Riccardo
Maffoni ha un curriculum lunghissimo nonostante da un po' non si veda
sui palchi noti, lui che è salito su quello di Sanremo ottenendo
anche un primo posto tra i Giovani. Non ha bisogno di presentazioni
ed è sempre stato musicalmente coerente.
Lo fa anche in “Faccia” e ce la mette tutta. L'album è
prodotto e arrangiato insieme al musicista Michele Coratella in quel
di Brescia e poco si sposta dal pop-rock che ha fatto conoscere
Maffoni sin dagli esordi, quando veniva considerato quasi un Vasco
Rossi 2. Oggi Riccardo è molto maturo e lo si può constatare in
questo lavoro in cui qualche sassolino se lo toglie, in cui osserva
in maniera critica e mette per iscritto. Il disco ha dei limiti, ci sono brani di buona fattura, contaminati, brani che
melodicamente funzionano così come i testi che sono un percorso, una
strada da percorrere, alcuni testi trattano tematiche similari in una
sorta di concept se vogliamo... in alcuni casi però il disco si piega un pò su se stesso, non ha grandi evoluzioni sonore ed è qui che bisogna apprezzare maggiormente il mood folk e la ballad in esso contenute.
Mettersi
nei panni degli altri... Maffoni lo fa in “Provate voi”
dall'intro tuareg, con arpeggi, chitarre massicce e la melodia che
non si fa attendere: “Provate voi a sentire le bombe dietro casa...
provate voi tutto questo e poi venite a raccontarmi se non vi viene
voglia di scappare da questo mondo e non tornare più” distorsioni
a manetta negli assoloni finali... in “Faccia” c'è la stessa
costruzione: il brano parte in prima, con una sezione ritmica storta
e distorta, sin troppo: “Ci vuole faccia per andare in giro a
cantare, ci vuole faccia per reggere il peso... ci vuole fegato”
una ballad con la vocalità alla Vasco Rossi, che Maffoni si porta
come croce e delizia sin dagli esordi. Dalla sua
però una bella interpretazione anche se il pezzo non decolla. Ed è
quando ci metti la faccia che, a volte, capisci che è necessario
“Cambiare”, un pop-rock con i drums possenti sullo sfondo e le
elettriche che entrano per bene. Un altro brano in cui Maffoni riesce
a dosare strofe, chorus e parte strumentale. Da “l'uomo che urla
alla radio” a “L'uomo sulla montagna”: “E poi la rabbia che
ti tieni dentro e poi la voglia di andar contro tutto” una ballad
sospesa, che si prende i suoi tempi nonostante la vocalità decisa,
urlata, volutamente a cozzare col contesto, probabilmente.
Arpeggi
nervosi in “Sotto la luna” ed il suo effetto ipnotico. Il mood è
lo stesso del brano precedente, sempre sospeso, anche se questa volta
ci sono le incursioni delle chitarre che si perdono in un finale retrò interessante. “Quello che sei”
invece è elettronicamente etereo: “Comodo pensare che son sempre
gli altri a sbagliare, adesso si devono scusare per tutto quello che
ti hanno fatto passare”, la consapevolezza in un testo molto
convincente anche se il bridge è cantato e sarebbe stato apprezzato strumentale. “Le ragazze sono andate” è uno dei migliori brani dell'album. Malinconica negli arpeggi e basta poco altro per
far bene: “Le ragazze son fuggite da quattro uomini stanchi,
violenti, vecchi e sporchi come randagi”. Un'altra consapevolezza,
quella delle donne oggi, che viene colta delicatamente dal nostro e
impreziosita dal suono degli archi e dai fiati. Immagini molto
intime, proiettate verso un ricordo personale, un volto impresso nel
cuore di Maffoni.
“Mi
manchi di più” però cambia l'atmosfera. Suoni finto-anni '90,
voce effettata per questo velato soul: “E poi tu così bella, così
unica, così tutto, riempivi i giorni miei, i sogni miei” con un
testo che appare proprio il “lato B” di “Le ragazze sono
andate”. G7 e potenti in “Sette grandi” della terra. Il piglio ironico è blues-rock, il pianoforte assolutamente blueseggiante e fa più che bene. E si continua con echi folk tutti da ballare
in “La mia prima constatazione”: “Evidentemente tu non m'ami
più” una storia finisce e va per la sua strada, come queste
chitarre dal sapore made in USA. Che poi è il tema trattato anche in
“Senza di te” e “... tutto è immobile intorno a me ed io non so
perchè...” minimal fino alla fine dove poi si adagiano ritmica e
fiati... “Il mondo va avanti” è una marcia silente tra “chi si
da da fare, chi si lascia andare, chi non sarà più come prima”.
Va pensata cammiando e un passo alla volta entrano le elettriche a
riffeggiare, un passo alla volta verso “Scala D”, oltre due minuti di viaggio, un altro ancora, questa volta corale e chitarristico. Piacevole, delicato, malinconico. Stessa "aurea" che si può trovare nella canzone che chiude "Faccia": "Tommy è felice", anche se è il pianoforte questa volta il vero protagonista assieme alla voce emozionata di Riccardo Maffoni: "Allora il passato sembrerà solo ieri e con sè tutti i suoi brutti problemi. Slegati e trema, ho il cuore in piena..." in una storia in stile "Livin' on a Prayer".
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