Dispatches from Elsewhere (AMC)


“Siete Peter se terminate la giornata nel posto in cui l’avete iniziata. Nessun cambiamento, ogni giorno è uguale all’altro. Ad eccezione di alcune deviazioni arbitrarie e senza senso… un burrito al posto del sushi, ad esempio. E questa è la tragedia nella sua forma più silenziosa e devastante… una vita senza rischi, una vita senza il vero dolore… una vita senza delle gioie vere. Questo è esistere, non vivere”

Peter è un uomo abitudinario, il classico uomo solo che vive tra casa e lavoro, senza altri svaghi, un uomo che non guarda più nemmeno i suoi simili che camminano per strada, che al ritorno passa sempre dallo stesso discount a prendere il solito sushi dal frigo, o del burrito e poi si ritrova nello stesso letto dove l’indomani mattina alla stessa ora si sveglia con la solita suoneria dello smartphone. Questo è Peter, una persona come molte altre, almeno fino a quando la sua vita non cambia drasticamente. Inizia così “Dispatches from Elsewhere”, serie interpretata, prodotta, diretta e sceneggiata da Jason Segel, lo stesso Segel conosciuto ai più come il Marshall Eriksen di “How I Met Your Mother”. Partita lo scorso primo marzo sulla AMC, la serie è antologica, in ogni episodio si racconta una storia diversa, ma con alcuni personaggi che restano incastrati nella trama, come quello di Segel per l’appunto o come quello di Richard E. Grant, che interpreta Ocatavio Coleman, misterioso capo dell’Istituto Jejune, dove capiterà per caso Peter, dopo aver trovato per terra alcuni volantini criptici. Incuriosito dalla cosa l’uomo chiama il numero segnato sul foglio e da lì la sua vita cambierà completamente.




Raccontare “Despatches from Elsewhere” è un po’ complicato, perché la serie è molto strana, è essa stessa un gioco dalle dinamiche elaborate, uno show che desidera fortemente sorprendere il telespettatore creando empatia con i personaggi che circondano il suo mondo. Cos’è Jejune? Cos’è questo “Altrove” di cui tanto si parla nel corso degli episodi? E’ un gioco o realtà? In un certo qual modo “Dispatches from Elsewhere”, Jejune e l’Altrove, sono tutte meccaniche di un unico scopo, quello di connettere nuovamente in maniera fisica le persone tra di loro, in modo “offline”, in un periodo in cui la connessione tra individui è quasi esclusivamente online. Ma possiamo tutti giocare a questo gioco? Lo si può scoprire guardando lo show. Non sappiamo espressamente chiarirvi dove la serie voglia andare a parare, perché come abbiamo premesso fin dall’inizio, ci troviamo di fronte a qualcosa di assolutamente strambo, non è chiaro quali sono gli obiettivi dello show dal punto di vista narrativo. Di certo però la serie vuole che noi ci rivediamo nei personaggi, splendidamente caratterizzati, raccontati nel corso di questi primi dieci interessantissimi episodi. Nel cast da ricordare anche la trans Simone (Eve Lindley), l’anziana Janice (Sally Field) ed infine un uomo che comprende i sistemi meglio delle persone, Wynfred (Andre Benjamin). Non possiamo che consigliarvi “Despatches from Elsewhere”, perché è finalmente qualcosa di nuovo nell’infinito panorama seriale e soprattutto è qualcosa che tiene incollati davanti allo schermo ed era da tempo che non vedevamo una serie con questo potenziale.

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