“Come Dio dobbiamo amare le nostre
creazioni... dobbiamo riempirle di vita, di carattere di speranza, di
sogni e di errori fatali e poi, e poi dobbiamo lasciarle andare
perché alla fine il vero amore, come l'amore di Dio... è lasciare
andare!”
Era dal 1976, da “Le Strade di San
Francisco”, che Michael Douglas non interpretava un personaggio
principale in una serie tv ed ora lo fa in “Il Medoto Kominsky”,
la nuova comedy della Netflix creata da Chuck Lorre, lo stesso di
“Pappa e Ciccia”, “Dharma & Greg”, “Due Uomini e
Mezzo”, “The Big Bang Theory”, “Mike & Molly”, “Mom”
e “Young Shledon”: insomma una storia trentennale di enormi
successi di pubblico e critica. Qui è però un Lorre decisamente
diverso, meno pop, senza risate preregistrate di sottofondo, meno
divertente, con battute meno d'impatto, ma qualitativamente
decisamente sopra la media delle ultime creazioni dello showrunner.
La serie racconta di Sandy Kominsky, interpretato dal nostro Douglas,
che anni prima ha vissuto un periodo di enorme successo, ma che
adesso, ormai dimenticato e rifiutato da qualsiasi regista, è
diventato uno degli insegnanti di recitazione più apprezzati di
Hollywood.
Il miglior amico di Sandy è Norman, interpretato dal
brillante Alan Arkin, che è anche suo manager. Tra i due c'è un
forte affetto e stima reciproca, dovuta ai tantissimi anni passati
assieme e come tutti gli amici che si conoscono da moltissimo tempo,
si battibeccano e scherzano anche sulle loro disgrazie e
disavventure. Ben presto entrerà a far parte della vita di Sandy,
Lisa (Nancy Travis), una donna già parecchio avanti con l'età che
fa parte degli allievi di Sandy. A completare il quadro c'è la
figlia del protagonista: Mindy (Sarah Baker), scontrosa, che cerca di
spronare il padre a migliorare la propria vita senza usare mezzi
termini e mezze misure. Tanti sono i personaggi ricorrenti e gli
ospiti di questi primi otto episodi distribuiti tutti nello stesso
giorno, il 16 novembre scorso. “Il Metodo Kominsky” da uno
spaccato furbamente veritiero - usando sia battuta che la lacrima -
della senilità, con uno sguardo ammirato verso uomini e donne che
faticano ad accettare la vecchiaia e la morte che si avvicina
inesorabilmente. Ed è proprio la morte di un'amica, la moglie di
Norman, che sarà uno di quei momenti in cui tutto viene messo in
gioco, la fragilità del sarcasmo con cui il protagonista affronta la
vita viene sovrastata dalla forza stessa di essa. A conti fatti
quindi la serie non si può considerare una comedy in piena regola,
ma più una dramedy, nella quale il cinismo e le battute crescono di
pari passo con la paura dell'età che avanza.
Michael Douglas ed Alan
Arkin sono un bellissimo esempio di Arte allo stato puro in una
dimensione piena di sogni e di speranze spezzate, come quelli dei
ragazzi che cercano di realizzare e rincorrere quello stesso sogno
inseguito da Kominsky anni prima, insieme a migliaia di altri che
provano ad avere quel tanto agognato successo: quei famosi quindici
minuti di celebrità. Nel far parte di questo mondo Sandy e Norman
ricordano vagamente Grace e Frankie della serie omonima, sempre della
Netflix, con altri due mostri sacri della cinematografia mondiale,
Jane Fonda e Lily Tomlin, stavolta però ponendolo dal punto di vista
maschile, che non è poi così diverso da quello femminile, perché
quando si superà una determinata età, un po' tutti cominciano a
tirare le somme e a guardare con diffidenza il domani senza però
volersi arrendere al passato ed al fisico che cede e che non ti
permette più di fare tutto ciò che desideri. Ecco, Grace, Frankie,
ed ora Sandy e Norman, sono un modo per guardare con sincerità,
emozione e ironia, questo pezzo di vita, e farlo in una maniera
veramente gradevole e stimolante per noi che li osserviamo attraverso
uno schermo. Detto questo “Il Metodo Kominsky” è senza alcun
dubbio una serie che consigliamo e promuoviamo a pieni voti.
Commenti
Posta un commento