“Dimenticatevi per un attimo tutto
quello che avete imparato alla scuola di polizia, non vi sarà
d'aiuto. Consideratelo un amplimento per la vostra formazione ed il
vostro praticantato. E' una misura delicata che richiede misure
eccezionali”
Creata, diretta, scritta e prodotta
interamente da Christian Alvart, “Dogs of Berlin” è la seconda
serie tedesca prodotta dalla Netflix dopo “Dark”. Ci troviamo,
come dice il titolo stesso, a Berlino, qui, Erol Birkan (Fahri
Yardim) e Kurt Grimmer (Felix Kramer), sono due agenti di polizia che
si trovano a gestire un caso molto scottante: la morte di uno dei
calciatori più talentuosi del calcio tedesco, proprio alla vigilia
di una partita importante. La sua morte sembrerebbe però legata ad
un giro molto grande tra neo-nazismo, mafia e clan familiari turchi,
portando l'elenco dei sospetti a divenire sempre più ampio, tanto da
spingere la catena di prove fino ai più alti uffici della capitale
tedesca. Insomma l'uomo non era un santo così come appariva,
nonostante fosse un idolo per molti. La serie parte dal fondo e con
un ritmo adeguato cresce di episodio in episodio nell'arco dei 10
totali di una prima stagione uscita nella piattaforma streaming per
intero il 7 dicembre scorso. La serie risulta più cupa del
necessario e si inoltra nei sotterranei della società tedesca anche
grazie all'appoggio diversi flash-back ci fa capire cosa è successo
prima il ritrovamento del cadavere, ma senza svelarci troppo. Nel
cast ci sono anche Kathrina Schutter che interpreta Paula Grimmer e
Anna Maria Muhe nei panni di Bine, che sono le due attrici più
“famose” del gruppo attoriale decisamente poco conosciuto, ma
comunque abbastanza interessante, anche se presenta qui e là qualche
lacuna interpretativa. “Dogs of Berlin” ha una scrittura
tipicamente tedesca, nel quale si uniscono i classici polizieschi che
hanno fatto la storia del Paese agli intrecci internazionali più
“moderni” e ben congegnati. Come dicevamo la serie comincia ad
appassionare a piccoli passi, ma senza mai esplodere del tutto,
nonostante un discreto ritmo che si accomuna ad una buona cura del
dettaglio. Bella la caratterizzazione dei personaggi, buoni i
dialoghi, ma forse la serie è un po' troppo cupa e ambigua, si
esagera a volte nel voler a tutti i costi farci inabissare in una
trama che unisce troppa cattiveria, troppo male e troppe minacce dal
quale destreggiarsi. Insomma dove ti giri ti giri ci sono corrotti e
conseguenti vittime. A conti fatti siamo di fronte ad un buon noir,
con una storia intrigante che mette forse un po' troppa carne sul
fuoco e qualcosa qui e là si brucia un po', ma è comunque una crime
story che non possiamo non promuovere, ma che non può piacere a
tutti.
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