hUMANOALIENO - hUMANOALIENO 2


hUMANOALIENO - ovvero Macs Villucci - ha due volti ma un'anima. Lo dimostra in questo nuovo lavoro (prodotto da Isola Tobia Label) che è un percorso in verità. Dal primo sino all'ultimo brano, affronta sè stesso come "L'uomo al centro dell'Universo" in un nuovo Umanesimo, l'uomo "faber fortunae suae” artefice del proprio destino. Con un piede a terra e uno su una nuvola. Nella piena coscienza del Paese e del mondo in cui vive, e la voglia di volare alto e fare grandi sogni. Un percorso, come dicevamo, che può migliorare nell'equalizzazione dei suoni e nel dosare le pause, momento molto importante per un album, ma è modesto e ritroso, a tratti tenero (dis)incantato. Citiamo le collaborazioni in hUMANOALIENO 2: Paolo Scotti  e Maurizio Conte (batteria), Franz Miele (basso), Alberto D'Ari (tastiere), Enrico Sciaudone e Claudio Borrelli (chitarre), Emilio Silva Bedmar e Gianluca Varone (sax), Lino Muoio (mandolino), Alfredo Iannelli (piano e batteria), Antonio Perillo e Angelo Apicerni (percussioni), Cristiano Santini (produttore artistico).

hUMANOALIENO si accinge a questo secondo atto con l'inno italiano del patriota Mameli, in maniera corale ed ironica, mentre in "Gramsci" mette su un un rock fatto di chitarre distorte e atteggiamenti new wave, ricordando i primi Bluvertigo, ma "giovani non si torna più" e "arrenditi a questo mondo strano" meno dark. Dal patriottismo iniziale all'Ordine Nuovo di uno dei politici e scrittori italiani più influenti, si passa al "Nero mi piace, il rosso non so, il rosso mi piace il nero non so" di "L'elastico" e di chitarre libere ma non liberali, un bel requiem questo populismo di "siamo fatti un pò così, ma tu sei fatto un pò di più, dici son tutti uguali, tutti rubano"... l'atmosfera anni '80 invade anche "Non siamo soli" "... nauseante questo odore... Ivan mi chiama pigro non lo biasimo", ricordando Graziani ma anche tante "malelinghe" che si insinuano tra i synth e la mal predisposizione del nostro, qui già in fase di transazione. Il pezzo vira in un dance loopato con tastiere da "Impressioni di Settembre", in una pelle che sta mutando, sempre meno umana, sempre più indisposta verso quello che lo circonda e sempre più aliena. Prova ne dà in "Ballad of Spring", l'unico brano in inglese che lo rende molto credibile e a suo agio, un folk piacevole e leggero nonostante la tematica, l'urgenza di salvare l'ambiente in cui viviamo, questo pianeta, questo "paradise" maltrattato. Sarà l'uomo la causa della fine del mondo?
In "Sembianze" hUMANOALIENO prosegue senza troppe evoluzioni nella sua ballad: "I sogni siano segni da conservare in mano, col tempo tu lo accetterai", una presa di coscienza "liquida", con gli armonici delle chitarre che annullano il tempo, mentre "il tempo le dissolverà" con "Disincanto" dove la tromba di Emilio Silva Bedmar salva un brano difficile ad un primo ascolto e a cui avrebbe fatto bene un momento di respiro solo strumentale. 
In "Latex", hUMANO, in una trama da "Laguna Blu", recupera le elettriche distorte e i bei riff melodici dal piglio rockeggiante alla Intercity, finiscono in un "... adesso che non ci sei la mia mano lavora" sin troppo chiaro. La pioggia scende sulle "Ombrenere" con la batteria in loop e l'aurea creata dai campionamenti, un altro brano pienamente anni '80 tanto cupo ma volto a spiegare il distacco raccontato dall'autore, la partenza, l'addio... "vedrai che il tuo uomo non tornerà...".
La cover de Le Orme "Se io Lavoro" è apocalittica e vuole essere anche profetica: "Se io lavoro è perché non so che fare, perdere tempo vuol dire restare indietro e se dovessi tornare a nascere un'altra volta, direi al Signore di darmi la forza del contadino...", musicalmente non stravolge il brano originale ma comunque ne riesce a dare vigore, soprattutto con le elettriche giocose. Nel brano di chiusura del disco, "L'Atronave", hUMANOALIENO non "traccia confini". Per lui è l'unico modo per non restare "prigionieri" in una sola pelle, solo l'umano o solo l'alieno. Così indossa una chitarra, ci invita ad ascoltare la sua ballad malinconica e sognante come il sax di Gianluca Varone e lascia a lui lo spazio dovuto, andando via in punta di piedi.

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