“Nessuno si siede
al pianoforte o prende in mano un paio di bacchette o la sua adorata
chitarra, con apatia… lo si fa solo con emozione, una sola
emozione! Ed è per questo che ogni canzone che abbiamo ascoltato da
quando siamo nati, fino al giorno in cui moriremo… dalla prima
ninna nanna cantata da nostra madre, fino alla marcia che non
sentiremo al nostro funerale, ci dice: ama… chiunque, ovunque,
dovunque… l’importante è amare… siamo qui per questo!”
Joshua Safran ci riprova dopo l’insuccesso di “Smash”, chiuso
dopo sole due stagioni, nonostante sia stato, a livello musicale
seriale una delle cose più interessanti dell’ultimo decennio. Lo
showrunner americano, come dicevamo, ci riprova e torna ancora una
volta a raccontarci musicalmente una storia che però, se non fosse
per l’eccellente cast, si dimenticherebbe molto facilmente. Da qui
nasce “Soundtrack”. La Netflix riconsegna nelle mani del
telespettatore un progetto stile musical molto spesso sfruttato in Tv
– ricordiamo negli ultimi anni: “Crazy Ex-Girlfriend” e “Glee”,
soltanto per citarne un paio – in cui la storia ruota intorno a
Nellie, aspirante cantante e ballerina che viene di punto in bianco
mollata dal proprio fidanzato e che si trova a doversi muovere da
sola e decidere che strada far intraprendere alla propria esistenza.
La ragazza ha, come da classico romanzo d’appendice, un rapporto
molto conflittuale con la madre Margot, interpretata dalla splendida
Madeleine Stowe, vecchia conoscenza telefilmica, ricordata da molti
come la cattivissima Victoria Grayson di “Revenge”, ma nemmeno il
rapporto col padre è dei migliori. Frank (Campbell Scott), tra
l’altro, ha anche un passato da galeotto. L’unica su cui può
contare è la sua migliore amica, Gigi (Megan Ferguson), uno dei
personaggi migliori dello show. Il co-protagonista della storia è
invece Sam (Paul James) che, nonostante la sua giovane età, è già
vedovo e deve crescere un figlio da solo, ma cerca in tutti i modi di
non rinunciare alla sua carriera di cantautore. Ad aiutarlo ci sono:
la zia Annette (Marianne Jean-Baptiste), donna impegnata tra lavoro e
la crescita di due figli, ma che cerca di essere presente anche nella
vita del nipote. Infine da ricordare nel cast anche Jenna Dewan, che
interpreta Joanna, assistente sociale, che cova ancora dentro di sé
il sogno di diventare una ballerina.
I momenti danzerecci/canterini
sono molti, ma vengono inseriti in maniera diversa rispetto ad altre
serie dello stesso genere, e le sequenze musicali si installano nella
trama intrecciandosi con la vita quotidiana dei personaggi, unendo a
tratti anche istanti d’animazione che nel contesto non guastano,
anzi rendono la sceneggiatura meno scontata. La colonna sonora
comprende pezzi che sono cover di autori contemporanei, da Kate Perry
a Demi Lovato, passando per momenti rap, intervallati a Whitney
Houston. Insomma un pot-pourri un po’ incasinato ma funzionante. La
serie però sommando il tutto risulta un po’ scarna nei contenuti:
la sensibilità con cui vengono trattati certi argomenti appesantisce
una trama già di per sé poco brillante e originale, dove l’amore
e la musica sono fulcro di tutto. Non basta inserire i classici
personaggi stereotipati, con orientamenti e colori di pelle diversi
per creare qualcosa di qualità, nonostante ci sia una bella
caratterizzazione generale, più per la bravura attoriale che per la
scrittura generale. Paradossalmente la storia più bella diventa non
quella dell’amore che si instaura tra i due protagonisti,
prevedibile e banale, ma quella tra padre e figlio, tra Sam e il
piccolo Barry (Isaiah Givens). In linea generale è una serie che si
lascia seguire facilmente, in cui i momenti più carini risultano
essere proprio quelli musicali, ben curati e dalle performance
impeccabili, come Broadway insegna, per il resto: nulla di nuovo
all’orizzonte.
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