“Lei
è il primo a sopravvivere alla disattivazione… problemi al gas!”
Paul
Rudd è sicuramente il fulcro di “Living with Yourself”, serie
della Netflix creata da Timothy Greeberg, che vede al centro della
trama una pratica scientifica già ampiamente sviluppata in “Orphan
Black”. Stiamo parlando della clonazione. Che in questo contesto ci
viene posta sotto forma umoristica, nel classico mix cui la Netflix
ci ha abituato, tra comedy e drama. “Living with Yourself” ci
racconta la storia di Milles Elliot, uomo completamente frustrato,
con la sua vita da impiegato infelice e di marito triste, con una
moglie, Kate (Aisling Bea) che vorrebbe a tutti i costi un figlio, ma
l’uomo non si vuole sottoporre al test per la fertilità e non
vuole spendere cifre da capogiro per l’inseminazione artificiale.
In questo suo periodo completamente nero, si accorge invece che un
suo collega sta vivendo un momento d’oro, sia a lavoro che nella
vita privata e gli chiede come possa essere possibile. Da qui parte
l’avventura del nostro protagonista che si ritrova in una
misteriosa clinica, la Top Happy SPA, ignaro di ciò che gli sta per
succedere. L’uomo infatti si risveglierà dentro un sacco
sotterrato in mezzo ad un bosco, riesce però ad uscire e tornare a
casa. Lì scoprirà che è stato sostituito da un uomo completamente
identico a lui. Questo l’incipit di “Living with Yourself”.
Ovviamente da qui si dipaneranno una serie di disavventure in cui
Rudd casca a pennello: l’attore è decisamente portato per
raccontare questi pseudo drammi sarcastici e riesce a pieno ad
entrare nei panni di se stesso e dell’altro dando un piglio
completamente diverso ai due sé. La serie è sicuramente una delle
comedy più divertenti dell’anno del network on demand e si lascia
seguire senza difficoltà, empatizzando facilmente con il
telespettatore grazie ad una narrazione veloce e accattivante. Rudd è
sicuramente la forza dello show, con questi divertentissimi duelli
tra sé e sé.
Alla resa dei conti la serie non affronta un argomento
originalissimo, questo è ben visibile a tutti, però lo esamina con
un piglio intelligente, con una scrittura audace e dei dialoghi
interessanti, portando il telespettatore a riflettere. In fin dei
conti quanti nella nostra vita, tra il marasma della quotidianità
non ha detto almeno una volta: quanto desidererei un clone che mi
possa aiutare? Beh, guardando la serie non sappiamo in quanti, alla
fine degli otto episodi totali che compongono la prima stagioni,
continueranno a pensare che sia un bene essere clonati. Ma dobbiamo
anche aggiungere che la serie non è solo Paul Rudd, ma quest’ultimo
trova dalla sua una bellissima spalla destra in Aisling Bea,
l’attrice è in forma smagliante e dà il meglio di sè
nell’episodio in cui scopre la verità, il quinto, l’episodio di
svolta dello show, in cui tutto verrà messo in discussione. Non ci
troviamo quindi di fronte ad un capolavoro, ma sicuramente “Living
with Yourself” risulta una serie brillante, ricca di spunti
intelligenti, con un duo di protagonisti splendido e molto divertente
e questo basta per guardare tutta la prima stagione d’un fiato.
“Chi
vuole della zucca venga da me dopo!”
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