I Am the Night (TNT)



“Ti affidarono a me in un cazzo di bagno! Una donna bianca, in un bagno di un casinò... era da sola, parlava all'infinito, così le parlai di me e del buon reverendo Greenwade. Già, le dissi che ero sposata. Sai, dava grosse mance, quindi esagerai un po'. Le dissi che il Signore non ci aveva dato la grazia di avere un figlio. Mi chiese se avrei voluto adottare la figlia di sua figlia... Credevo fosse ubriaca o pazza, chi avrebbe mai pensato che stesse dicendo sul serio? Quindi le dissi che era una cosa fantastica”

In arrivo sulla TNT l'attesa miniserie con protagonista Chris Pine, qui anche in veste di produttore esecutivo, tratta dal romanzo “One Day She'll Darken” di Fauna Hodel, romanzo autobiografico che vede la Hodel interpretata nella sua trasposizione televisiva da India Eisley, conosciuta ai più per aver fatto parte del cast di “La Vita Segreta di una Teenager Americana”. Sei sono gli episodi che compongono “I Am the Night”, nel quale viene raccontata la storia di Fauna, ragazza abbandonata dalla madre biologica e cresciuta con una donna di colore che le fa da madre, Lee Greenwade (Golden Brooks), una donna violenta, dedita all'alcol. Proprio per essere cresciuta in questo modo, la ragazza viene trattata da “negra” a scuola, ma un giorno comincia ad indagare sul suo passato e finisce per scoprire delle tracce misteriose ed insidiose, arrivando a conoscere dettagli sulla morte di Elizabeth Short, la famosa Black Dahlia, caso di cronaca negli Stati Uniti nel 1947, quando la donna venne trovata morta mutilata a Los Angeles, nel quartiere di Leimert Park, omicidio del quale non venne mai trovato colpevole. 
In particolare la ragazza scopre di essere legata ad un uomo, un medico americano, George Hill Hodel, che nel 1947 venne realmente accusato dell'omicidio della Short. In realtà l'uomo all'epoca non venne mai accusato formalmente, ma dopo la sua morte, il figlio Steve accusò il padre non solo di essere stato l'assassino di Black Dahlia, ma anche di aver commesso diversi omicidi. Ma questa è un'altra storia. 

Torniamo alla serie. Qui George viene interpretato da Jefferson Mays. La storia parte dal 1965, siamo negli anni del razzismo, anni in cui ci sono ancora distinzioni nette tra bianchi e neri, anni nel quale una relazione tra una ragazza bianca ed un ragazzo nero poteva essere vista molto male dalla gente, ma siamo anche in epoca di gravissime tensioni politiche. Attingendo a fatti realmente accaduti la serie si allarga su diversi fronti, risultando intrigante e coinvolgente, con un cast assolutamente eccellente, ma una sceneggiatura che risulta un po' carente dal punto di vista strettamente noir e drammatico, rafforzata da una narrazione non di certo eccellente, soprattutto nei primi tre episodi. Chris Pine in questa occasione è Jay Singletary, fotografo freelance, una specie di paparazzo d'altri tempi, che racimola scoop per guadagnare soldi “facili” e li usa comprando droga. Ma ben presto nella sua strada incontretà Fauna, che vuole il suo aiuto per scoprire la verità sul suo passato. Nel cast anche: Peter Sullivan (Leland Orser), giornalista del Times che da a Jay dritte su possibili notizie e scandali, Billis (Yul Vazquez), agente della polizia di Los Angeles e Corinna Hodel (Connie Nielsen) la prima dalla quale Fauna riesce a recepire informazioni. 
Ma è Chris Pine ad essere decisamente il punto focale di “I Am the Night” perché riesce pienamente a dare emozione ad un personaggio solo in apparenza futile e banale. Bellissima la sigla d'apertura che unisce in sequenza quello che andremo a vedere nel corso degli episodi in un contrasto sublime tra buio e luce. La serie in se è un po' disomogenea, si predilige mettere in evidenza i personaggi e quindi l'interpretazione e la caratterizzazione degli stessi piuttosto che dare sfogo ad una trama che di base sarebbe molto interessante. Il regista è Patty Jenkins, lo stesso che ha già diretto Pine in “Wonder Woman”, qui però si perde un po', soprattutto nei primi tre episodi, mostrandoci il fumo senza l'arrosto. Dobbiamo aspettare lentamente il quarto episodio per iniziare a vedere realmente qualcosa, un po' di pathos, una buona dose di adrenalina, mettendo realmente in luce una pagina di cronaca nera americana ancora oggi irrisolta, come nei più classici “Cold Case”. Cosigliamo comunque di avere un po' di pazienza perché la serie merita di essere vista.

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