarà una serie
adatta all'estate, ma senza alcun dubbio è una serie che mira a
puntare in alto.
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