"Perfetto,
farò di te un'assassina"
"Voi
non avete idea di quello che farei per il mio Paese, e per voi"
Nell'Inghilterra del
XVIII secolo, l'illuminismo inizia ad aprire la mente degli uomini e
a proiettarla verso nuove rivoluzioni. In questo contesto è
ambientato "La Favorita" di Yorgos Lanthimos che torna
alla regia dopo "Il sacrificio del cervo sacro" e
soprattutto dopo il successo di "Lobster". Nonostante qui
non ci siano futuri distopici, la mano del regista - e la sua visione - appare molto chiara. Nel 1702 Anna di Gran Bretagna
diventa regina, la prima sovrana d'Inghilterra ed ultima del casato
degli Stuart. Secondo diverse fonti storiche - quelle su cui verte la
narrazione cinematografica - la duchessa di Marlborough, Sarah
Churchill, era sua consigliera ed amante, nelle segrete stanze di
Palazzo.
Ma in realtà Sarah era molto di più, era colei che
spingeva la regina a prendere determinate decisioni per il Paese, da
buona guerrafondaia qual'era. L'arrivo della giovane e bella cugina
di Sarah, Abigail, arrecherà squilibro tra le due amanti,
infilandosi tra i piaceri della regina Anna e contrastando l'odiata
Sarah. Giochi di potere, strategie di guerra, conquiste, alleati e
nemici pericolosi, vizi e virtù della nobiltà in "La Favorità"
sono solo il contorno che fanno da sfondo alla triade protagonista,
quella di Anna-Sarah-Abigail, dando un taglio alquanto femminista e
quasi in controtendenza rispetto al periodo. Infatti nel film gli
uomini, i cosiddetti "parrucconi", vengono "disegnati"
come delle animelle, delle pedine che tentano lo scacco matto
rimanendo invece ostaggio di una regina e di due dame, ostaggio delle
passioni e dei piaceri proibiti (ma poi non così tanto) sotto le
ampie gonne.
A dare il volto alla regina Anna, una dolente Olivia
Colman, giunta qui alla consacrazione dopo "The Crow" e la
serie tv "Broadchurch". Una donna debole, che ha qualche
scatto di amor proprio appassito dai forti dolori della gotta, dai
baci appassionati delle due donne e dal dramma di aver perso ben 17
figli, figli mai nati, abortiti, nati morti, tre dalla vita molto
breve. Figli sostituiti da 17 conigli verso cui Anna prova affetto
materno. Conigli che si aggirano per le stanze della regina come
topi, simboli di malattie, nefandezze dell'animo umano, di potente
sessualità. Non a caso. Alla regina fanno da contraltare una cinica
Rechel Weisz e la curiosa Emma Stone. La fotografia, scura, tipicamente "medievale" è un vero e proprio contrasto col dato periodo
storico; il film è diviso in atti, come un romanzo. Alcune parti
sono lente ma a ragione per un film del genere. Alcune scene sono
eccessivamente melodrammatiche, altre di una subdola perversione, che
poi è la carta vincente de "La Favorita", così come la
componente sessuale che, in buona sostanza, sorregge e ricatta un
intero regno. Non che fosse un segreto a quei tempi che nelle stanze
del potere il sesso fosse viscerale, sporco, più di quanto non lo
sia oggi. E la "Maria Antonietta" di Sofia Coppola, anni
fa, ci aveva già mostrato questo aspetto. Ma l'unica vera
perplessità del film di Lanthimos, è il linguaggio usato. Consci
della trasposizione in italiano, è un linguaggio troppo
contemporaneo. C'è da capire se nel 1700 certe terminologie - come
ad esempio "passera" - venissero usate comunemente,
soprattutto a Corte. Resta un film intimo, che scatena emozioni contrastanti, da vedere.
"- dovete
allontanarla
- non voglio
farlo, mi piace quando mi infila la lingua dentro"
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