"Ti ho perdonato"
è il debutto solista di Ilaria Allegri, corista e performer (accanto
ai comici PanPers) che esordisce alla musica autoprodotta con un
parterre di ospiti che non tutti possono permettersi. Un Ep con 5
brani che possiamo definire un piccolo concept, con un unico filo
conduttore intimo. E si sente. Ilaria avrà scritto queste canzoni
ripensando alle situazioni accadute nella sua vita, come quando si fa
un bilancio, soppesando i sentimenti con un pizzico di ironia. Voce
"clean", interpreta bene ciò che canta perchè sono sono
sue creazioni, vengono da dentro, sono viscerali. E al di là di non
perdersi dentro una relazione stretta, fatta di troppe parole e pochi
sguardi, di tante cose taciute, di tradimenti, musicalmente è un
lavoro poco inquadrato in un genere prestabilito.
Perchè lei ha
sicuramente una voce pop ed un piglio swing, il suo produttore
Daniele Li Bassi le trova un abito moderno, l'elettronica, che le sta
a pennello. Per non parlare
dei musicisti che l'hanno accompagnata in questo breve viaggio e
l'apporto diversificato che hanno fornito: il bassista Marco Lamagna
che Ilaria ritrova dopo l'esperienza da corista per Eugenio Finardi,
Charles Ferris alla tromba e trombone, Gianluca "Cato"
Senatore già Bluebeaters e Africa Unite che è un piacere ritrovare
alle chitarre assieme a Paolo Angelo Parpaglione al sax, entrambi nel
brano "Zitto". Un Ep che ad Ilaria Allegri aprirà una strada da intraprendere.
Aurea ambient in "Ti
ho perdonato" con le chitarre in levare sullo sfondo, i fiati
giocosi che ironizzano con la vocalità suadente di Ilaria, gatta che
graffia: "Ho pianto e ho sperato che morissi in una notte
d'estate, a piedi nudi su una spiaggia abbandonata, maledetto quante
ne hai raccontate, però se penso ad un tuo bacio appassionanto, t'ho
perdonato", a farsi male, a cercare il tradimento dagli odori,
dai sapori e quatta prosegue nel chorus che ha una viva melodia
ballabile grazie ai loop e ai campionamenti ben dosati che sono un
manto e che si intravedono dopo la prima strofa anche in "Un
bacio alla volta" con i mandolini che rievocano i Madredeus, ma
con la voce della nostra più votata al pop. "Sono ferma ad
aspettare che qualcuno prenda una parte di me e che poi si arrenda"
manifestando una tendenza teatrale, per il vero già insito
nell'artista. In una sorta di continuazione del brano precedente, "Un
bacio alla volta" vive tra la passione del momento e la voglia
di una storia vera. Nel finale il trombone martellante, le chitarre
libere e frenetiche fanno bene ad un ritornello più ricorrente.
In
"Zitto", il piano effettato viene attraversato dalle
incursioni del frenetico sax, dai loop di batteria e dalle chitarre
di Cato. Certo l'assolo del sax in un elettro-swing è azzardato ma
Parpaglione è un "animale" da palcoscenico e sa fare bene
il suo lavoro: "Abbiamo qualche occasione buona almeno tra le
lenzuona, mentre il cuore lavora", una relazione complessa da
vivere in due, sotto lo stesso tetto, dove a tante parole inutili si
preferisce il silenzio di due cuori che si ascoltano, che si
comprendono.
"Se fossi qui"
è un brano tipicamente sanremese senza un vero chorus - che
tenderebbe a banalizzare troppo -, inoltre ha un testo semplice ma
chiaro. Il velo malinconico pervade, Ilaria canta sognante ma decisa:
"Come
abbiamo speso il nostro tempo tra una corsa ed un affanno, come onde
in mare aperto ed aver paura che anche il vento si sollevi
sull'inganno e ci porti allo scoperto". In "Straordinario",
ultimo atto dell'Ep, le chitarre incedono mentre un suono "palm
mute" ossessivo si insinua. Un pezzo che, come racconta Ilaria,
è nato per gioco, ma la sfida si è trasformata in una condanna a
chi si appiattisce e si accontenta nella vita: "Compra la
macchina nuova, sposati al più presto e poi finisci l’università,
mentre fai un figlio che ti aspetta sveglio quando fai lo
straordinario... straordinario...". Ilaria canta con il
ghigno di chi non ci crede molto a questa vita straordinaria,
risultando quindi credibile. Nella seconda parte, prima del chorus, un
bridge spaziale.
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