“Anche un cane bastonato alla fine
riuscirebbe a mordere la mano del suo padrone. Credi davvero che la
tua ricompensa arriverà nell'al di là e che Dio sarà
misericordioso con te? Mi diverte la tua resistenza passiva... il tuo
movimento fallirà!”
12 marzo 1983. Il viso di un uomo
tumefatto, insanguinato dalle botte subite, legato ad una sedia, da
l'inizio a “1983”, nuova serie della Netflix che mette in
evidenza come non tutto ciò che ci viene mostrato è reale e molto
ci viene nascosto dai mezzi di comunicazione, allora come oggi. La
serie è di genere ucronico, sono definiti così quei film e quei
telefilm di carattere fantasy in cui da un dato fatto susseguono
conseguenze differenti da quelle realmente successe e quindi ci
narrano una storia diversa da quella realmente accaduta, come in una
specie di universo parallelo. Ci troviamo in una Polonia - la serie è
per metà polacca e per metà statunitense – distopica, come
dicevamo, infatti la serie ci mostra un'Europa ancora spaccata a
metà, un'Europa nel quale nel 2003 la famosa cortina di ferro non è
crollata e vige ancora un sistema repressivo da parte della polizia
sullo Stato polacco. La serie quindi ci mostra i due lati della
stessa medaglia, in un'Europa del 1983 in cui un attacco terroristico
multiplo ha alterato completamente la storia per come la conosciamo,
tanto che nel 2003 la guerra fredda è ancora in corso. I due
protagonisti della serie sono: Kajetan (Maciej Musial) e Anatol
(Robert Wieckiewicz), il primo uno studente universitario in
giurisprudenza e l'altro un detective anziano e stanco che ormai ha
ben poco da perdere, che uniscono le loro forze per scoprire cosa è
realmente accaduto nel 1983 e cercando di mettere in atto una vera e
propria rivoluzione all'insegna della scoperta della verità,
scoprendo ben presto l'esistenza di un nuovo movimento di resistenza.
Creata da Joshua Long per otto episodi complessivi che potrebbero
essere conclusivi, la serie è a dirla tutta una delle cose più
discrete che abbia prodotto il canale on demand nell'ultimo anno,
calcolando la quasi totalità di orrori ordinati nel corso di questo
2018. “1983” ha una bella regia ed un buon incipit, anche il cast
non è niente male, ma è di una lentezza immane, nell'arco delle 8
ore totali ci sono talmente tanti momenti di buio che la noia regna
quasi costantemente sovrana. Ci viene poi raccontato un pezzo di
storia più e più volte raccontato in molte salse diverse e forse
andava migliorato l'aspetto ritmico e tensivo se si voleva attirare
l'attenzione, perché con questo andazzo la serie risulta molto
anziana, stantia, come se fosse stata prodotta vent'anni fa. Nel
constatare però che la serie è una delle cose migliori prodotte
dalla Netflix quest'anno, ci rendiamo conto davvero di quanto il
network sia calato qualitativamente negli ultimi anni. Certo è che
un canale che ogni venerdì manda in onda una o due serie nuove,
significa che in un anno vengono ordinate e prodotte, soltanto dalla
Netflix, più di 60 nuove serie televisive – i network generalisti
americani ne produco al massimo 15 l'anno, tanto per fare una
comparazione - ed è ovvio e obiettivamente inutile constatare come
questo non possa non andare a scapito della qualità che il network
invece manteneva ben alta ai suoi esordi, ma quest'anno più che mai
ci siamo resi conto di quello che c'è stato di davvero buono su
queste 60 nuove proposte e la risposta è: davvero praticamente
nulla, se consideriamo anche che il canale continua ad ordinare serie
tv discutibili eliminandone contemporaneamente altre di qualità
eccellente, andando ad intacare negativamente tutto il palinsesto.
Proprio per questo in mezzo al fango ci rendiamo conto che “1983”
è sicuramente una serie promettente ed interessante, ma con tanti
difetti, difetti che probabilmente sarebbero stati perfezionati
qualora non fosse necessario dividere il budget per altre 50 serie
mettendo così in primo piano la qualità rispetto ad un inutile e
approssimativa quantità. Avanti il prossimo.
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