Beato chi si lascia
incantare da “Cancionero” (Tronos digital/Felmay)
di Ester Formosa e Elva Lutza, registrato e mixato da Andrea
Pica. Una raffinata interprete catalana che assieme al duo sardo
formato da Nico Casu e Gianluca Dessì hanno dato vita
ad un album dal cuore “world”. Dalla Catalogna al Medio
Oriente, con uno sguardo verso il Sudamerica ma restando in Italia,
“Cancionero” spazia dai timbri ispanici sfiorando il fado,
valorizzando i canti popolari tradionali, che siano iberici o
messicani, sefarditi o appartenenti allo zoccolo duro del
cantautorato italiano. Un brano infatti, è “Menica Menica” di
Bruno Lauzi, altri due appartengono al repertorio di Stefano Rosso,
scomparso 10 anni fa.
La forza del progetto però, sta nel non far
pesare all'ascoltatore la varietà di tematiche, di culture, di
storie ed epoche affrontate ed attraversate. Sta qui la vera
contaminazione: più che di sonorità, di contenuti. Perchè molti
pezzi vengono riarrangiati chitarra e tromba in evidenza, correndo
più di un rischio, ma arricchendo il tutto grazie all'intervento mai
invasivo di bravi musicisti: Riccardo tesi all'organetto, Bruno
Piccinnu alle percussioni, Dante Casu al clarinetto, Michele Garofalo
al corno, Giovanni Becciu al basso-tuba. A convicerci dell'ottimo
lavoro anche come è stato 'confezionato' “Cancionero”, con un
mood che procede di sottrazione. E a noi il minimal piace.
“Cielito Lindo”:
spoglia e lirica, la tradizione popolare messicana degli espatriati,
“de contrabando” è più attuale che mai anche da questa parte
dell'Oceano e vede i fiati dare una manciata di colori ad una
chitarra, alla voce della Formosa morbida e suadente...
“Esta Muntanya”: le percussioni tibrali di Piccinnu e la 6 corde
di Dessì per chiudere gli occhi e proiettarsi nell'antica porzione
di terra iberica, in cui Africa ed Europa mai furono così vicine. Un
brano “sepharad” che sembra evocare il Tanakh: “Esta montaña
de enfrente, se enciende y va quemando, Ahí perdí a mi amor. Me
siento y voy llorando/Questa montagna di
fronte, si accende e va a fuoco, lì ho perso il mio amore. Mi siedo
e sto piangendo”
“Cucurutxu”: un
facile Battiato anticipa i fiati di Casu, il clarinetto e il curioso
basso-tuba, che mettono su una ballata barocca vivace, con Ester
Formosa che torna nella sua Catalogna. Una ritmica di matrice sarda,
un “cono gelato” multigusto, un'esplosione di etnie di
questo delizioso album.
“A su tramontu”: si
cambia atmosfera, mesta e “notturna” non a caso il duo Casu-Dessì
cita Chopin, con l'organetto come anelito, gli arpeggi come dita che
affondano sulla pelle di un brano a tinte rossastre e di una vocalità
precaria ed appassionata...
“Menica Menica”: un
valzerino rotto che nella sostanza non altera la leggiadria
dell'originale di Bruno Lauzi. I fiati addolciscono il piglio ironico
di Formosa, solleticano. Nella seconda parte viene citata “Le
cose che piacciono a me” tratta dal film “Tutti insieme
appassionatamente”... “Menica, Menica oggi è domenica,
oggi all'amore si fa”.
“Tonada/La Fruita mes
primerenca”: intro evocativo, già apprezzato in artisti come i
Madredeus. Gli arpeggi prendono per mano Formosa per condurla in due
canti della tradizione dell'isola di Maiorca, nella parità dei
generi, con le donne a contar le olive, con gli uomini a raccoglier
le mandorle dai rosei rami... un “cultivar” che si distingue, ora
più altezzoso, ora più tragico...
“Bre Sarika”: ritmica
balcanica, frenetica e giocosa nello scambio di sguardi sotto i veli,
tra lui e lei, lei che lo aspetta al varco per farsi cercare fino a
respingerlo per conservare l'amor proprio. Un brano-donna dal sapore
arabeggiante, quindi bello il contrasto; mentre la voce maschile
torna alla terra madre sarda per farsi “tenores”.
“Drume”: il pezzo
segna la dimestichezza del trio nel fondere culture e folklore, con i
soli fiati e la chitarra. Si tratta di tre ninne-nanne, una catalana,
una cubana e una sarda, con la tromba scherzosa che si trasforma in
un bimbo che gioca a nascondino, strappando un sorriso.
Linguisticamente quello che viene fuori è un tutt'uno, in perfetta
armonia che è lo scopo dell'operazione...
“Corrandes d'Exili”:
dolore nel timbro, negli arpeggi e nella tromba, a dar voce alle
Canzoni contro la Guerra. Formosa canta, l'ascoltare si commuove
perchè si sente esule come Quart, come Bolaño o Berchet, vivendo la
lontananza e la nostalgia sulla propria pelle.
“Gira il mon i gira”:
la canzone di Stefano Rosso “Girotondo” diventa una delicata ballata tradotta in catalano dallo scrittore Joan
Casas Fuster. Bastano solo delle effimere corde e poco altro
affinchè Rosso torni a regalarci una carezza e a farci capire quanto
il suo piglio acre manchi tanto...
“Acidito”: portato al successo dalla venezuelana Cecilia Todd,
qui Formosa ed Elva
Lutza, scarnificano l'originale seppur mantenendone la cadenza. Le
spazzole vengono abbandonate virando verso un mood brioso e curioso:
“Cual la tuna del limón se clavó en mi corazón y me dejó sin
ilusión, sin amor y sin fortuna/Come il
tonno al limone è rimasto nel mio cuore e mi ha lasciato senza
speranza, senza amore e senza fortuna...”
“Lune”:
… di Riccardo Tesi, è un bacio “sulla nera fronte” dato
da un organetto che si scontra con la ispanica e avvolgente
“guitarra”. L'udu afro richiama “l'origine del vento”,
il deserto fino in Medio Oriente per un finale concitato...
“In su
mare”: il sound è quasi un continuo del precedente, con Casu
dolente fino alla drammaticità. Un balletto di voci, una rumba
sinuosa, ammaliante...
“Pregaria”:
è “Preghiera” di Stefano Rosso tradotta in catalano.
Formosa e Elva Lutza recuperano la tragica bellezza della versione di
Mia Martini, quando ancora la sua voce non era roca. La chitarra che
sostituisce il pianoforte è un bene: “Finché tramonta il sole
finché la terra va tu dona o mio Signore a chi ti chiederà”.
L'inserimento del brano sardo liturgico “Babbu Soberanu”
è voluto non a caso, ma solo nella parte strumentale.
“La
Violetera”: di Raquel Meller ci fa capire come Ester Formosa
venga da quella scuola, e stiamo parlando degli anni '20. La nostra
ne mantiene la regalità. Sullo sfondo i compagni di questo viaggio
per la Parallel di Barcellona, intenso e toccante...
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