Bohemian Rhapsody di Bryan Singer


Una prima e ultima parte senza alcun senso logico e narrativo, nel mezzo un mare di inesattezze e una recitazione basata unicamente sulla macchietta. L’attesissimo film sulla storia dei Queen “Bohemian Rhapsody” di Bryan Singer con Rami Malek nei panni di Mercury, che sta riscuotendo enorme successo al botteghino,  è una delusione completa, chi parla addirittura di capolavoro,  è accecato dal mito semplicemente, da non saper più discernere una caricatura da un personaggio, un'accozzaglia di eventi da una sceneggiatura. L’ inizio è tutto giocato sui dettagli, dell’entrata di Mercury sul palco del live Aid…sembra promettere bene,  poi i dettagli vanno a farsi benedire, nel senso che assurgono a narrazione vera e propria, in preda alla stessa sindrome del recente "A Star is Born". Così nel giro di nulla Freddie giovane dice al padre che la sua vita non vale un cazzo, va a sentire gli Smile, fine concerto il cantante lascia, lui si propone, nuovo concerto sul palco, poi in tour per i pub, poi bucano una gomma.. Freddie decide di vendere il furgone per preparare un disco e:
“- Chi sono quei ragazzi in sala - Una band di studenti che fa roba strana - Vorrei una demo me la fai avere” e poi “- Allora il nuove nome è Queen? - Come sua altezza reale, perché è scandaloso e non so pensare a una persona più scandalosa di me” non sono passati neanche dieci minuti dall’inizio del film, Mercury appare come una grandissima testa di cazzo che prende decisioni a cazzo senza che nessuno gli abbia conferito in ogni caso tale potere, che la band ha già un successo strepitoso… non è un problema di montaggio frenetico, è un problema di stereotipi che vanno a condensare gli inizi, senza alcuna verosimiglianza storica tra l’altro che hai voglia a dire: va beh è comunque un film. Insomma la parte che dovrebbe aver maggior spazio se si vuol dare profondità alla storia, finisce in un frullatore dove gli ingredienti vanno alla rinfusa dimenticandosi del piatto principale. Dopo il film prende in qualche modo le misure, sempre raccontando “una sua storia” scivolando a tratti nel melenso, distorcendo la realtà storica in se in modo decisamente discutibile. Per arrivare a un finale che è una sorta di rifacimento dell’esibizione dei Queen al Live Aid… interminabile, della serie una persona normale si riguarda quella vera. Ecco manca in primis la verità, ma non solo purtroppo, mancano anche spessore, profondità, curiosità, emozione.

“-  Guarda che sei in una rockband Freddie non ne i Village People”
“- Mi piaci - Anche tu mi piaci - Vieni a cercarmi quando anche tu ti piaci”
“- Si può sapere che fate? - Se fossi puntuale lo sapresti - Sono un perforrmer non un ferroviere svizzero”
“- Non siamo noi - Noi? I Queen sono quello che decido io”
“- Essere umani è una condizione che richiede un pò di anestesia”

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