Spesso un cantautore ha
bisogno di guardarsi dentro. Soprattutto quando, come Roberto
Sarno, hai un lungo percorso alle spalle e arrivi a tirare un
bilancio della tua vita. E “Prova Zero” può essere un
sunto di quel bilancio, dove cerchi di capire chi sei, cosa ti sta
intorno, di scavare dentro a fondo... ma alla fine la soluzione è
quella più semplice, lampante, è dentro noi stessi, è in quello
che facciamo ogni giorno. Una lotta continua tra felicità e
infelicità e in mezzo un lungo cammino fatto di semi da lanciare.
Per Sarno sono le sue canzoni, canzoni che ha raccolto negli anni e
che ha inserito in questo album prodotto con Marco Mafucci. Dopo
diverse band e collaborazioni, Sarno si mette a nudo e rilascia 10
brani, l'uno che rappresenta la continuazione dell'altro, stato
d'animo su stato d'animo, sentimenti, emozioni e cuore. Nonostante
non sia un ragazzino propriamente detto, Sarno lo si può inquadrare
tra quei cantautori indie di oggi, “stanchi”, essenziali,
introspettivi. Forse è anche per questo che ha scelto per “Prova
Zero” la reinterpretazione di un pezzo di Motta.
“Il tempo che brucia
sull’asfalto”: spoglio di tutto, piano e voce profonda “... e
infine sono qui con le mani sporche sento il vento che mi scalda già
e scende dentro me” con gli arpeggi della chitarra che procedono
malinconici verso un finale elettronico dal sound spaziale anni '80
ma testualmente più attuale che mai.
“Come per sempre”:
medesimo intro piano e voce con le incursioni questa volta dei synth
a lacerare “... lasciami sola qua a declinare l'ombra del mio io di
quello che non ho” con gli archi nervosi e una dimensione cupa e
ansiogena come qualcosa di “inafferrabile”, come la vita che non
manca di farci del male e presentare il suo tragico conto.
“Abbiamo vinto un’altra
guerra”: arpeggi e grancassa per la cover di Motta, contenuta ne
“La fine dei vent'anni” che Sarno fa sua non solo come sfida (o
divario) generazionale, accentuando l'aspetto più folk rispetto al
brano originale: “Hai presente quelle volte che vai al letto e non
sei stanco, ti passa un treno sopra gli occhi, ti risvegli e sei
contento?”.
“Fragole”: un manto
elettronico si dipana per tutto il brano “... Sento che non rimane
che piangere, perdo sangue o quello che è e mi trovo a piangere” e
la chitarra è come se si lasciasse attendere, come se fosse stanca,
alla ricerca di qualcosa che possa soddisfarci, di un posto nel
mondo. Ma in realtà tutto dipende da noi e dalla nostra forza...
“Io sono qui”: i
fiati entrano a dare una carezza ad una chitarra
scanzonata, mentre Sarno, con la voce effettata fa “scivolare il
pensiero” “... dico cose che non accetto mai, mi trascino giù,
tra i miei guai”. Una sorta di proseguo naturale del brano
precedente, quella sensazione di essere sopraffatti, di farsi
attraversare dai pensieri cattivi, dalla paura. Ma è lì che nasce
l'animale che c'è in noi e che ci porta alla sopravvivenza.
“Bubù”: voce
tremante e imperfetta, intervenuta a spazzare via gli archi che si
insinuano tra l'arpeggio della chitarra e il piano “... la tua vita
nel tuo mondo è fantasia, lei vorrebbe volare sola senza guardare
giù e nell'intomo sognare ancora” con l'ingenuità dei bambini...
“Cadere sola”: piano
e campionamenti creano un tappeto su cui il nostro butta giù un folk
d'oltreoceano... “Mi apro e riconosco che non è questo che sei, do
un bacio ai miei bambini e torno a chiudermi. Vibra il suono della
tomba mia e si diffonde intorno mentre piangi per me che muoio nel
tuo cuore”... questo accade quando un amore finisce o acquisisci la
consapevolezza che non ti sei accorto che qualcosa non andava in un
rapporto.
“Luna”: un pianoforte
e voce nudo e crudo per raccontarsi “... Luna ti dico ciao ma ci
vedremo ancora” dove ancora una volta l'istinto animale prevale,
urla e ulula...
“Il silenzio intorno”: una chitarra per una morbida atmosfera
serale, di riflessione, che poi è quella che accompagna tutto il
disco. Qui c'è anche un ampio momento musicale con un'armonica molto
distorta: “Mi piace quando i figli dormono e il silenzio intorno.
Ogni giorno canto solo e lei lo sa, lo sa...”
“Parole inutili”: ricalcando il mood precedente di una guitar arpeggiata, con i synth a
dipingere “... esco fuori a nascondere la confusione dei pensieri
miei tra la gente che mi evita sento freddo e so che tornerò” e
Sarno si “arrende” al tempo, lascia che sia. Pezzo molto dolce e
intenso.
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